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lunedì 30 novembre 2009

Un aforisma al giorno - 147

"Gli uomini possono salvarsi unicamente con la volontà e con la fede. Nell'atto in cui si muove esclusivamente la loro ragione, essa si muove secondo la vecchia linea circolare: gli uomini gireranno chiusi in questo circolo logico, come un uomo in un vagone di terza classe dell'Inner Circle continuerà a girare in tondo nell'Inner Circle, finchè non si decida a compiere il volontario, vigoroso e mistico atto di scendere a via Gower. Quello che conta qui, è la decisione; una porta deve essere chiusa per sempre".

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

Un aforisma al giorno - 146

"Il mondo della scienza e dell'evoluzione è assai più impersonale, illusorio e fantastico del mondo della poesia e della religione. Qui le immagini e le idee si mantengono per l'eternità, ed è il principio dell'evoluzione che pretende che le cose si confondano come in un sogno pauroso".

Gilbert Keith Chesterton, La Sfera e la Croce

domenica 29 novembre 2009

Sergei Averincev e Chesterton


Qui, in questo collegamento, trovate la prima di cinque parti (le altre sono segnalate in fondo alla pagina) di un memorabile saggio su Chesterton di Sergei Averincev, studioso russo ed amante di Chesterton morto nel 2004.

Leggetelo, merita. Sul serio.

Un grazie a Cultura Cattolica.

venerdì 27 novembre 2009

Eugentica e Fabio Trevisan su Familiaria


Qui trovate un interessante articolo sull'Eugenetica, Gilbert e molto altro a firma del nostro Fabio Trevisan, ideatore di Uomini d'allevamento, prodotti di qualità e brillantissimo chestertoniano doc.

Uscirà sul prossimo numero di Familiaria, rivista di cui potete trovare traccia nel sito internet www.familiaria.it.

Intanto l'articolo, per gentile concessione di autore ed editore, lo trovate qui...

Dal prof. Carlo Bellieni

E la pedofobia cresce: inizia dai banchi di scuola, quando l’educazione sessuale è ridotta a “come mettere il preservativo” e nelle società più “evolute” a “dove comprare la pillola”; e nessuno dice che parlare di sesso ai ragazzi è zoppo e amaro se non si insegna ad affrontare non tanto il sesso ma l’adolescenza, quell’età in cui si soffre per il proprio corpo, in cui tutto spaventa - tanto più il sesso e il rapporto con l’altro -, in cui non si accetta la propria immagine, ci si nasconde, o si fa i gradassi per non mostrare la propria ansia profonda… quell’età che dovrebbe essere presa con delicatezza per mano e che invece viene scaraventata in pasto al consumismo più sfrenato che vende sesso sui media e nelle strade, che fa aumentare il numero di ragazzi ricoverati ogni anno per le conseguenze dell’ubriachezza, che gioca proprio sulle paure e le ansie e le insoddisfazioni: lotta costosa ai brufoli visti come una malattia mentre sono un dato evoluzionistico fisiologico; lotta ai seni piccoli per cui le ragazzine chiedono di rifarsi il seno come regalo di compleanno (e il seno piccolo è ormonalmente fisiologico in chi è alta); lotta al sudore (in un’età in cui il sudore ha un aspetto particolare per via dei ferormoni, sostanze che mandano segnali fisiologici all’altro sesso): Insomma: si insegna a lottare contro il proprio corpo; contro un corpo che vorrebbe iniziare a pensare a fare una prole (gli ormoni urlano questo) e invece si lascia il rubinetto aperto al sesso, ma dighe vengono erette contro l’idea di avere un figlio prima dei 30 anni; e i figli nell’immagine dei nostri giovani diventano un nemico sociale tanto che negli USA hanno brevettato un bambolotto da dare agli adolescenti nelle scuole e il bambolotto piange, fa la pipì, solo che non è di carne dunque è un figlio-finto, che serve a spaventare sì, ma non a insegnare. Figli cui si associa solo uno slogan: abbiate paura. Paura della gravidanza, di un figlio, che è il grande censurato per i figli già nati, che non ne sentono mai parlare nelle aule di scuola. Nessuno spiega come avere un figlio nel migliore dei modi prima che sia troppo tardi e non venga più, ma qualunque giornaletto e qualunque attricetta Tv spiega come non averne. Nessuno spiega come non diventare sterili: e nella società odierna ci sono mille cause di sterilità nascoste nelle cose che ci circondano; dedicammo a questo di addirittura un libro (“Una gravidanza ecologica” SEF ed) in cui spiegavamo come alcol, droghe e tabacco siano tanto diffusi tra i ragazzi quanto pericolosi per la salute riproduttiva (ma oggi parlare di “salute riproduttiva” vuol solo dire “libero accesso all’aborto”), come in certi pesci ci siano quantità pericolose di mercurio per la riproduzione, come addirittura le sostanze plastiche possono essere ingerite dalla madre e arrivare all’embrioncina femmina e rischiare di renderla sterile per colpa di sostanze che mimano l’azione degli ormoni; come i diserbanti e i solventi si accumulino nei grassi e nelle ossa della donna e possano ritornare nel sangue in certi periodi di scarsa alimentazione, danneggiando il feto se è incinta o la sua stessa capacità riproduttiva. E questa mala-educazione sconvolge i ragazzi perché non imparano a diventare genitori: gli insegniamo a rimandare, a rimandare i preparativi, l’apprendimento, la predisposizione… finché non è troppo tardi. Il figlio nell’immaginario pedofobico è un nemico e il figlio che vuole un figlio è un nemico doppio: la pedofobia cresce. Sono gli stessi adolescenti che ormai sanno di essere passati al vaglio della diagnosi prenatale, e di essere risultati “idonei e arruolati” dopo essere stati visti come semi-nemici (il bambino down è il grande ricercato, si spendono miliardi per individuarlo prima della nascita), e per questo, come scriveva Joaquìn Lavado, l’autore del fumetto “Mafalda” possono dire: “Triste scoperta, ragazzi:siamo facoltativi”. Da questa campagna pedofobica che sta sconvolgendo i nostri Paesi, non si salvano i bambini disabili, che secondo un rapporto al Parlamento inglese, sono trattati male, secondo l’associazione “Every Disabled Child Matters”: ci inquieta leggere nel rapporto la storia narrata dalla mamma di Daisy: “Quando la mia bimba di nove anni con ritardo mentale è morta, un dottore mi ha detto: <>”. E un altro report britannico sul British Medical Journal denuncia che in Inghilterra “è più chiaro come comportarsi quando si trova un’auto abbandonata piuttosto che come comportarsi quando si trova un bimbo abbandonato”. Ma nessuno ne parla: già, per alcuni filosofi i bambini non sono persone, i feti men che meno: allora, perché preoccuparsene? Certo, le conseguenze del danno fatto al feto si vedranno quando cresce, ma figuriamoci se si osa parlare dei rischi delle cattive abitudini che si impongono alle donne in gravidanza e che possono danneggiare il feto: sarebbe come riconoscere che il feto è vivo e ne subisce le conseguenze! Orrore, per i benpensanti. Così come è vietato pensare che il feto soffra, mentre la moderna fisiologia ha ampiamente dimostrato che già dal secondo trimestre di gravidanza questo è possibile. Ma non parliamone: giusta prudenza o pedofobia? E questo priva le donne della possibilità di riconoscere il feto che portano in sé per quello che è: un bambino e dunque una compagnia con cui possono compartire i pensieri, con cui possono intrattenere uno scambio sensoriale di carezze, canzoni, percezioni, come ben spiega la psicologa francese Catherine Dolto, una delle pioniere della “scienza del tatto” detta “haptonomia”. Ma la pedofobia non permette che di questo si parli, medntre questo –l’abbiamo dimostrato in uno studio - aumenta il rapporto mamma-bambino prenatale, che predice il legame che si instaurerà dopo la nascita Ma oggi si discute sulle riviste di bioetica se “fare un figlio è solo irrazionale o è anche immorale?” e sono discussioni che non lasciano una terza ipotesi (che fare il figlio sia un bene), ma che, dato che la morale è vista oggi come sinonimo di utilie, si riconosce la razionalità di fare un figlio solo se può servire a fini utilitaristici , cioè per avere bimbi che possano fornire sangue o altro per un trapianto a fratelli malati; e si spiega che fare figli è immorale perché in fondo tuti nella vita soffriamo e portare al mondo un figlio aumenta il dolore totale (e questo viene illustrato per esplicitamente sollevare il senso di angoscia delle coppie sterili). Su questi ultimi discorsi che sembrano impossibili, invito a leggere Journal of Medical Ethics dell’agosto 2004. Censura sul mondo dei bambini, per farne consumatori, censura sul mondo del bambino prenatale per renderlo passivamente un oggetto, salvo farlo diventare “persona” subordinatamente all’accettazione da parte di mamma e papà: cosa che sembrerebbe dolce e romantica, ma ci ricorda tanto il diritto di vita e di morte che il Pater Familias aveva quando decideva se abbandonare o riconoscere il figlio nella società romana sollevandolo da terra. Pensavamo che la società fosse progredita; invece…

Leggete anche quest'altro articolo, sempre commentato da padre Livio durante la Rassegna Stampa di ieri a Radio Maria...

I neretti sono nostri.

BISHOP TOBIN: IL VESCOVO DI PROVIDENCE VA IN TV E SPIEGA A PATRICK KENNEDY CHE COSA SIGNIFICA ESSERE CATTOLICI

NOV 26, 2009 IL FOGLIO

Bishop Tobin come lo chiamano tutti, ovvero il sessantunenne monsignor Thomas J. Tobin, vescovo di Providence (Rhode Island), appartiene a quella generazione di presuli statunitensi relativamente giovane che all’ecclesialese preferisce il parlare chiaro (e spesso forte), alla prudenza la sincerità. Una classe episcopale che sa come usare i mass media (e li usa quando la cosa è necessaria e utile alla propria causa).
E così è successo nelle scorse ore quando Tobin ha deciso di passare al contrattacco. E di esprimere, senza reticenze, il proprio punto di vista. Certo, prima ha fatto sfogare l’avversario. Ovvero ha lasciato che il deputato democratico cattolico Patrick Kennedy – uno dei figli del senatore Ted – si lamentasse sui media del fatto che Tobin gli avesse negato la comunione in quanto favorevole all’aborto. Ha permesso che le parole di Kennedy rimbalzassero sui media di mezzo mondo – con tanto di livore in pagina di convinti abortisti – e poi, inaspettatamente, ha preso la parola. Dove? Sui principali canali televisivi americani: prima sulla Nbc intervenendo con ascolti da record all’“Hardball” con Chris Matthews. Poi al celebre “O’Reilly Show” sulla Fox, sfondando così in tutti gli stati americani.
In diretta, inquadratura a mezzo busto, clergyman nero e croce pettorale in vista, la libreria del proprio studio dietro le spalle, bishop Tobin ha spiegato il proprio punto di vista come un inviato qualunque a Wall Street spiegherebbe i risultati della giornata in Borsa: tono asciutto, sorriso rassicurante, tanti contenuti e nessun giro di parole. “Quando un personaggio pubblico è in una posizione di potere che influenza la legislazione, si pone una grandissima domanda – ha detto il presule –. Se non si possono seguire gli insegnamenti della chiesa allora si rende necessario lasciare il proprio lavoro e salvare la propria anima”. Proprio così: “Lasciare il proprio lavoro e salvare la propria anima”. E ancora: “Quello che cerco di dire al deputato Kennedy è questo: se sei cattolico vivi come tale e prova ad accettare gli insegnamenti della chiesa”.
Bishop Tobin scrive ogni settimana una rubrica sul giornale della sua diocesi, il “Rhode Island Catholic”. La rubrica ha un titolo significativo: “Without a Doubt”. E’ qui che è stata resa pubblica, dopo le dichiarazioni di Kennedy su Tobin, una lettera che lo stesso vescovo ha scritto al deputato democratico nella quale gli ha spiegato “cosa significa essere cattolici”. Esattamente così: “What does it mean”. “Caro Congressman – scrive Tobin –, lei ha detto che il fatto che è in disaccordo con la gerarchia della chiesa non lo fa essere meno cattolico”. “E invece io le dico – scrive il presule – che essere cattolico significa fare parte di una fede comune che possiede chiare e definite autorità e dottrine, obblighi e aspettative. Significa seguire la dottrina cattolica soprattutto sulle materie di fede e morale. Significa seguire una comunità locale, andare a messa la domenica e ricevere i sacramenti regolarmente, seguire insomma la chiesa personalmente, pubblicamente, spiritualmente ed economicamente”. E ancora: “La sua posizione sull’aborto è inaccettabile per la chiesa e dà scandalo a tutti i suoi membri. Non solo: diminuisce assolutamente la sua comunione con la chiesa stessa”.
Parole nette e precise. E che hanno provocato reazioni variegate. Anzitutto l’attenzione dei media di tutti gli States. E poi, dichiarazioni pro e contro. Se i funerali concessi dall’arcivescovo di Boston, Seán Patrick O’Malley, a Ted Kennedy hanno portato (è cosa di pochi giorni fa) alla reazione di monsignor Raymond Burke, prefetto del tribunale della Segnatura Apostolica, secondo il quale la comunione non dovrebbe essere offerta ai politici che non si oppongono all’aborto, questa volta la reazione è diametralmente opposta. Contro il vescovo Tobin, infatti, è gran parte del mondo cosiddetto laico a prendere posizione: “Si lamenta che non vengono protetti i bambini mai nati – ha detto Ruth Moore, leader dell’Associazione delle vittime di abusi sessuali a opera di religiosi –. Noi però crediamo che allo stesso modo sia importante proteggere quelli che sono nati e vengono violentati dai preti”.
E con Moore tanti intellettuali che legano queste polemiche a quelle relative al passaggio in Senato della riforma sanitaria di Obama che consente il finanziamento pubblico dell’aborto. Contro questo passaggio i vescovi stanno lanciando diversi segnali. E le polemiche tra Tobin e Kennedy altro non sarebbero che l’ultimo di questi segnali.

Paolo Rodari
Pubblicato sul Foglio giovedì 26 novembre 2009

Leggete questo articolo di Giuliano Ferrara sulla vicenda della RU486.

Stamattina padre Livio di Radio Maria ha letto questo articolo ed è andato in sollucchero.
Leggete, ne ha ben ragione.

giovedì 26 novembre 2009

Ru486, il Senato blocca l'immissione in commercio (meno male)

Da Avvenire del 26 Novembre 2009


La commissione Sanità di palazzo Madama ha approvato, a maggioranza, con il voto favorevole di Pdl e Lega e quello contrario del Pd, il documento finale dell'indagine conoscitiva sulla pillola abortiva RU486 presentato dal presidente e relatore Antonio Tomassini, nel quale si chiede di fermare la procedura di immissione in commercio della pillola abortiva in attesa di un parere tecnico del ministero della Salute circa la compatibilità tra la legge 194 e la RU486.

La mozione del relatore Antonio Tomassini è stata approvata a maggioranza. Quattordici i voti a favore, compreso quello del presidente della commissione, e 8 quelli contrari, tutti dell'opposizione. Secondo i regolamenti dell'indagine conoscitiva, le altre 2 mozioni, della senatrice radicale eletta nelle fila del Pd, Donatella Poretti, e quella del partito Democratico, non sono state votate, perchè precluse dal voto favorevole della mozione di maggioranza.

Alla fine è arrivato anche il voto di Antonio Tomassini, presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, per bloccare la procedura di immissione in commercio in Italia della pillola abortiva Ru486. "Alla fine ho voluto votare anch'io - spiega Tomassini - era doveroso in quanto ero il relatore della mozione. Ho votato anche da uomo che esprime un'opinione politica e da medico che opera in questo settore".Sulle ricadute politiche del voto, Tomassini non si sbilancia. "Ora tutto comparirà sui resoconti parlamentari - dice - e sarà inviato agli organi di Governo. L'indagine conoscitiva sulla pillola è servita per far maturare in tutti gli esatti termini di questa vicenda. Tutto è stato fatto in modo approfondito e imparziale, quindi l'indagine assume ancora più rilevanza". Dal presidente-relatore c'è soddisfazione per il fatto che tutti, maggioranza e opposizione, "hanno ritenuto che l'indagine è stata utile e necessaria. I punti di divisione - termina - sono stati solo sulla procedura utilizzata da Aifa ed Emea".

mercoledì 25 novembre 2009

Un aforisma al giorno - 145

"Imparzialità significa nella migliore delle ipotesi indifferenza verso tutto".

(Gilbert Keith Chesterton, Illustrated London News, 5 luglio 1919)

Scavando, si scoprono tante cose su Gilbert...

Prossimamente, quando il tempo ce lo consentirà, vi daremo in pasto cose che i più sconoscono e pochi immaginano su Gilbert: Italo Calvino, Cesare Pavese, Mario Praz e tanti altri si sono interessati a Chesterton...

Abbiamo sempre Ortodossia e tante belle cose!

Cari Amici Chestertoniani,

vi ricordiamo l'esistenza delle convenzioni con Morganti Editori, Lindau e Fede & Cultura.

Vi ricordiamo pure che abbiamo a disposizione il capolavoro Ortodossia personalizzato per la Società Chestertoniana Italiana. Basta farne richiesta alla Segreteria Volante tramite la nostra e-mail.

Ricordate che regalare un libro di Chesterton è uno dei regali più belli che si possano fare alle persone cui si vuole bene.


E poi c'è la possibilità, chance più unica che rara, di iscriversi alla Società Chestertoniana Italiana alla ridicola cifra di € 10,00 all'anno per essere considerati a pieno titolo amici di Gilbert...!

Rassegna stampa

25 Novembre 2009 - Sole24ore
Unioni Di Fatto
Uno stop dai vertici Pdl 81 KB

25 Novembre 2009 - Repubblica
Unioni Di Fatto
Si apre lo scontro nel Pdl 81 KB

25 Novembre 2009 - Repubblica
Ru486
Oggi il Senato decide 72 KB

30 Novembre 2009 - Sole24oreSanità
Fine Vita
Cambia il testo 103 KB

25 Novembre 2009 - Repubblica
CROCEFISSO. Preside multata perché non lo espone 21 KB

Buone notizie! La storia di Rom Houben, che esce dallo stato vegetativo e ci dimostra quanto quelli nel suo stato amano la vita.


Da Avvenire del 25 Novembre 2009

La storia di quest'uomo, uscito dallo stato vegetativo dopo 23 anni.

Questo dimostra tante cose, come ad esempio che si danno per "perse" numerose persone che non lo sono, che si uccidono persone che vorrebbero vivere e a cui si attribuiscono volontà presunte in base a concezioni che si hanno prima di aver provato quanto vale davvero la vita, che si considerano lecite e legittime le soppressioni di persone in questo stato mentre sono totalmente fuorilegge e da considerare come tali in un paese che vuole dirsi civile.

Evviva Rom, evviva quelli che danno la vita per le persone come lui.

Vivere, ed essere considerato morto. Piangere, gridare, e non avere nessuno, là fuori, che sente, o lo crede possibile. Questo orrore è toccato a Rom Houben, l’uomo che da ieri racconta la sua storia a tutto il mondo con la punta di un dito, attaccata alla tastiera del computer. Una tomba per corpo, una madre instancabile a portarlo dai medici di ogni dove, su Rom nessuno aveva scommesso. La scienza aveva archiviato il caso: "stato vegetativo permanente". E quella cartella clinica, quella dicitura, erano bastate. Per ventitré anni.

Finché di mano in mano, di ospedale in ospedale, il verdetto è finito sotto gli occhi di un ricercatore tutto particolare, il neurologo belga Steven Laureys, uno di quelli che lo zoccolo duro del mondo accademico internazionale considera un po’ folle, forse anche troppo giovane (appena quarantenne com’è) per essere del tutto credibile.

Nella sua clinica di Liegi – all’avanguardia nello studio degli stati di compromissione di coscienza – Rom è stato sottoposto agli esami di routine: niente di troppo complicato, come ha spiegato lo stesso Laureys. «Semplici risposte a stimoli visivi, o motori». Per intenderci: segui la matita con lo sguardo, muovi la gamba destra, apri e chiudi gli occhi. Test fatti col paziente sul letto, senza macchinari. Gli stessi che a Rom erano già stati fatti in molte altre cliniche. Una sola differenza: a Liegi sono stati ripetuti. «È la variabile tra la Glasgow coma scale e la Coma recovery scale, due scale di metodo impiegate per effettuare diagnosi sui pazienti affetti da lesioni cerebrali – spiega lo stesso Laureys –. La prima, che è ancora la più diffusa e applicata nella fase acuta delle lesioni cerebrali, prevede che i test vengano effettuati una volta soltanto. La seconda, che ho personalmente integrato con delle modifiche, impone invece la ripetibilità dei test».

Così, se il primo giorno il paziente chiude gli occhi su richiesta, può essere una coincidenza, la cosa può essere sottovalutata o del tutto ignorata. Ma quattro o cinque giorni di seguito, no. E questa è stata la differenza tra la vita e la morte per Rom. O la "rinascita", come lui l’ha chiamata, perché «quando mi hanno sentito, si sono accorti di me, mi è sembrato come un parto, un venire alla luce di nuovo». Alla vita, per ricominciare, è bastato un medico che ripetesse un banalissimo test, un metodo scientifico che non si fermasse al "dogma" della prima risposta, la più facile.

Poi, certo, è arrivata la tecnologia. Rom è stato immediatamente sottoposto a Pet e risonanze magnetiche funzionali, che a Liegi come a Cambridge e in altre cliniche americane (ma non ancora in Italia) oggi vengono impiegate nello studio dei pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza. E le risposte sono state ancora più chiare: altro che assenza di coscienza, l’uomo da ventitré anni si dibatteva in una beffarda declinazione della sindrome di "locked-in", che nel suo caso presentava caratteristiche a dir poco uniche: «Generalmente – spiega il fisico che affianca Laureys a Liegi, l’italiano Andrea Soddu, esperto proprio in risonanza magnetica funzionale – i pazienti in questo stato non presentano danni cerebrali, ma un infarto nel tronco encefalico che li rende del tutto incapaci di movimenti. Nel caso di Rom, invece, avevamo riscontrato danni cerebrali. Eppure lui c’era, era perfettamente cosciente, capiva e sentiva tutto quello che gli veniva detto».

L’emozione a Liegi – nel cuore del Belgio che ha detto sì all’eutanasia nel 2002 e in cui una media di 25 persone al giorno sceglie di morire nel caso di "coma irreversibile" – la conoscono bene: «Abbiamo avuto molti altri casi simili, e tutte le volte proviamo lo stesso senso di euforia – continua Soddu –. Scoprire segni di vita, e di coscienza, là dove gli occhi non li sanno leggere e persino la scienza li ha ignorati, toglie il fiato.

E cambia radicalmente la vita delle famiglie e dei pazienti che visitiamo: sapere di essere sentiti, per i pazienti trovare anche la minima via di comunicazione, basta».
Proprio come ha spiegato Rom, quando i medici gli hanno chiesto cosa pensava della qualità della sua vita (è destinato a rimanere sulla carrozzella e, probabilmente, a non riprendere mai più le sue funzionalità motorie): «La mia vita è bellissima. Adesso che gli altri sanno che sono vivo voglio leggere, parlare con gli amici, voglio approfittare della mia vita». Perché Rom la morte l’ha sperimentata ogni giorno, negli ultimi vent’anni, quando urlava e chiamava se le infermiere gli prendevano il polso, lo lasciavano andare e bisbigliavano «non c’è nessuna speranza», quando la madre lo accarezzava e lo imboccava col cucchiaio.

Come il suo, secondo Laureys ci sono dai 3mila ai 5mila casi ogni anno: «Persone che rimangono intrappolate in uno stadio intermedio, che vivono senza mai tornare indietro – spiega –. Persone su cui la scienza, in base a uno studio che abbiamo pubblicato qualche mese fa, sbaglia diagnosi nel 41% dei casi. E su cui è rischioso prendere decisioni se mancano informazioni il più possibile obiettive e corrette». A Laureys piace fare l’esempio di Galileo, che non avrebbe potuto scoprire tante cose sull’universo senza guardarlo attraverso la lente del suo cannocchiale: «Abbiamo bisogno di lenti, noi scienziati.

Di strumenti e tecniche sempre più affinate, di domande e spirito di ricerca mai sopiti. Questa è la vera sfida della scienza: non fermarsi, non dare mai nulla per scontato, non avere mai certezze indiscutibili».
Così la scienza "con le lenti" si è accorta della vita di Rom.

martedì 24 novembre 2009

Rassegna stampa

24 Novembre 2009 - CorrieredellaSera
Unioni Di Fatto
Proposta dei finiani: entrino nella carta 79 KB

24 Novembre 2009 - Sole24ore
Unioni Di Fatto
Nel Pdl offensiva laica 93 KB

24 Novembre 2009 - Avvenire
Fine Vita
Anche a Bologna un registro ideologico 315 KB

24 Novembre 2009 - Giornale
Fine Vita
In coma per 23 anni come Eluana 90 KB

24 Novembre 2009 - Stampa
Fine Vita
In coma per 23 anni sentiva tutto 93 KB

24 Novembre 2009 - Avvenire
Ru486
Il Senato verso la richiesta di stop 118 KB

24 Novembre 2009 - Riformista
Il manifesto di Scola 283 KB

lunedì 23 novembre 2009

GRAN BRETAGNA/ Guai a chi diventa cattolico. L’incredibile caso di “Miss Brown” e di “Myriam”

Da Il Sussidiario

sabato 21 novembre 2009


La deriva della politically corectness britannica arriva persino a generare forme odiose di discriminazione nei confronti dei cristiani.
È accaduto ad una donna, – che chiamerò Ms. Brown –, da tempo impegnata nell’attività di affidamento di minori. Per dieci anni si è presa cura di un’ottantina di ragazzi.
La donna ha dichiarato di non aver mai considerato quell’attività come un semplice lavoro ma come una vera e propria «vocation», e di amare profondamente quell’atto di attenzione nei confronti di adolescenti difficili. Aveva addirittura affittato, per quella sua vocazione, una fattoria con un pony che utilizzava per l’ippoterapia in favore di ragazzi disabili.
Tutto perfetto, tranne il fatto che Ms. Brown fosse anche una cristiana praticante.
I guai, infatti, cominciano quando le viene affidata una ragazza sedicenne – a cui diamo il nome di Miryam – sottratta alla famiglia d’origine musulmana. L’adolescente, dotata di un particolare grado di sensibilità ed intelligenza, aveva deciso di non vestire secondo le tradizioni islamiche e di non mangiare halal, ovvero seguendo i precetti coranici.
Quello che Ms. Brown non può prevedere è che l’irrequieta ragazza decida di convertirsi al cristianesimo proprio durante il periodo di affidamento.
Quando Miryam chiede, infatti, di farsi battezzare, le autorità comunali competenti sulla vigilanza dell’affidamento contestano alla donna di aver violato i propri doveri di affidataria, tra cui quello di «preservare la fede religiosa della ragazza» e di «usare la propria influenza per impedire il battesimo».
Gravissime le conseguenze.
Ad aprile dello scorso anno le autorità dispongono che alla ragazza venga interdetta la possibilità di frequentare la chiesa per sei mesi, affinché possa riconsiderare «in maniera più saggia» la denegata ipotesi di diventare cristiana. A Ms. Brown viene ingiunto di scoraggiare, in qualunque modo, la ragazza dal partecipare a qualunque tipo di attività religiosa, persino semplici eventi sociali.
Sette mesi dopo aver assunto queste misure provvisorie, nel novembre 2008, arriva la decisione finale: non solo viene revocato l’affidamento di Miryam ma si arriva addirittura a disporre la cancellazione di Ms. Brown dal registro ufficiale dei genitori affidatari. Non potrà più svolgere in futuro la sua vocazione.
Miryam, devastata e sconvolta dall’accaduto, viene riconsegnata alla sua famiglia d’origine (ignara della conversione), ed un’altra ragazza affidata a Ms. Brown viene portata via.
A nulla è servito il fatto che la stessa sedicenne avesse spiegato di essere interessata al cristianesimo molto prima dell’affidamento, e che, sempre secondo la ragazza, Ms. Brown avesse precisato, fin dal giorno del suo arrivo, che lei avrebbe potuto continuare a professare liberamente la propria fede islamica. Peraltro, il rispetto nei confronti delle convinzioni religiose della ragazza da parte di Ms. Brown era già stato esaminato prima dell’affidamento da parte delle autorità e non erano assolutamente sorti problemi a riguardo. Per evitare ogni questione, comunque, Ms. Brown era arrivata addirittura a scoraggiare la conversione della ragazza, offrendosi di accompagnarla in moschea o da amici di famiglia musulmani.
Miryam, però, si è dimostrata irremovibile nella sua decisione di diventare cristiana.
Gli assistenti sociali che seguivano la ragazza erano, oltretutto, a conoscenza del fatto che frequentasse, fin dal gennaio del 2008, una chiesa cristiana e non hanno mai sollevato obiezioni al riguardo. Avevano persino parlato con lei di tale circostanza e non sembrava avessero disapprovato.
Ma tutto ciò non è servito ad impedire la drastica decisione delle autorità comunali.
Ms. Brown ha tenuto a precisare che la cosa per lei più sconvolgente in questa vicenda surreale è il concetto riduttivo di cristianesimo manifestato dalle autorità ed il fatto che tale credo religioso fosse considerato «in such a negative light». La donna si è giustamente chiesta se lo stesso clamore sarebbe scoppiato anche nell’ipotesi che un “suo” ragazzo si fosse convertito ad una fede diversa da quella cristiana.
E forse sta proprio qui il problema.
Le autorità comunali non amano avere guai con la comunità musulmana. Sanno benissimo che l’islam non consente la conversione ad altre religioni e che la condanna coranica dell’apostasia si traduce persino con la pena di morte.
Piuttosto che creare un incidente diplomatico con i suscettibili islamici si preferisce, oramai, infliggere un torto ai più docili cristiani.
Ma la dura tempra di Ms. Brown, tipo tosto, non è di quelle che si arrendono facilmente.
Così, la donna affidataria ha deciso di impugnare davanti all’Alta Corte la decisione assunta dalle autorità comunali nei suoi confronti. L’udienza è fissata per il prossimo 3 marzo 2010. Sull’esito della causa è difficile pronunciarsi, anche se Nigel Priestley, il legale di Ms. Brown, si dichiara fiducioso e sostiene che non esistono prove in base a cui la conversione possa costituire un elemento pregiudizievole per lo sviluppo della personalità della ragazza.
Come ha fatto notare il mio amico Mike Judge, avvocato attivista nel campo del diritto alla libertà religiosa, ogni individuo dovrebbe essere libero di modificare le proprie convinzioni in materia di fede, ancora di più in una società che asserisce essere libera e democratica.
E’ davvero difficile immaginare che gli stessi gravissimi provvedimenti adottati in questo caso sarebbero stati assunti nell’ipotesi che un ragazzo affidato ad un genitore ateo avesse deciso di non credere più in Dio, mutando così le proprie convinzioni religiose.
Questo esempio rende evidente il «double standard», l’insopportabile doppiopesismo cui sono quotidianamente sottoposti oggi i cristiani in Gran Bretagna.

(Gianfranco Amato, presidente di Scienza e Vita di Grosseto)

domenica 22 novembre 2009

Discorso di Papa Benedetto XVI agli artisti nell'incontro in Cappella Sistina (21 novembre 2009)

«Cari artisti, la fede non vi toglie nulla!»

Signori Cardinali,venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,illustri Artisti,Signore e Signori!

Con grande gioia vi accolgo in questo luogo solenne e ricco di arte e di memorie. Rivolgo a tutti e a ciascuno il mio cordiale saluto, e vi ringrazio per aver accolto il mio invito. Con questo incontro desidero esprimere e rinnovare l’amicizia della Chiesa con il mondo dell’arte, un’amicizia consolidata nel tempo, poiché il Cristianesimo, fin dalle sue origini, ha ben compreso il valore delle arti e ne ha utilizzato sapientemente i multiformi linguaggi per comunicare il suo immutabile messaggio di salvezza. Questa amicizia va continuamente promossa e sostenuta, affinché sia autentica e feconda, adeguata ai tempi e tenga conto delle situazioni e dei cambiamenti sociali e culturali. Ecco il motivo di questo nostro appuntamento. Ringrazio di cuore Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, per averlo promosso e preparato, con i suoi collaboratori, come pure per le parole che mi ha poc’anzi rivolto. Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti e le distinte Personalità presenti. Ringrazio anche la Cappella Musicale Pontificia Sistina che accompagna questo significativo momento. Protagonisti di questo incontro siete voi, cari e illustri Artisti, appartenenti a Paesi, culture e religioni diverse, forse anche lontani da esperienze religiose, ma desiderosi di mantenere viva una comunicazione con la Chiesa cattolica e di non restringere gli orizzonti dell’esistenza alla mera materialità, ad una visione riduttiva e banalizzante. Voi rappresentate il variegato mondo delle arti e, proprio per questo, attraverso di voi vorrei far giungere a tutti gli artisti il mio invito all’amicizia, al dialogo, alla collaborazione.

Alcune significative circostanze arricchiscono questo momento. Ricordiamo il decennale della Lettera agli Artisti del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Per la prima volta, alla vigilia del Grande Giubileo dell’Anno 2000, questo Pontefice, anch’egli artista, scrisse direttamente agli artisti con la solennità di un documento papale e il tono amichevole di una conversazione tra “quanti – come recita l’indirizzo –, con appassionata dedizione, cercano nuove «epifanie» della bellezza”. Lo stesso Papa, venticinque anni or sono, aveva proclamato patrono degli artisti il Beato Angelico, indicando in lui un modello di perfetta sintonia tra fede e arte. Il mio pensiero va, poi, al 7 maggio del 1964, quarantacinque anni fa, quando, in questo stesso luogo, si realizzava uno storico evento, fortemente voluto dal Papa Paolo VI per riaffermare l’amicizia tra la Chiesa e le arti. Le parole che ebbe a pronunciare in quella circostanza risuonano ancor oggi sotto la volta di questa Cappella Sistina, toccando il cuore e l’intelletto. “Noi abbiamo bisogno di voi - egli disse -. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione… voi siete maestri. E’ il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità” (Insegnamenti II, [1964], 313). Tanta era la stima di Paolo VI per gli artisti, da spingerlo a formulare espressioni davvero ardite: “E se Noi mancassimo del vostro ausilio – proseguiva –, il ministero diventerebbe balbettante ed incerto e avrebbe bisogno di fare uno sforzo, diremmo, di diventare esso stesso artistico, anzi di diventare profetico. Per assurgere alla forza di espressione lirica della bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere il sacerdozio con l’arte” (Ibid., 314). In quella circostanza, Paolo VI assunse l’ impegno di “ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti”, e chiese loro di farlo proprio e di condividerlo, analizzando con serietà e obiettività i motivi che avevano turbato tale rapporto e assumendosi ciascuno con coraggio e passione la responsabilità di un rinnovato, approfondito itinerario di conoscenza e di dialogo, in vista di un’autentica “rinascita” dell’arte, nel contesto di un nuovo umanesimo.

Quello storico incontro, come dicevo, avvenne qui, in questo santuario di fede e di creatività umana. Non è dunque casuale il nostro ritrovarci proprio in questo luogo, prezioso per la sua architettura e per le sue simboliche dimensioni, ma ancora di più per gli affreschi che lo rendono inconfondibile, ad iniziare dai capolavori di Perugino e Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, Luca Signorelli ed altri, per giungere alle Storie della Genesi e al Giudizio Universale, opere eccelse di Michelangelo Buonarroti, che qui ha lasciato una delle creazioni più straordinarie di tutta la storia dell’arte. Qui è anche risuonato spesso il linguaggio universale della musica, grazie al genio di grandi musicisti, che hanno posto la loro arte al servizio della liturgia, aiutando l’anima ad elevarsi a Dio. Al tempo stesso, la Cappella Sistina è uno scrigno singolare di memorie, giacché costituisce lo scenario, solenne ed austero, di eventi che segnano la storia della Chiesa e dell’umanità. Qui, come sapete, il Collegio dei Cardinali elegge il Papa; qui ho vissuto anch’io, con trepidazione e assoluta fiducia nel Signore, il momento indimenticabile della mia elezione a Successore dell’apostolo Pietro.

Cari amici, lasciamo che questi affreschi ci parlino oggi, attirandoci verso la méta ultima della storia umana. Il Giudizio Universale, che campeggia alle mie spalle, ricorda che la storia dell’umanità è movimento ed ascensione, è inesausta tensione verso la pienezza, verso la felicità ultima, verso un orizzonte che sempre eccede il presente mentre lo attraversa. Nella sua drammaticità, però, questo affresco pone davanti ai nostri occhi anche il pericolo della caduta definitiva dell’uomo, minaccia che incombe sull’umanità quando si lascia sedurre dalle forze del male. L’affresco lancia perciò un forte grido profetico contro il male; contro ogni forma di ingiustizia. Ma per i credenti il Cristo risorto è la Via, la Verità e la Vita. Per chi fedelmente lo segue è la Porta che introduce in quel “faccia a faccia”, in quella visione di Dio da cui scaturisce senza più limitazioni la felicità piena e definitiva. Michelangelo offre così alla nostra visione l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine della storia, e ci invita a percorrere con gioia, coraggio e speranza l’itinerario della vita. La drammatica bellezza della pittura michelangiolesca, con i suoi colori e le sue forme, si fa dunque annuncio di speranza, invito potente ad elevare lo sguardo verso l’orizzonte ultimo. Il legame profondo tra bellezza e speranza costituiva anche il nucleo essenziale del suggestivo Messaggio che Paolo VI indirizzò agli artisti alla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’8 dicembre 1965: “A voi tutti - egli proclamò solennemente - la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici!” (Enchiridion Vaticanum, 1, p. 305). Ed aggiunse: “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani… Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo” (Ibid.).

Il momento attuale è purtroppo segnato, oltre che da fenomeni negativi a livello sociale ed economico, anche da un affievolirsi della speranza, da una certa sfiducia nelle relazioni umane, per cui crescono i segni di rassegnazione, di aggressività, di disperazione. Il mondo in cui viviamo, poi, rischia di cambiare il suo volto a causa dell’opera non sempre saggia dell’uomo il quale, anziché coltivarne la bellezza, sfrutta senza coscienza le risorse del pianeta a vantaggio di pochi e non di rado ne sfregia le meraviglie naturali. Che cosa può ridare entusiasmo e fiducia, che cosa può incoraggiare l’animo umano a ritrovare il cammino, ad alzare lo sguardo sull’orizzonte, a sognare una vita degna della sua vocazione se non la bellezza? Voi sapete bene, cari artisti, che l’esperienza del bello, del bello autentico, non effimero né superficiale, non è qualcosa di accessorio o di secondario nella ricerca del senso e della felicità, perché tale esperienza non allontana dalla realtà, ma, al contrario, porta ad un confronto serrato con il vissuto quotidiano, per liberarlo dall’oscurità e trasfigurarlo, per renderlo luminoso, bello.

Una funzione essenziale della vera bellezza, infatti, già evidenziata da Platone, consiste nel comunicare all’uomo una salutare “scossa”, che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo “risveglia” aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto. L’espressione di Dostoevskij che sto per citare è senz’altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: “L’umanità può vivere - egli dice - senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”. Gli fa eco il pittore Georges Braque: “L’arte è fatta per turbare, mentre la scienza rassicura”. La bellezza colpisce, ma proprio così richiama l’uomo al suo destino ultimo, lo rimette in marcia, lo riempie di nuova speranza, gli dona il coraggio di vivere fino in fondo il dono unico dell’esistenza. La ricerca della bellezza di cui parlo, evidentemente, non consiste in alcuna fuga nell’irrazionale o nel mero estetismo.

Troppo spesso, però, la bellezza che viene propagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in se stessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa. L’autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere, il Mistero di cui siamo parte e da cui possiamo attingere la pienezza, la felicità, la passione dell’impegno quotidiano. Giovanni Paolo II, nella Lettera agli Artisti, cita, a tale proposito, questo verso di un poeta polacco, Cyprian Norwid: “La bellezza è per entusiasmare al lavoro, / il lavoro è per risorgere” (n. 3). E più avanti aggiunge: “In quanto ricerca del bello, frutto di un’immaginazione che va al di là del quotidiano, l’arte è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell’anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l’artista si fa in qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione” (n. 10). E nella conclusione afferma: “La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente” (n. 16).

Queste ultime espressioni ci spingono a fare un passo in avanti nella nostra riflessione. La bellezza, da quella che si manifesta nel cosmo e nella natura a quella che si esprime attraverso le creazioni artistiche, proprio per la sua caratteristica di aprire e allargare gli orizzonti della coscienza umana, di rimandarla oltre se stessa, di affacciarla sull’abisso dell’Infinito, può diventare una via verso il Trascendente, verso il Mistero ultimo, verso Dio. L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità. Questa affinità, questa sintonia tra percorso di fede e itinerario artistico, l’attesta un incalcolabile numero di opere d’arte che hanno come protagonisti i personaggi, le storie, i simboli di quell’immenso deposito di “figure” – in senso lato – che è la Bibbia, la Sacra Scrittura. Le grandi narrazioni bibliche, i temi, le immagini, le parabole hanno ispirato innumerevoli capolavori in ogni settore delle arti, come pure hanno parlato al cuore di ogni generazione di credenti mediante le opere dell’artigianato e dell’arte locale, non meno eloquenti e coinvolgenti.

Si parla, in proposito, di una via pulchritudinis, una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un percorso artistico, estetico, e un itinerario di fede, di ricerca teologica. Il teologo Hans Urs von Balthasar apre la sua grande opera intitolata Gloria. Un’estetica teologica con queste suggestive espressioni: “La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto”. Osserva poi: “Essa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma che ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è più amata e custodita nemmeno dalla religione”. E conclude: “Chi, al suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che – segretamente o apertamente – non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare”. La via della bellezza ci conduce, dunque, a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinito nel finito, Dio nella storia dell’umanità. Simone Weil scriveva a tal proposito: “In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza, religiosa”. Ancora più icastica l’affermazione di Hermann Hesse: “Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio”. Facendo eco alle parole del Papa Paolo VI, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha riaffermato il desiderio della Chiesa di rinnovare il dialogo e la collaborazione con gli artisti: “Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell’arte” (Lettera agli Artisti, n. 12); ma domandava subito dopo: “L’arte ha bisogno della Chiesa?”, sollecitando così gli artisti a ritrovare nella esperienza religiosa, nella rivelazione cristiana e nel “grande codice” che è la Bibbia una sorgente di rinnovata e motivata ispirazione.

Cari Artisti, avviandomi alla conclusione, vorrei rivolgervi anch’io, come già fece il mio Predecessore, un cordiale, amichevole ed appassionato appello. Voi siete custodi della bellezza; voi avete, grazie al vostro talento, la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza! Siate anche voi, attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità! E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente.

Sant’Agostino, cantore innamorato della bellezza, riflettendo sul destino ultimo dell’uomo e quasi commentando ante litteram la scena del Giudizio che avete oggi davanti ai vostri occhi, così scriveva: “Godremo, dunque di una visione, o fratelli, mai contemplata dagli occhi, mai udita dalle orecchie, mai immaginata dalla fantasia: una visione che supera tutte le bellezze terrene, quella dell’oro, dell’argento, dei boschi e dei campi, del mare e del cielo, del sole e della luna, delle stelle e degli angeli; la ragione è questa: che essa è la fonte di ogni altra bellezza” (In Ep. Jo. Tr. 4,5: PL 35, 2008). Auguro a tutti voi, cari Artisti, di portare nei vostri occhi, nelle vostre mani, nel vostro cuore questa visione, perché vi dia gioia e ispiri sempre le vostre opere belle. Mentre di cuore vi benedico, vi saluto, come già fece Paolo VI, con una sola parola: arrivederci!

Non sappiamo se tutta questa storia sia vera, ma leggete...

Mistero su Internet, un pirata svela i trucchi del global warming

La notizia è che centinaia di e-mail interne del Centro di ricerche sul clima (Cru) dell’Università dell’East Anglia in Inghilterra sono finite su Internet giovedì notte dopo un attacco di un pirata informatico. Il file è apparso su un sito Ftp (che serve a trasferire documenti informatici) russo e contiene scambi di corrispondenza privata tra scienziati, noti anche al grande pubblico, che da anni studiano il fenomeno dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale.

Un portavoce dell’Università, interpellato dal Foglio, ha confermato l’attacco: “Siamo a conoscenza del fatto che alcune informazioni contenute in un server usato per la ricerca in un’area della nostra università è stato reso disponibile su pubblici siti internet”. Resta da capire se le oltre 1.000 e-mail (le prime risalgono al 1996) e i 3.500 documenti di varia natura siano tutti veri: “Data la mole di queste informazioni – ha proseguito il portavoce – al momento non possiamo confermare che tutto il materiale sia genuino”. Fatto sta che “queste informazioni sono state ottenute e pubblicate senza il nostro permesso e noi abbiamo intrapreso un’azione immediata per rimuovere il server in questione”. Intanto, conclude, “stiamo portando avanti un’indagine interna e abbiamo coinvolto la polizia nell’inchiesta”. In effetti il server russo è stato rimosso dopo poche ore, quando però il materiale aveva già fatto il giro della rete ed era disponibile altrove, oltre che commentato su moltissimi blog. In Italia il primo a dare la notizia – con tutte le dovute cautele – è stato il blog “Climate Monitor”, tra i più informati e attendibili sull’argomento clima.

Secondo quanto riportato da diversi siti (anche scientifici come Climate Audit, il blog di Steve McIntyre) nelle e-mail ci sarebbero scambi di informazioni e pareri tra gli studiosi del global warming su come filtrare le informazioni per selezionare cosa far passare al pubblico e cosa no. Il Cru è considerato uno dei centri di ricerca più influenti nello studio del riscaldamento globale dovuto a cause umane, e ha giocato un ruolo chiave nell’ultimo documento dell’Ipcc, il panel intergovernativo delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici. Il dubbio che il materiale sia stato sistemato alla bisogna da chi contesta le teorie del global warming di origine antropica è fondato, anche se il falsario deve avere agito in uno spazio di tempo molto piccolo, da quando le e-mail sono diventate pubbliche a quando qualcuno le ha trovate sul Web. Chi se ne intende e ha già dato una lettura alle e-mail dice che in queste si parla anche di versioni di ricostruzione delle temperature del passato non pubblicate in quanto non sufficientemente a sostegno della teoria del global warming antropogenico.

Tra gli allegati ci sarebbe un codice (così riportano i siti internet che sostengono di essersi letti il materiale in questione) che sarebbe il programma usato per costruire il dataset delle temperature medie superficiali i cui dati provengono dalle osservazioni sparse per il mondo (sia terrestri sia superficiali) e, dopo essere stati trattati, ovvero normalizzati in una griglia, corretti in base a molti parametri (tra cui il coefficiente di correzione per le isole di calore, per esempio), vengono mediati su scala spaziale globale e su scala temporale mensile. Il dataset si chiama Hadcrut3 ed è una delle fonti più accreditate nello studio dell’andamento delle temperature: nonostante le tante richieste di molti scienziati, questo codice non era mai stato rilasciato per intero. Se confermata, la cosa potrebbe avere ripercussioni molto grosse: ecco perché i siti dei mezzi di informazione ieri non ne hanno parlato fino a tardo pomeriggio, quando cioè la Bbc ha riportato la notizia dell’attacco pirata al server dell’Università intervistando un esperto di sicurezza informatica, e il Guardian è sceso in particolari facendo i nomi di alcuni scienziati coinvolti. Al momento però ancora si cerca di capire se il materiale sia effettivamente tutto vero o non abbia subito interpolazioni.

Poco prima che sul server russo fossero caricati i file, un utente anonimo ha postato su diversi blog “scettici” per avvertirli della presenza dei documenti con queste poche righe (riportate dal blog di Anthony Watts): “Pensiamo che la scienza che studia il clima sia, nell’attuale situazione, troppo importante per essere tenuta nascosta. Qui pubblichiamo una selezione a caso di corrispondenza, codice e documenti”. A questo punto brandelli di queste lettere sono apparsi su molti siti, e non pochi lettori “scettici” hanno cominciato a fregarsi le mani, mentre i commentatori invitavano alla calma. Fermo restando che chi ha violato il server del Cru ha commesso un reato grave, il mistero si allarga, anche perché l’indagine dell’Università fa presupporre che l’attacco pirata sia potuto avvenire anche grazie a una talpa interna.

© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO
di Piero Vietti

Non sappiamo se tutta questa storia sia vera, ma leggete...

Mistero su Internet, un pirata svela i trucchi del global warming

La notizia è che centinaia di e-mail interne del Centro di ricerche sul clima (Cru) dell’Università dell’East Anglia in Inghilterra sono finite su Internet giovedì notte dopo un attacco di un pirata informatico. Il file è apparso su un sito Ftp (che serve a trasferire documenti informatici) russo e contiene scambi di corrispondenza privata tra scienziati, noti anche al grande pubblico, che da anni studiano il fenomeno dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale.

Un portavoce dell’Università, interpellato dal Foglio, ha confermato l’attacco: “Siamo a conoscenza del fatto che alcune informazioni contenute in un server usato per la ricerca in un’area della nostra università è stato reso disponibile su pubblici siti internet”. Resta da capire se le oltre 1.000 e-mail (le prime risalgono al 1996) e i 3.500 documenti di varia natura siano tutti veri: “Data la mole di queste informazioni – ha proseguito il portavoce – al momento non possiamo confermare che tutto il materiale sia genuino”. Fatto sta che “queste informazioni sono state ottenute e pubblicate senza il nostro permesso e noi abbiamo intrapreso un’azione immediata per rimuovere il server in questione”. Intanto, conclude, “stiamo portando avanti un’indagine interna e abbiamo coinvolto la polizia nell’inchiesta”. In effetti il server russo è stato rimosso dopo poche ore, quando però il materiale aveva già fatto il giro della rete ed era disponibile altrove, oltre che commentato su moltissimi blog. In Italia il primo a dare la notizia – con tutte le dovute cautele – è stato il blog “Climate Monitor”, tra i più informati e attendibili sull’argomento clima.

Secondo quanto riportato da diversi siti (anche scientifici come Climate Audit, il blog di Steve McIntyre) nelle e-mail ci sarebbero scambi di informazioni e pareri tra gli studiosi del global warming su come filtrare le informazioni per selezionare cosa far passare al pubblico e cosa no. Il Cru è considerato uno dei centri di ricerca più influenti nello studio del riscaldamento globale dovuto a cause umane, e ha giocato un ruolo chiave nell’ultimo documento dell’Ipcc, il panel intergovernativo delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici. Il dubbio che il materiale sia stato sistemato alla bisogna da chi contesta le teorie del global warming di origine antropica è fondato, anche se il falsario deve avere agito in uno spazio di tempo molto piccolo, da quando le e-mail sono diventate pubbliche a quando qualcuno le ha trovate sul Web. Chi se ne intende e ha già dato una lettura alle e-mail dice che in queste si parla anche di versioni di ricostruzione delle temperature del passato non pubblicate in quanto non sufficientemente a sostegno della teoria del global warming antropogenico.

Tra gli allegati ci sarebbe un codice (così riportano i siti internet che sostengono di essersi letti il materiale in questione) che sarebbe il programma usato per costruire il dataset delle temperature medie superficiali i cui dati provengono dalle osservazioni sparse per il mondo (sia terrestri sia superficiali) e, dopo essere stati trattati, ovvero normalizzati in una griglia, corretti in base a molti parametri (tra cui il coefficiente di correzione per le isole di calore, per esempio), vengono mediati su scala spaziale globale e su scala temporale mensile. Il dataset si chiama Hadcrut3 ed è una delle fonti più accreditate nello studio dell’andamento delle temperature: nonostante le tante richieste di molti scienziati, questo codice non era mai stato rilasciato per intero. Se confermata, la cosa potrebbe avere ripercussioni molto grosse: ecco perché i siti dei mezzi di informazione ieri non ne hanno parlato fino a tardo pomeriggio, quando cioè la Bbc ha riportato la notizia dell’attacco pirata al server dell’Università intervistando un esperto di sicurezza informatica, e il Guardian è sceso in particolari facendo i nomi di alcuni scienziati coinvolti. Al momento però ancora si cerca di capire se il materiale sia effettivamente tutto vero o non abbia subito interpolazioni.

Poco prima che sul server russo fossero caricati i file, un utente anonimo ha postato su diversi blog “scettici” per avvertirli della presenza dei documenti con queste poche righe (riportate dal blog di Anthony Watts): “Pensiamo che la scienza che studia il clima sia, nell’attuale situazione, troppo importante per essere tenuta nascosta. Qui pubblichiamo una selezione a caso di corrispondenza, codice e documenti”. A questo punto brandelli di queste lettere sono apparsi su molti siti, e non pochi lettori “scettici” hanno cominciato a fregarsi le mani, mentre i commentatori invitavano alla calma. Fermo restando che chi ha violato il server del Cru ha commesso un reato grave, il mistero si allarga, anche perché l’indagine dell’Università fa presupporre che l’attacco pirata sia potuto avvenire anche grazie a una talpa interna.

© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO
di Piero Vietti

sabato 21 novembre 2009

Dal prof.Carlo Bellieni

University Weighs Tighter Limits on Stem Cell Research

L'Università del Nebraska decide oggi se bocciare l'ampliamento delle possibilità di ricerca sugli embrioni voluto da Obama e tornare ai paletti morali di Bush. E' un passo che avviene in silenzio (se fosse accaduto il contrario immaginiamoci quanti giornali l'avrebbero messo in prima pagina), e che è epocale: liberamente si decide di darsi dei limiti: incoraggiante per chi ha fiducia nel genere umano.

In questa giornata che celebra la carta dei diritti dei bambini, ci guardiamo intorno e vediamo un mondo che semplicemente i bambini non li sopporta. E' un mondo pedofobico, altro che pedofilia! La pedofilia è un fatto da codice penale, ma la pedofobia è una coltellata al codice morale che abbiamo scritto dentro di noi.  E "pedofobi" siamo tutti noi, che non vogliamo figli se non quando siamo vecchi. Che vediamo i bambini come se non fossero bambini, ma piccoli giocattoli, passatempi. Prima che nascano li vediamo come intrusi, appena nati come bambolotti da mostrare agli amici, un po' più grandi diventano dei giocattoli e (leggi tutto...)

Le Figaro.frÀ Paris, un salon pour «réussir» son divorce

A Parigi si apre un'esposizione su come "Riuscire nel proprio divorzio". "Siccome il divorzio è diventato una tappa della vita come le alre, non si vede perché non dedicargli una esposizione"; ogni anno in Francia 160.000 matrimoni finiscono in divorzio e le strategie contemplano procedure sempre più brevi. D'altronde "Si sa che il matrimonio non è fatto per durare per sempre, ma che conta la sua qualità". Discorsi, discorsi: ma cosa ne pensano le persone che hanno divoziato e cosa ne pensano i bambini di genitori separati? Tutto rose e fiori, sorrisi, colpo di spugna e ricominciamo di nuovo? Pare proprio di no, a sentire tanti, ma tanti psicologi e psichiatri.

venerdì 20 novembre 2009

http://archiviostorico.corriere.it/2002/ottobre/03/Chesterton_guida_per_diventare_grandi_co_0_0210033289.shtml


Qui sopra un articolo di recensione a Come si scrive un giallo in un
numero del Corriere della Sera del 2002 a firma di Antonio De Benedetti.

Padre Ian Boyd terrà la lezione "Archbishop Gerety"


Come potete vedere qui a fianco, il 2 Dicembre 2009 il nostro caro ed illustre amico padre Ian Boyd, presidente del Chesterton Institute for Faith and Culture, terrà alla Seton Hall University la lezione della serie "Archbishop Gerety" dal titolo "Chesterton e l'America".

Sarebbe bello esserci.

Un grazie a padre Boyd per il suo impegno nel diffondere Chesterton nel mondo con la sua intelligenza e la sua umanità.

Una poesia di Chesterton, che data il giorno della sua conversione, con traduzione del nostro amico Rodolfo Caroselli

THE CONVERT

After one moment when I bowed my head
And the whole world turned over and came upright,
And I came out where the old road shone white,
I walked the ways and heard what all men said,
Forests of tongues, like autumn leaves unshed,
Being not unlovable but strange and light;
Old riddles and new creeds, not in despite
But softly, as men smile about the dead.

The sages have a hundred maps to give
That trace their crawling cosmos like a tree,
They rattle reason out through many a sieve
That stores the sand and lets the gold go free:
And all these things are less than dust to me
Because my name is Lazarus and I live.


IL CONVERTITO

Dopo un momento che, piegato il capo,
crollato il mondo, poi ritornò dritto,
uscii fuori: la strada biancheggiava,
giravo ed ascoltavo quella gente,
selve di lingue, foglie ormai ingiallite,
sgradite no, però sommesse e strane;
lievi vecchi misteri e nuovi credi
come a commemorare, senza scorno.

I saggi ti daranno cento mappe
guide ramificate dei lor cosmi,
sezionan la ragione coi setacci
che lascian l’oro per raccoglier sabbia;
ma questo è men che polvere per me:
perché il mio nome è Lazzaro e vivo.

El nuestro amigo espanol migra in Blogspot...

Il nostro amico Fran, autore di un bellissimo blog in lingua spagnola che vi invitiamo a visitare, ci avverte che cambierà piattaforma (da Wordpress a Blogspot) e ci manda questo bel messaggio che riportiamo nel suo italiano spagnoleggiante perché ci piace così, e lo ringraziamo di cuore per quello che dice e per quello che ci sprona a fare, tutti assieme, chestertoniani del mondo:

Caro amico:

Veramente sono parole da imparare queste de Benedetto XVI, il Papa Teologo, un uomo vivo, inteligente e buono.

Per l'altro, sapete che chiuderono il mio blog di wordpress. Ancora non sò per chè ragioni... Sigo in Blogspot, con la stessa alegria e la stessa fede in Dio Omnipotente, che anche è buono, e DIO e UOMO VIVO. ETERNO.

Grazie per la vostra amicizia. Vi prego: continuate il laboro. Restano tante cose per dire, tanta gente per conoscere. Scusate il mio 'macarronico' italiano.

Saluti, Pace e Bene.

Fran (GKCh)

Dal prof. Carlo Bellieni

di Carlo Bellieni

“I futuri genitori sono male informati, si aspettano troppo da una ecografia. Ecco perché aumentano le denunce per mancata diagnosi prenatale”. Non sono parole di un moralista, ma del prof Claudio Giorlandino, presidente della Sidip (Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale). Il problema, dice l’esperto, è che la diagnosi prenatale ecografica non è infallibile: non vede tutti i difetti e, aggiungiamo noi, talora vede immagini dubbie che difetti non sono. Il caso eclatante esplose in Francia nel 2000 quando un ragazzo, di nome André Perruche Venne alla ribalta perché era nato anni addietro con anomalie dovute ad un’infezione avuta in gravidanza e non riscontrate all’ecografia; un giudice accettò la richiesta dei tutori del giovane e condannò il medico ecografista che non si era reso conto dell’anomalia perché la sua disattenzione aveva privato i genitori delle necessarie informazioni che li avrebbero condotti all’aborto e il bambino ne aveva tratto danno… visto che era nato. A quel punto gli ecografisti in Francia entrarono in sciopero perché non accettavano che un errore involontario li portasse a pesanti condanne; e i disabili scesero in piazza perché non accettavano a loro volta che la disabilità venisse indicata come motivo di definire una vita non degna di essere vissuta.

Avverte Giorlandino, in preparazione ad un convegno sullo studio morfologico del feto, che “non possiamo dare la certezza che il bambino che verrà al mondo sarà perfetto” e che “che la percentuale di diagnosi corrette per malformazioni fetali non supera, per le più importanti, il 60%: insomma quattro malformazioni su dieci non sono visibili con gli strumenti, nonostante siano presenti.”. Ma a questo punto viene da domandarci quale sia davvero lo scopo della diagnostica prenatale: la salute o l’individuazione dei disabili? Ed è davvero utile scoprire se un bambino avrà un “labbro leporino” tre mesi prima che nasca? Certo, questo potrà garantire ai genitori di poterlo abortire, come accade in molti casi non solo per malattie gravissime ma anche per malformazioni operabili e minori, ad esempio il caso di atresia dell’esofago che venne alla ribalta anni fa a Firenze (operabile e soprattutto inesistente perché la diagnosi era errata); ma ci fa domandare se davvero è una soluzione l’aborto e soprattutto l’unica soluzione? Non sarà invece addirittura necessario parlare di diritto alla privacy del bambino non nato, quando l’indagine ecografica è tesa non al suo benessere, ma solo a facilitare la curiosità dei genitori, magari proclivi all’aborto? Non sono ragionamenti pellegrini: di privacy fetale si parla da anni e se ne è occupata anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La diagnosi prenatale genetica invasiva (amniocentesi) e non invasiva (ecografie e triplo test) non è eticamente neutra: richiede più conoscenza da parte di chi ne fruisce e richiede una scelta di campo. Non si tratta certo di vietarla (anche se in certi Stati indiani hanno dovuto metterla fuori legge dato che veniva usata per individuare e abortire le figlie femmine), ma di renderla una scelta cosciente. In Olanda le indagini come il triplo test sono crollate di colpo quando è stata data una corretta informazione alle donne sulla loro fallibilità. Forse questo oggi manca: far uscire la diagnosi genetica prenatale dalla routine (“La faccio perché la fanno tutte”), e valorizzarla laddove è utile a curare realmente.

mercoledì 18 novembre 2009

Splendida udienza di papa Benedetto XVI. Da imparare a memoria.

Cari fratelli e sorelle!

Nelle catechesi delle scorse settimane ho presentato alcuni aspetti della teologia medievale. Ma la fede cristiana, profondamente radicata negli uomini e nelle donne di quei secoli, non diede origine soltanto a capolavori della letteratura teologica, del pensiero e della fede. Essa ispirò anche una delle creazioni artistiche più elevate della civiltà universale: le cattedrali, vera gloria del Medioevo cristiano. Infatti, per circa tre secoli, a partire dal principio del secolo XI si assistette in Europa a un fervore artistico straordinario. Un antico cronista descrive così l’entusiasmo e la laboriosità di quel tempo: "Accadde che in tutto il mondo, ma specialmente in Italia e nelle Gallie, si incominciasse a ricostruire le chiese, sebbene molte, per essere ancora in buone condizioni, non avessero bisogno di tale restaurazione. Era come una gara tra un popolo e l’altro; si sarebbe creduto che il mondo, scuotendosi di dosso i vecchi cenci, volesse rivestirsi dappertutto della bianca veste di nuove chiese. Insomma, quasi tutte le chiese cattedrali, un gran numero di chiese monastiche, e perfino oratori di villaggio, furono allora restaurati dai fedeli" (Rodolfo il Glabro, Historiarum 3,4).

Vari fattori contribuirono a questa rinascita dell’architettura religiosa. Anzitutto, condizioni storiche più favorevoli, come una maggiore sicurezza politica, accompagnata da un costante aumento della popolazione e dal progressivo sviluppo delle città, degli scambi e della ricchezza. Inoltre, gli architetti individuavano soluzioni tecniche sempre più elaborate per aumentare le dimensioni degli edifici, assicurandone allo stesso tempo la saldezza e la maestosità. Fu però principalmente grazie all’ardore e allo zelo spirituale del monachesimo in piena espansione che vennero innalzate chiese abbaziali, dove la liturgia poteva essere celebrata con dignità e solennità, e i fedeli potevano sostare in preghiera, attratti dalla venerazione delle reliquie dei santi, mèta di incessanti pellegrinaggi. Nacquero così le chiese e le cattedrali romaniche, caratterizzate dallo sviluppo longitudinale, in lunghezza, delle navate per accogliere numerosi fedeli; chiese molto solide, con muri spessi, volte in pietra e linee semplici ed essenziali. Una novità è rappresentata dall’introduzione delle sculture. Essendo le chiese romaniche il luogo della preghiera monastica e del culto dei fedeli, gli scultori, più che preoccuparsi della perfezione tecnica, curarono soprattutto la finalità educativa. Poiché bisognava suscitare nelle anime impressioni forti, sentimenti che potessero incitare a fuggire il vizio, il male, e a praticare la virtù, il bene, il tema ricorrente era la rappresentazione di Cristo come giudice universale, circondato dai personaggi dell’Apocalisse. Sono in genere i portali delle chiese romaniche a offrire questa raffigurazione, per sottolineare che Cristo è la Porta che conduce al Cielo. I fedeli, oltrepassando la soglia dell’edificio sacro, entrano in un tempo e in uno spazio differenti da quelli della vita ordinaria. Oltre il portale della chiesa, i credenti in Cristo, sovrano, giusto e misericordioso, nell’intenzione degli artisti potevano gustare un anticipo della beatitudine eterna nella celebrazione della liturgia e negli atti di pietà svolti all’interno dell’edificio sacro.

Nel secoli XII e XIII, a partire dal nord della Francia, si diffuse un altro tipo di architettura nella costruzione degli edifici sacri, quella gotica, con due caratteristiche nuove rispetto al romanico, e cioè lo slancio verticale e la luminosità. Le cattedrali gotiche mostravano una sintesi di fede e di arte armoniosamente espressa attraverso il linguaggio universale e affascinante della bellezza, che ancor oggi suscita stupore. Grazie all’introduzione delle volte a sesto acuto, che poggiavano su robusti pilastri, fu possibile innalzarne notevolmente l’altezza. Lo slancio verso l’alto voleva invitare alla preghiera ed era esso stesso una preghiera. La cattedrale gotica intendeva tradurre così, nelle sue linee architettoniche, l’anelito delle anime verso Dio. Inoltre, con le nuove soluzioni tecniche adottate, i muri perimetrali potevano essere traforati e abbelliti da vetrate policrome. In altre parole, le finestre diventavano grandi immagini luminose, molto adatte ad istruire il popolo nella fede. In esse - scena per scena – venivano narrati la vita di un santo, una parabola, o altri eventi biblici. Dalle vetrate dipinte una cascata di luce si riversava sui fedeli per narrare loro la storia della salvezza e coinvolgerli in questa storia.

Un altro pregio delle cattedrali gotiche è costituito dal fatto che alla loro costruzione e alla loro decorazione, in modo differente ma corale, partecipava tutta la comunità cristiana e civile; partecipavano gli umili e i potenti, gli analfabeti e i dotti, perché in questa casa comune tutti i credenti erano istruiti nella fede. La scultura gotica ha fatto delle cattedrali una "Bibbia di pietra", rappresentando gli episodi del Vangelo e illustrando i contenuti dell’anno liturgico, dalla Natività alla Glorificazione del Signore. In quei secoli, inoltre, si diffondeva sempre di più la percezione dell’umanità del Signore, e i patimenti della sua Passione venivano rappresentati in modo realistico: il Cristo sofferente (Christus patiens) divenne un’immagine amata da tutti, ed atta a ispirare pietà e pentimento per i peccati. Né mancavano i personaggi dell’Antico Testamento, la cui storia divenne in tal modo familiare ai fedeli che frequentavano le cattedrali come parte dell’unica, comune storia di salvezza. Con i suoi volti pieni di bellezza, di dolcezza, di intelligenza, la scultura gotica del secolo XIII rivela una pietà felice e serena, che si compiace di effondere una devozione sentita e filiale verso la Madre di Dio, vista a volte come una giovane donna, sorridente e materna, e principalmente rappresentata come la sovrana del cielo e della terra, potente e misericordiosa. I fedeli che affollavano le cattedrali gotiche amavano trovarvi anche espressioni artistiche che ricordassero i santi, modelli di vita cristiana e intercessori presso Dio. E non mancarono le manifestazioni "laiche" dell’esistenza; ecco allora apparire, qua e là, rappresentazioni del lavoro dei campi, delle scienze e delle arti. Tutto era orientato e offerto a Dio nel luogo in cui si celebrava la liturgia. Possiamo comprendere meglio il senso che veniva attribuito a una cattedrale gotica, considerando il testo dell’iscrizione incisa sul portale centrale di Saint-Denis, a Parigi: "Passante, che vuoi lodare la bellezza di queste porte, non lasciarti abbagliare né dall’oro, né dalla magnificenza, ma piuttosto dal faticoso lavoro. Qui brilla un’opera famosa, ma voglia il cielo che quest’opera famosa che brilla faccia splendere gli spiriti, affinché con le verità luminose s’incamminino verso la vera luce, dove il Cristo è la vera porta".

Cari fratelli e sorelle, mi piace ora sottolineare due elementi dell’arte romanica e gotica utili anche per noi. Il primo: i capolavori artistici nati in Europa nei secoli passati sono incomprensibili se non si tiene conto dell’anima religiosa che li ha ispirati. Un artista, che ha testimoniato sempre l’incontro tra estetica e fede, Marc Chagall, ha scritto che "i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell'alfabeto colorato che era la Bibbia". Quando la fede, in modo particolare celebrata nella liturgia, incontra l’arte, si crea una sintonia profonda, perché entrambe possono e vogliono parlare di Dio, rendendo visibile l’Invisibile. Vorrei condividere questo nell’incontro con gli artisti del 21 novembre, rinnovando ad essi quella proposta di amicizia tra la spiritualità cristiana e l’arte, auspicata dai miei venerati Predecessori, in particolare dai Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II. Il secondo elemento: la forza dello stile romanico e lo splendore delle cattedrali gotiche ci rammentano che la via pulchritudinis, la via della bellezza, è un percorso privilegiato e affascinante per avvicinarsi al Mistero di Dio. Che cos’è la bellezza, che scrittori, poeti, musicisti, artisti contemplano e traducono nel loro linguaggio, se non il riflesso dello splendore del Verbo eterno fatto carne? Afferma sant’Agostino: "Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell’aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l’ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole chi l’ha creata, se non la Bellezza Immutabile?" (Sermo CCXLI, 2: PL 38, 1134).

Cari fratelli e sorelle, ci aiuti il Signore a riscoprire la via della bellezza come uno degli itinerari, forse il più attraente ed affascinante, per giungere ad incontrare ed amare Dio.

A Hope for Home, un gruppo rock che ha pubblicato un disco dal titolo... (ebbene sì!) The Everlasting Man


Leggete qui, il genere può non piacere (in realtà si alternano canzoni metal -piuttosto inquietante la voce di uno dei cantanti...- a canzoni più d'ascolto), chiamano L'Uomo Eterno "a novel" (...e novel non è...), qualcosa di strano c'è, però non è neppure da trascurare il fatto che dichiarino esplicitamente di ispirarsi a Chesterton e a The Everlasting Man...

Comunque sono un gruppo americano, esattamente di Portland nell'Oregon, e hanno anche un sito su My Space.

Qui c'è una loro foto (un po' inquietanti, forse..?).

Mah, vedete voi se riuscite ad approfondire l'argomento. Strano, senza dubbio.

Il nostro Paolo Gulisano tradotto in spagnolo

In questo collegamento trovate un articolo di Paolo Gulisano, recentemente pubblicato anche da noi, sulla questione del "ritorno a Roma" degli anglicani, tradotto in spagnolo su Religion en Libertad, sito di lingua spagnola.

B-XVI VUOLE DARE CIBO A CHI NASCE, NON ABOLIRE LE BOCCHE AFFAMATE


Nella sua sinteticità, questo articolo di Paolo Rodari fa capire bene il principale punto nodale di quanto detto dal Papa alla FAO giorni fa.


Roma. Ancora una volta controcorrente. Di questo è segno l’arrivo di ieri del Papa al vertice dell’organizzazione mondiale dell’Onu per il cibo e l’agricoltura (Fao). Controcorrente rispetto ai molti leader dei paesi ricchi che hanno disertato l’incontro. E controcorrente per le soluzioni indicate, spesso in dissenso da quanto la Fao predica e persegue. La presenza di Benedetto XVI è stata un segnale offerto anzitutto ai tanti leader assenti. Per dire che, nonostante la mancanza di risultati dell’agenzia specializzata delle Nazioni Unite – significativo quanto scrisse l’Osservatore Romano a conclusione del vertice del giugno 2008: “Tante parole, nessuna soluzione” – vale la pena provarci: “Desidero rinnovare – ha detto ieri il Papa –, in continuità con i miei predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, la stima per l’azione della Fao”. E che vale la pena provarci l’ha scritto ancora ieri sempre l’Osservatore che ha auspicato ascolto e “scelte concrete”. Scelte che sembrano tardare: nessuno dei 192 paesi dell’organizzazione Onu accetta di impegnare nuovi fondi per combattere la fame nel mondo. E la cosa è notata dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, che ha espresso “rammarico” e “insoddisfazione”. Tanti i leader dei paesi ricchi assenti: Barack Obama, Nicolas Sarkozy, Angela Merkel, Gordon Brown. E anche se di rilievo sono state le presenze del presidente della Commissione europea José Barroso, del premier turco Tayyip Erdogan e del brasiliano Ignácio Lula da Silva, si notava che tra i leader dei paesi del G8 c’era soltanto il “padrone di casa” Silvio Berlusconi. A tutti il Papa ha chiesto più impegno e “un assetto di istituzioni economiche in grado di garantire un accesso al cibo e all’acqua regolare e adeguato”. E che a ogni paese sia garantito il diritto di “definire il proprio modello economico”. La Fao più volte ha sostenuto che c’è una relazione di causa-effetto tra crescita della popolazione mondiale e fame. Ieri il Papa ha detto altro: la “deprecabile distruzione di derrate alimentari in funzione di lucro economico” dimostra l’opposto. “La terra può nutrire tutti i suoi abitanti”, e la fame dipende da “scarsità di risorse sociali”, tra queste il deficit della struttura e del funzionamento del potere.

Pubblicato sul Foglio martedì 17 novembre 2009

Rassegna stampa

18 Novembre 2009 - Avvenire
Fine Vita
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18 Novembre 2009 - Avvenire
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A dicembre le linee guida 95 KB

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CROCIFISSO. Il popolo Pd 29 KB