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giovedì 10 giugno 2010

ATTENDERE UN MARTIRE IN DUOMO SENZA SCORDARSI DELLA PERSECUZIONE TURCA


Paolo Rodari - GIU 10, 2010 IL FOGLIO

Il Duomo di Milano e la sua piazza. Qui un anno e mezzo fa migliaia di musulmani si fermarono a pregare dopo aver bruciato le bandiere con la stella di David. Un gesto potente in un luogo di culto simbolo della cristianità. Per molti fu un gesto di sfida, anzitutto al cristianesimo. Il cardinale Dionigi Tettamanzi reagì con molta cautela. Con lui gli uomini della curia milanese, che per voce dell’arciprete Luigi Manganini dissero: “Piazza del Duomo è una piazza civile, non religiosa”.
Lunedì ci sarà meno timidezza, forse. Sul sagrato Tettamanzi riceverà solennemente – ha chiesto grande partecipazione di popolo e di preti e vescovi – le spoglie mortali di un grande sacerdote “figlio della terra ambrosiana”, Luigi Padovese, missionario in terra islamica, capo dei vescovi della Turchia, decapitato, secondo Asianews, per motivi religiosi: “Allah è grande” ha urlato il giovane autista del prelato, Murat Altun, dopo averlo sgozzato.
Cosa dirà il cardinale Tettamanzi? Quattro anni fa il cardinale Camillo Ruini, allora vicario di Roma, celebrò i funerali di don Andrea Santoro, assassinato a Trebisonda. L’omelia fu vibrante. Ruini parlò del coraggio di Santoro: “Quel tipico coraggio di cui i martiri hanno dato prova, attraverso i secoli, in molte occasioni”. Dice Bernardo Cervellera, direttore di Asianews: “Occorre riflettere su cosa significhi essere cristiani in Turchia”.
“Non voglio dire – continua il direttore di Asianews – che dietro gli omicidi dei cristiani ci sia l’appartenenza certa a gruppi di islamici fondamentalisti. Ci sono però troppi dubbi sulla ‘follia’ dell’assassino di Padovese. Anche in passato diversi attentati sono stati compiuti da giovani definiti troppo frettolosamente ‘instabili’, mentre erano in legame con questi gruppi ultranazionalisti e anti cristiani”. Perché attaccare i cristiani? “C’è in Turchia una sorta di ‘stato profondo’. Una realtà dai contorni indefiniti, uno stato dentro lo stato che agisce contro Erdogan per destabilizzare e cercare di prendere il potere. I cristiani in Turchia stanno pagando il prezzo di questa situazione”.
“Nessuno riuscirà a spegnere la fiamma della fede in Turchia” ha detto l’altro ieri Ruggero Franceschini, arcivescovo metropolita di Smirne, durante le esequie di Padovese a Iskenderun. Franceschini non ha parlato del movente dell’assassinio. Tuttavia si sa cosa egli pensi degli attacchi ai cristiani nel paese. Lo scrisse su “Oasis”, la rivista del patriarcato di Venezia: dietro gli omicidi di cristiani in Turchia vi è “una cultura di esaltazione della razza, e una falsa concezione della laicità”. E ancora: “L’impegno maggiore degli insegnanti nelle scuole turche è quello di negare la realtà del cristianesimo, o quello di sminuirne il valore”, trattando il Vangelo come “un racconto inventato”. “I media in Europa sono poco informati di questo sottofondo di indottrinamento prolungato nel tempo di odio, di violenza, di contrapposizione, che può esplodere in ogni momento, non essendoci regole comuni, neppure nel diritto civile e penale”. Cervellera: “La mancanza di libertà religiosa in Turchia è un dato. Proselitismo bandito. I cristiani non possono avere luoghi di culto di proprietà, seminari, scuole”.
La settimana scorsa partendo per Cipro il Papa ha usato parole che hanno stupito. Ha detto che l’assassinio di Padovese non è ‘politico o religioso’ e che ‘si tratta di una cosa personale’. E’ padre Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, a spiegare al Foglio questa prudenza: “Il Papa voleva slegare l’omicidio dal viaggio a Cipro. Separare le due cose. Tra l’altro Padovese era stato ucciso da poche ore e non si avevano elementi certi”. Adesso ne avete di più? “Siamo interessati ad avere una visione più completa. Stiamo attendendo ulteriori elementi”.
Pubblicato sul Foglio mercoledì 9 giugno 2010

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