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giovedì 7 maggio 2009

Stanley Jaki - Perché la scienza nacque cristiana (e non nella Mezzaluna)


Dall'Avvenire di oggi 7 Maggio 2009 riprendiamo questo interessante articolo del compianto dom Stanley L. Jaki, che aveva una precipua dote, per noi: era, oltre che un uomo di genio, un chestertoniano. Ce lo ricordava Angelo Bottone in un suo recente articolo su questo blog (per cercarlo, potete usare il motore di ricerca interno, in alto a sinistra).

Ricordiamo pure che alcuni libri di Stanley Jaki sono stati stampati da Fede&Cultura, con cui noi chestertoniani abbiamo una speciale convenzione (per vedere le condizioni, usate il motore di ricerca interno). Ottimo, no? Cliccando il nostro titolo verrete portati alla pagina degli autori in forza al catalogo di Fede & Cultura, e troverete anche Stanley Jaki e i suoi testi.

Questo articolo che proponiamo è parte di un testo prossimo alla pubblicazione, sempre per i tipi di Fede & Cultura. Il titolo dell'articolo è già molto, molto chestertoniano.

Perché la scienza nacque cristiana (e non nella Mezzaluna)

I Paesi musulmani più importanti stanno or mai da decenni attuando uno sforzo con­certato per portarsi in pari con la tecnolo gia e la scienza occidentale, e non a caso nien te sta più a cuore ad Israele del mantenimento di una superiorità scientifica e tecnologica in sormontabile rispetto ad ogni e qualsiasi pae se musulmano.

Ma i musulmani non possono ignorare che né la scienza né la tecnologia (di cui hanno un grande bisogno per sfruttare le loro vaste risorse petrolifere) sono state prodotte dai musulmani, anche se questo fatto non causa grande imbarazzo al tipico intellettuale musulmano, il quale preferisce sottolineare l’abuso della scienza fatto dagli occidentali, attraverso il suo utilizzo come strumento di colonizzazione e dominazione economica.

Da questo punto di vista la reazione degli indù moderni è molto diversa. Alcuni fra loro, Nehru ne fu un esempio, hanno cercato di trovare le ragioni per cui la scienza non è nata nella loro terra. Costoro non trovano niente di meglio (e in questo sono simili ai cinesi da due gene razioni sotto l’indottrinamento marxista) del l’affermare che un’alba democratica fu segui ta da un sistema feudale di produzione. Sia gli Indù che i cinesi dovrebbero leggere attenta mente i loro antichi testi, sia sacri che filosofici, per rendersi conto della vacuità di simili scuse. Tutti quegli scritti testimoniano una visione del mondo panteista e organicista dove tutto si ripeteva ciclicamente ed era guidato da strane volizioni.

Lo stesso era il caso per gli an tichi Egizi e Babilonesi e perfino per gli antichi greci. Quanti hanno per passatempo l’immaginare diversi corsi della storia dovrebbero considerare uno scenario che comincia con un Copernico indù o un Newton cinese. Tali scenari ed altri simili si possono ipotizzare per tutte le culture dell’antichità, ma specialmente per quella indù e cinese, le sole a sopravvivere nei tempi mo derni come potenze politiche di prima gran dezza. Il caso della civiltà musulmana è diver so, in parte perché, in confronto con le altre culture citate è un po’ una nuova venuta sul palcoscenico della storia.

È inoltre importante, notare il fatto che c’è nel Corano una cosmologia che, anche se parzialmente animista, non è certamente ciclica. Il Corano è totalmente allineato con la visione biblica del cosmo co me qualcosa che è iniziato con la creazione di tutto, e che sta procedendo in linea retta verso una consumazione assoluta, la cui venuta nien te può fermare. Come la visione del mondo bi blica, la visione del mondo musulmana ha la sua migliore rappresentazione in una freccia, così diversa da un cerchio, per non parlare del la svastica, questo simbolo classico della visio ne ciclica del mondo nella maggior parte delle culture antiche. Una freccia rappresenta un processo lineare rettilineo che non devia dal suo corso.

Ora se si afferma che un siffatto modello co smologico ha favorito il sorgere della scienza nell’Occidente cristiano, allora sorge la domanda: perché i musulmani non ci sono arrivati prima di quell’Occidente? […] Questo non vuol dire che nessun musulmano abbia mai fatto esperimenti. Fecero esperimenti in medicina, specialmente nell’oftal mologia. I mercanti arabi scoprirono presto i vantaggi del sistema decimale indù, che l’Occidente apprese attraverso canali arabi. I musulmani coltivarono avidamente l’astronomia tolemaica, il che implicava una buona conoscenza di forme avanzate della geometria euclidea. L’utilizzo degli epicicli, comunque, non permetteva di spingersi oltre una certa precisione nel rilevamento del moto dei pianeti. Naturalmente, per quanto riguarda l’astrologia, che era basata sulla predizione delle posizioni dei pianeti, la precisione della astronomia tolemaica era più che sufficiente.

Ma per poter ottenere il controllo delle cose in moto sulla Ter ra, quell’astronomia non era di molto aiuto. U na scienza genuina delle leggi del moto era necessaria e qui gli studiosi musulmani fallirono nonostante fossero molto vicini alla meta. Per capire questo si deve sapere che la scienza del movimento è quella che si può costruire sulle tre leggi del moto che si trovano per la pri ma volta insieme nei Principia di Newton. Ma la prima e più importante di esse, la legge del­l’inerzia, fu formulata secoli prima di Newton. Anche la formulazione di un’altra legge, per cui ad ogni azione corrisponde una reazione, pre cede Newton di circa 60 anni, essendo stata for mulata per la prima volta da Cartesio.

Cartesio ancora sospettava che la legge del mo to inerziale avesse origini medioevali, ma non diede credito a nessuno. Newton stesso non era incline a dar credito di qualcosa a Cartesio, il cui nome egli cancellò dai suoi manoscritti. Newton non sapeva quasi nulla dei medievali, salvo che avevano costruito delle magnifiche cattedrali. Si sarebbe stupito moltissimo nel l’apprendere che i medievali avevano costrui to anche le fondamenta della sua fisica. Perché la legge della forza, formulata da Newton, è in concepibile senza la legge del moto inerziale.

Newton sarebbe stato altrettanto stupito se a vesse saputo che era stato un famoso musul mano medievale, Avicenna, a concepire per pri mo la legge di inerzia, ma senza percepirne l’importanza, come se avesse indossato dei pa raocchi. I suoi paraocchi erano le leggi fonda mentali della cosmologia aristotelica che Avicenna, essendo un panteista in fondo al cuore ed un musulmano solo in apparenza, accettava completamente. Secondo il panteismo aristotelico l’universo era divinamente perfetto, quindi sferico e in un movimento circolare perenne.

Siccome un cerchio non contiene un punto diverso dagli altri, un movimento circolare non evoca un punto di partenza assoluto. Imprigionato da questa visione del mondo Avicenna non poté trovare in essa un invito ad applicarvi la sua idea di moto inerziale. Fu così che il mondo musulmano perse la sua occasione d’oro di arrivare per pri mo a formulare una fisica che gli avrebbe per messo il controllo del mondo fisico.

Stanley L. Jaki

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