Lo spirito del tempo
Diario di una conversione di Chesterton
Marco Testi
"Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo. È questo il suo significato, proprio come guarire da una paralisi non significa rinunciare a muoversi, ma imparare a farlo".
È il 1927: da cinque anni Gilbert Keith Chesterton è entrato (ma sarebbe meglio dire ritornato) nella Chiesa cattolica. Decide di rendere note alcune delle ragioni di questo passo decisivo della sua vita dando alle stampe "The Catholic Church and Conversion", ora tradotto da noi con il titolo "La Chiesa cattolica. Dove tutte le verità si danno appuntamento" (Lindau, 105 pag.).
Uno dei motivi che spingono il creatore di Padre Brown a rendere pubblica una questione così intima è che protestanti, comunisti, esoterici e quant'altro hanno sempre banalizzato le conversioni al cattolicesimo, facendone una questione di scarsa intelligenza o di poca cultura. Con la sua consueta verve polemica, peraltro sempre garbata e sorridente, Chesterton passa all'attacco, e lo fa con una serie impressionante di argomenti.
La cosa che stupisce di più in questo libro è la sua capacità di armonizzare i due elementi-base del pensiero cattolico moderno, che per semplificare chiameremo agostiniano e tomistico: da una parte lo scrittore pone il problema del cuore, del sentire dentro quando una scelta è giusta o meno, dall'altra egli sottolinea l'elemento razionale e intellettuale mutuato da uno dei suoi maestri, san Tommaso d'Aquino, cui sta per dedicare un'opera che uscirà del 1933 e che il grande medioevalista Etienne Gilson, amerà talmente da considerare "genio" il suo autore.
Chesterton riesce a far capire un motivo basilare, che ancora oggi dovrebbe essere al centro del dibattito ma che viene ignorato dalla maggior parte dei moderni maestri di pensiero: quello che chiamiamo progresso e modernità è una accezione temporale, non una valutazione positiva. Vale a dire che corteggiare in a ssoluto la modernità in quanto tale è una idea superficiale, di quel tipo che gli avversari rimproverano ai cattolici. Il corteggiamento del presente è una moda, quello che imperava appena ieri oggi sembra già ridicolo, dice Chesterton, perché le mode sono segni del tempo presente, e non di qualcosa di vero o di buono. Il vero può essere antico, è antico, così come il bene. La moda non certifica la verità, ma solo la resa al tempo.
La questione del tempo è basilare per Chesterton, solo che non gli interessa il tempo come attimo che passa, ma il suo avvicinamento all'origine e al compimento: "Molto più profondo, delicato e difficile da descrivere è il collegamento diretto tra quanto la Chiesa vanta di più terribile e arcaico e quanto ha di più intimo e personale". Non è un passo teologico, tutt'altro: è l'affermazione della radicalità del sentire cattolico "in interiore homine", vale a dire la sensazione che quei dogmi, quelle "imposizioni", o per lo meno "così sentite" dagli altri, siano da sempre dentro di noi, e che la conversione sia davvero un tornare indietro a ritrovare l'immagine perduta della nostra felicità: "Niente è paragonabile a questo calore, che ricorda quello del Natale, tra vetuste colline ricoperte della neve dei tempi antichi".
C'è questo di sorprendente in Chesterton, la sua capacità di risvegliare vecchie storie che credevamo perdute per sempre, di dare corpo a intuizioni che pensavamo di conservare solo noi nel profondo dell'anima, di ritrovare antiche atmosfere che sembravano ingenuità infantili.
Da non perdere il quarto capitolo, in cui Chesterton si confronta con le ideologie del suo tempo. Ce n'è per tutti, dai socialisti ai protestanti, agli indifferenti, agli atei, ai panteisti, agli intellettuali alla moda. Tutti convinti di rappresentare lo spirito del temp o e aggressivi contro la Chiesa perché "antica" e non adatta al nuovo mondo, solo che, come afferma il Nostro, "le religioni nuove sono adatte al nuovo mondo, e questo è il loro difetto peggiore". Il problema è che la gente pretende che una religione abbia ragione quando si uniforma alla sua idea e non viceversa, mentre per il "vecchio" cristiano Chesterton la Chiesa, "lieta e piena di speranza umana (…), aveva ragione quando sbagliavamo".
"La Chiesa cattolica" è un inno al coraggio dell'anacronismo e della fedeltà nonostante i tempi, ed è il compimento teorico di un piccolo capolavoro del Novecento, scritto dal Nostro quasi vent'anni prima, "L'uomo che fu giovedì". In questo romanzo il cattolico ha per un attimo la consapevolezza della solitudine del Getsèmani. Ma nello stesso tempo capisce che solo attraverso questa solitudine egli può entrare nel dolore degli altri e rendere così fecondo il sacrificio.
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