'No' che salvano, 'no' profetici, 'no' che gridano e affermano il valore della vita. Hanno tanti significati i 'no' della Chiesa cattolica. Spesso sono una drammatica sintesi mediatica in una società distratta dai mille rivoli della spinta al consumo immediato, inconsapevole, per esempio, del valore del tempo e della complessità nella ricerca scientifica e tecnologica. Per capire il valore dei 'no' della Chiesa bisognerebbe leggerli con lo stesso sguardo infinito con cui Dio guarda il mondo e attraverso cui l’uomo di fede è chiamato a guardare all’umanità più vicina e più diversa da sé. Scorgeremmo allora molto di più, e persino con la nostra visione imperfetta saremmo capaci di vedere i tanti 'sì' che la Chiesa quotidianamente dice dappertutto.
Vedremmo così che i 'no' della Chiesa non sono solo quelli che il pubblico dibattito riassume nel limite degli ovociti da inseminare, delle diagnosi preimpianto da vietare, dei sondini da non staccare e di tutte le questioni tecniche di cui la dottrina cerca di farsi interprete al cospetto di Dio. Con quegli occhi forse potremmo intuire la forza reale della difesa del valore della vita, naturale e imprescindibile per un credente, un dato acquisito, come una seconda pelle. Quello sguardo vedrebbe i tanti altri modi in cui la realtà cattolica ha testimoniato la parola 'vita' attraversandone i suoi significati più profondi in modo rigoroso, spendendosi senza riserve, a costo di essere impopolare, ma soprattutto senza rinunciare mai a quella carità cristiana che ci ha donato il Nuovo Testamento.
Potremmo leggere così il valore della Fondazione cellule staminali di Terni creata in collaborazione con la Curia vescovile, il Comune e l’Istituto superiore di sanità come l’attenzione a una linea di ricerca che ha l’obiettivo di realizzare benefici per i pazienti ponendosi in un’ottica di posizioni condivise e non contrapposte. Da quest’angolazione si potrebbe forse osservare meglio la Chiesa che dice 'sì'. Fatta da uomini che non rinunciano a stare in trincea, predicando amore e perdono nei villaggi più sperduti dell’Africa, dove la realtà cattolica rappresenta almeno il 25% di organizzazioni umanitarie: missionari laici, suore e sacerdoti che dicono 'sì' in nome della vita attraversando villaggi e toccando la miseria con le mani, mescolandosi e confondendosi con essa per sostenere, nutrire e curare quel prossimo che Gesù, con «un comandamento nuovo» ordinò loro di amare «come io ho amato voi».
Ed è questo un 'sì' quotidiano alla vita, la sua difesa appassionata e concreta che diventa carne, speranza e apre una porta sul futuro per migliaia di bambini già nati e che nasceranno, come nel caso delle cure che la Comunità di S. Egidio, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, presta in Africa alle donne sieropositive in gravidanza attraverso il progetto 'Dream' aiutandole a realizzare il sogno di partorire un bambino sano. Una protezione della vita che a occhi distanti o ostili si riduce solo al 'sì' o al 'no' per una norma, che si traduce in una lotta politica il cui contenuto e il cui valore spesso si perdono in polemiche sterili o in estenuanti quanto vuote prove di forza tra chi crede e chi non crede.
Eppure si tratta della stessa vita che difende ogni giorno chi riempie i piatti delle mense serviti a chiunque ne abbia bisogno: stranieri, italiani, regolari e irregolari, migliaia di persone che si recano nelle strutture Caritas uniti solo dal dolore del bisogno, della povertà. Ed è 'sì' alla vita il richiamo della Chiesa alla pace tra i popoli, l’appello alla fratellanza universale, il 'no' secco, duro e indiscriminato alla guerra e alla violenza, alla pena di morte, alla possibilità che il giudizio degli uomini possa essere così inappellabile, definitivo e inumano.
E come non vedere l’affermazione positiva dei valori contenuta nell’ultima enciclica di Benedetto XVI, per cui il rispetto della vita e la verità non sono mai disgiunte e in cui l’accento posto sull’ingiustizia delle disuguaglianze economiche e sociali tra i popoli diventa un 'sì' alla riduzione di queste differenze, al richiamo forte, deciso e reiterato alla solidarietà nei confronti di chi ha fame, ha bisogno di cure e di sostegno in una visione di accoglienza alla vita che significa soprattutto amore e carità, due parole distinte ma spesso sovrapponibili come ci insegnano proprio le diverse traduzioni delle Sacre Scritture.
Vedremmo così che i 'no' della Chiesa non sono solo quelli che il pubblico dibattito riassume nel limite degli ovociti da inseminare, delle diagnosi preimpianto da vietare, dei sondini da non staccare e di tutte le questioni tecniche di cui la dottrina cerca di farsi interprete al cospetto di Dio. Con quegli occhi forse potremmo intuire la forza reale della difesa del valore della vita, naturale e imprescindibile per un credente, un dato acquisito, come una seconda pelle. Quello sguardo vedrebbe i tanti altri modi in cui la realtà cattolica ha testimoniato la parola 'vita' attraversandone i suoi significati più profondi in modo rigoroso, spendendosi senza riserve, a costo di essere impopolare, ma soprattutto senza rinunciare mai a quella carità cristiana che ci ha donato il Nuovo Testamento.
Potremmo leggere così il valore della Fondazione cellule staminali di Terni creata in collaborazione con la Curia vescovile, il Comune e l’Istituto superiore di sanità come l’attenzione a una linea di ricerca che ha l’obiettivo di realizzare benefici per i pazienti ponendosi in un’ottica di posizioni condivise e non contrapposte. Da quest’angolazione si potrebbe forse osservare meglio la Chiesa che dice 'sì'. Fatta da uomini che non rinunciano a stare in trincea, predicando amore e perdono nei villaggi più sperduti dell’Africa, dove la realtà cattolica rappresenta almeno il 25% di organizzazioni umanitarie: missionari laici, suore e sacerdoti che dicono 'sì' in nome della vita attraversando villaggi e toccando la miseria con le mani, mescolandosi e confondendosi con essa per sostenere, nutrire e curare quel prossimo che Gesù, con «un comandamento nuovo» ordinò loro di amare «come io ho amato voi».
Ed è questo un 'sì' quotidiano alla vita, la sua difesa appassionata e concreta che diventa carne, speranza e apre una porta sul futuro per migliaia di bambini già nati e che nasceranno, come nel caso delle cure che la Comunità di S. Egidio, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, presta in Africa alle donne sieropositive in gravidanza attraverso il progetto 'Dream' aiutandole a realizzare il sogno di partorire un bambino sano. Una protezione della vita che a occhi distanti o ostili si riduce solo al 'sì' o al 'no' per una norma, che si traduce in una lotta politica il cui contenuto e il cui valore spesso si perdono in polemiche sterili o in estenuanti quanto vuote prove di forza tra chi crede e chi non crede.
Eppure si tratta della stessa vita che difende ogni giorno chi riempie i piatti delle mense serviti a chiunque ne abbia bisogno: stranieri, italiani, regolari e irregolari, migliaia di persone che si recano nelle strutture Caritas uniti solo dal dolore del bisogno, della povertà. Ed è 'sì' alla vita il richiamo della Chiesa alla pace tra i popoli, l’appello alla fratellanza universale, il 'no' secco, duro e indiscriminato alla guerra e alla violenza, alla pena di morte, alla possibilità che il giudizio degli uomini possa essere così inappellabile, definitivo e inumano.
E come non vedere l’affermazione positiva dei valori contenuta nell’ultima enciclica di Benedetto XVI, per cui il rispetto della vita e la verità non sono mai disgiunte e in cui l’accento posto sull’ingiustizia delle disuguaglianze economiche e sociali tra i popoli diventa un 'sì' alla riduzione di queste differenze, al richiamo forte, deciso e reiterato alla solidarietà nei confronti di chi ha fame, ha bisogno di cure e di sostegno in una visione di accoglienza alla vita che significa soprattutto amore e carità, due parole distinte ma spesso sovrapponibili come ci insegnano proprio le diverse traduzioni delle Sacre Scritture.
Enrico Garaci
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