Chi leva la voce per difendere questi nostri fratelli inermi?
L’arcivescovo di Kirkuk conferma il rafforzamento delle misure di sicurezza per Natale, nel timore di nuovi attacchi. Ieri doppio attentato a Mosul, colpite due chiese della città. Il bilancio è di una neonata morta e 40 feriti. Fonte di AsiaNews in città: la comunità cristiana è “destinata a morire”.
Kirkuk (AsiaNews) – A Mosul è in atto una “pulizia etnica e religiosa” che si è acuita “nell’imminenza del Natale”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, che anticipa il “rafforzamento delle misure di sicurezza per le feste”. In città si respira un clima di tensione e paura, accresciuto dal nuovo attacco avvenuto ieri a due luoghi di culto, che ha causato una vittima e 40 feriti. Una fonte cristiana della città, anonima per motivi di sicurezza, lancia l’allarme: “la comunità è destinata a morire”.
Nella tarda mattinata di ieri un’autobomba è esplosa nei pressi della chiesa dell’Annunciazione, nel quartiere al-Mohandiseen, danneggiando muri e vetrate. Gli attentatori hanno lanciato anche una serie di granate contro l’adiacente scuola cristiana, uccidendo una neonata e ferendo altre 40 persone, fra cui cinque liceali. Saad Younes, padre della bambina di otto giorni, conferma che l’esplosione è avvenuta mentre la cognata e la piccola uscivano dall’ospedale.
Un secondo attentato ha preso di mira la chiesa siro-cattolica dell’Immacolata, nel quartiere di al-Shifaa, a nord di Mosul. Un ordigno è esploso davanti alla cancellata che si affaccia sulla strada, senza causare vittime né feriti. Gli attacchi di ieri sono solo l’ultimo episodio di una serie di violenze contro i luoghi di culto cristiani della città: il 26 novembre scorso i terroristi hanno raso al suolo la chiesa di Sant’Efrem e colpito la Casa Madre delle suore domenicane di Santa Caterina.
Fonti di AsiaNews in città confermano la “fuga delle suore” e le poche rimaste “hanno paura ad uscire”. Gli attacchi sono “un messaggio di avvertimento” per costringere i cristiani all’esodo di massa. “Le famiglie che sono fuggite al nord, nel Kurdistan – conferma la fonte – non hanno lavoro, né una prospettiva di vita. La comunità cristiana è destinata a morire”.
Una preoccupazione condivisa da mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, che parla di “pulizia etnica e religiosa” in atto a Mosul. Il governo centrale e i partiti, aggiunge il prelato, si preoccupano solo delle elezioni, in programma il 7 marzo 2010, e soprattutto della “spartizione del petrolio”. Il quadro politico della città è complesso: gli arabi controllano il potere locale, i curdi non partecipano al consiglio municipale; nella zona vi è inoltre una forte presenza di gruppi fondamentalisti e membri del vecchio regime di Saddam Hussein.
“La situazione è molto tesa – sottolinea mons. Sako – la settimana scorsa sono stati uccisi due fratelli cristiani, altri due sono stati rapiti. Dov’è il governo locale? Dov’è il governo centrale? Dove sono le rappresentanze dei partiti al potere?” domanda il prelato.
Egli auspica una maggiore coesione all’interno della comunità cristiana, perché riesca a creare un “potere forte” in grado di respingere le violenze. Fra le possibili risposte, il prelato chiede “una dichiarazione forte a nome delle chiese e dei partiti cristiani, per dire che siamo saldi, che siamo per l’Iraq, per la pace e la convivenza fra le etnie e le religioni”. “Distruggere questo mosaico – aggiunge – è come distruggere tutto l’Iraq”.(DS)
Kirkuk (AsiaNews) – A Mosul è in atto una “pulizia etnica e religiosa” che si è acuita “nell’imminenza del Natale”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, che anticipa il “rafforzamento delle misure di sicurezza per le feste”. In città si respira un clima di tensione e paura, accresciuto dal nuovo attacco avvenuto ieri a due luoghi di culto, che ha causato una vittima e 40 feriti. Una fonte cristiana della città, anonima per motivi di sicurezza, lancia l’allarme: “la comunità è destinata a morire”.
Nella tarda mattinata di ieri un’autobomba è esplosa nei pressi della chiesa dell’Annunciazione, nel quartiere al-Mohandiseen, danneggiando muri e vetrate. Gli attentatori hanno lanciato anche una serie di granate contro l’adiacente scuola cristiana, uccidendo una neonata e ferendo altre 40 persone, fra cui cinque liceali. Saad Younes, padre della bambina di otto giorni, conferma che l’esplosione è avvenuta mentre la cognata e la piccola uscivano dall’ospedale.
Un secondo attentato ha preso di mira la chiesa siro-cattolica dell’Immacolata, nel quartiere di al-Shifaa, a nord di Mosul. Un ordigno è esploso davanti alla cancellata che si affaccia sulla strada, senza causare vittime né feriti. Gli attacchi di ieri sono solo l’ultimo episodio di una serie di violenze contro i luoghi di culto cristiani della città: il 26 novembre scorso i terroristi hanno raso al suolo la chiesa di Sant’Efrem e colpito la Casa Madre delle suore domenicane di Santa Caterina.
Fonti di AsiaNews in città confermano la “fuga delle suore” e le poche rimaste “hanno paura ad uscire”. Gli attacchi sono “un messaggio di avvertimento” per costringere i cristiani all’esodo di massa. “Le famiglie che sono fuggite al nord, nel Kurdistan – conferma la fonte – non hanno lavoro, né una prospettiva di vita. La comunità cristiana è destinata a morire”.
Una preoccupazione condivisa da mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, che parla di “pulizia etnica e religiosa” in atto a Mosul. Il governo centrale e i partiti, aggiunge il prelato, si preoccupano solo delle elezioni, in programma il 7 marzo 2010, e soprattutto della “spartizione del petrolio”. Il quadro politico della città è complesso: gli arabi controllano il potere locale, i curdi non partecipano al consiglio municipale; nella zona vi è inoltre una forte presenza di gruppi fondamentalisti e membri del vecchio regime di Saddam Hussein.
“La situazione è molto tesa – sottolinea mons. Sako – la settimana scorsa sono stati uccisi due fratelli cristiani, altri due sono stati rapiti. Dov’è il governo locale? Dov’è il governo centrale? Dove sono le rappresentanze dei partiti al potere?” domanda il prelato.
Egli auspica una maggiore coesione all’interno della comunità cristiana, perché riesca a creare un “potere forte” in grado di respingere le violenze. Fra le possibili risposte, il prelato chiede “una dichiarazione forte a nome delle chiese e dei partiti cristiani, per dire che siamo saldi, che siamo per l’Iraq, per la pace e la convivenza fra le etnie e le religioni”. “Distruggere questo mosaico – aggiunge – è come distruggere tutto l’Iraq”.(DS)
Nessun commento:
Posta un commento