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venerdì 27 novembre 2009

Dal prof. Carlo Bellieni

E la pedofobia cresce: inizia dai banchi di scuola, quando l’educazione sessuale è ridotta a “come mettere il preservativo” e nelle società più “evolute” a “dove comprare la pillola”; e nessuno dice che parlare di sesso ai ragazzi è zoppo e amaro se non si insegna ad affrontare non tanto il sesso ma l’adolescenza, quell’età in cui si soffre per il proprio corpo, in cui tutto spaventa - tanto più il sesso e il rapporto con l’altro -, in cui non si accetta la propria immagine, ci si nasconde, o si fa i gradassi per non mostrare la propria ansia profonda… quell’età che dovrebbe essere presa con delicatezza per mano e che invece viene scaraventata in pasto al consumismo più sfrenato che vende sesso sui media e nelle strade, che fa aumentare il numero di ragazzi ricoverati ogni anno per le conseguenze dell’ubriachezza, che gioca proprio sulle paure e le ansie e le insoddisfazioni: lotta costosa ai brufoli visti come una malattia mentre sono un dato evoluzionistico fisiologico; lotta ai seni piccoli per cui le ragazzine chiedono di rifarsi il seno come regalo di compleanno (e il seno piccolo è ormonalmente fisiologico in chi è alta); lotta al sudore (in un’età in cui il sudore ha un aspetto particolare per via dei ferormoni, sostanze che mandano segnali fisiologici all’altro sesso): Insomma: si insegna a lottare contro il proprio corpo; contro un corpo che vorrebbe iniziare a pensare a fare una prole (gli ormoni urlano questo) e invece si lascia il rubinetto aperto al sesso, ma dighe vengono erette contro l’idea di avere un figlio prima dei 30 anni; e i figli nell’immagine dei nostri giovani diventano un nemico sociale tanto che negli USA hanno brevettato un bambolotto da dare agli adolescenti nelle scuole e il bambolotto piange, fa la pipì, solo che non è di carne dunque è un figlio-finto, che serve a spaventare sì, ma non a insegnare. Figli cui si associa solo uno slogan: abbiate paura. Paura della gravidanza, di un figlio, che è il grande censurato per i figli già nati, che non ne sentono mai parlare nelle aule di scuola. Nessuno spiega come avere un figlio nel migliore dei modi prima che sia troppo tardi e non venga più, ma qualunque giornaletto e qualunque attricetta Tv spiega come non averne. Nessuno spiega come non diventare sterili: e nella società odierna ci sono mille cause di sterilità nascoste nelle cose che ci circondano; dedicammo a questo di addirittura un libro (“Una gravidanza ecologica” SEF ed) in cui spiegavamo come alcol, droghe e tabacco siano tanto diffusi tra i ragazzi quanto pericolosi per la salute riproduttiva (ma oggi parlare di “salute riproduttiva” vuol solo dire “libero accesso all’aborto”), come in certi pesci ci siano quantità pericolose di mercurio per la riproduzione, come addirittura le sostanze plastiche possono essere ingerite dalla madre e arrivare all’embrioncina femmina e rischiare di renderla sterile per colpa di sostanze che mimano l’azione degli ormoni; come i diserbanti e i solventi si accumulino nei grassi e nelle ossa della donna e possano ritornare nel sangue in certi periodi di scarsa alimentazione, danneggiando il feto se è incinta o la sua stessa capacità riproduttiva. E questa mala-educazione sconvolge i ragazzi perché non imparano a diventare genitori: gli insegniamo a rimandare, a rimandare i preparativi, l’apprendimento, la predisposizione… finché non è troppo tardi. Il figlio nell’immaginario pedofobico è un nemico e il figlio che vuole un figlio è un nemico doppio: la pedofobia cresce. Sono gli stessi adolescenti che ormai sanno di essere passati al vaglio della diagnosi prenatale, e di essere risultati “idonei e arruolati” dopo essere stati visti come semi-nemici (il bambino down è il grande ricercato, si spendono miliardi per individuarlo prima della nascita), e per questo, come scriveva Joaquìn Lavado, l’autore del fumetto “Mafalda” possono dire: “Triste scoperta, ragazzi:siamo facoltativi”. Da questa campagna pedofobica che sta sconvolgendo i nostri Paesi, non si salvano i bambini disabili, che secondo un rapporto al Parlamento inglese, sono trattati male, secondo l’associazione “Every Disabled Child Matters”: ci inquieta leggere nel rapporto la storia narrata dalla mamma di Daisy: “Quando la mia bimba di nove anni con ritardo mentale è morta, un dottore mi ha detto: <>”. E un altro report britannico sul British Medical Journal denuncia che in Inghilterra “è più chiaro come comportarsi quando si trova un’auto abbandonata piuttosto che come comportarsi quando si trova un bimbo abbandonato”. Ma nessuno ne parla: già, per alcuni filosofi i bambini non sono persone, i feti men che meno: allora, perché preoccuparsene? Certo, le conseguenze del danno fatto al feto si vedranno quando cresce, ma figuriamoci se si osa parlare dei rischi delle cattive abitudini che si impongono alle donne in gravidanza e che possono danneggiare il feto: sarebbe come riconoscere che il feto è vivo e ne subisce le conseguenze! Orrore, per i benpensanti. Così come è vietato pensare che il feto soffra, mentre la moderna fisiologia ha ampiamente dimostrato che già dal secondo trimestre di gravidanza questo è possibile. Ma non parliamone: giusta prudenza o pedofobia? E questo priva le donne della possibilità di riconoscere il feto che portano in sé per quello che è: un bambino e dunque una compagnia con cui possono compartire i pensieri, con cui possono intrattenere uno scambio sensoriale di carezze, canzoni, percezioni, come ben spiega la psicologa francese Catherine Dolto, una delle pioniere della “scienza del tatto” detta “haptonomia”. Ma la pedofobia non permette che di questo si parli, medntre questo –l’abbiamo dimostrato in uno studio - aumenta il rapporto mamma-bambino prenatale, che predice il legame che si instaurerà dopo la nascita Ma oggi si discute sulle riviste di bioetica se “fare un figlio è solo irrazionale o è anche immorale?” e sono discussioni che non lasciano una terza ipotesi (che fare il figlio sia un bene), ma che, dato che la morale è vista oggi come sinonimo di utilie, si riconosce la razionalità di fare un figlio solo se può servire a fini utilitaristici , cioè per avere bimbi che possano fornire sangue o altro per un trapianto a fratelli malati; e si spiega che fare figli è immorale perché in fondo tuti nella vita soffriamo e portare al mondo un figlio aumenta il dolore totale (e questo viene illustrato per esplicitamente sollevare il senso di angoscia delle coppie sterili). Su questi ultimi discorsi che sembrano impossibili, invito a leggere Journal of Medical Ethics dell’agosto 2004. Censura sul mondo dei bambini, per farne consumatori, censura sul mondo del bambino prenatale per renderlo passivamente un oggetto, salvo farlo diventare “persona” subordinatamente all’accettazione da parte di mamma e papà: cosa che sembrerebbe dolce e romantica, ma ci ricorda tanto il diritto di vita e di morte che il Pater Familias aveva quando decideva se abbandonare o riconoscere il figlio nella società romana sollevandolo da terra. Pensavamo che la società fosse progredita; invece…

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