- La figura di san Tommaso d'Aquino (1225-1274), uno dei pilastri del pensiero cristiano e il “conciliatore” della cristianità con la filosofia classica, rivive nelle pagine di Gilbert Keith Chesterton, in un saggio del 1933 che l’editore Lindau ha ripubblicato per la collana “I pellicani”. Chesterton, famoso ai più per essere l’inventore di quel padre Brown interpretato da Renato Rascel che tanta fortuna ebbe nella televisione italiana, fu infatti anche un apprezzato biografo, come confermano le sue opere su Charles Dickens e san Francesco d'Assisi. Ma proprio il volume sul “doctor universalis”, come fu definito dai contemporanei, rappresenta il punto più alto del suo lavoro. Al punto che un fine studioso tomistico come Etienne Gilson lo definì addirittura, “senza possibilità di paragone, il miglior libro mai scritto su San Tommaso”. Chesterton, al quale l’opera fu commissionata dal suo editore, rievoca con la sua consueta ironia e sagacia le principali tappe della vita di Tommaso: la decisione giovanile di diventare frate mendicante domenicano, contrastata dalla sua ricca e potente famiglia, gli studi a Colonia sotto la guida di Alberto Magno, l'arrivo a Parigi e l'insegnamento alla Sorbona, il ritorno in Italia.
“San Tommaso - scrive Chesterton - allo stesso modo di san Francesco, percepiva a livello inconscio che le convinzioni della sua gente si stavano allontanando dalla rigida dottrina e disciplina cattolica, logorata da oltre mille anni di routine, e che la fede doveva essere rappresentata in una luce nuova e affrontata da un altro punto di vista. Ma il suo unico scopo era di diffonderla per la salvezza della gente”. E al “bue muto”, definizione ironica affibbiata all’Aquinate dai suoi compagni di studi per i suoi silenzi pensosi, l’autore inglese riconosce il merito della “sfida del razionalismo”, ovvero di aver costruito un sistema filosofico in cui fede e ragione si potenziano reciprocamente. Un merito che ne ha reso imperitura la fama, ha dato vita a uno dei pensieri filosofici più significativi dell'età medievale, tanto da trovare ancora ampio consenso, come accade fra gli studiosi protestanti statunitensi.
E che è uno strumento ancora utile alla Chiesa di oggi, assicura il vescovo di San Marino e Montefeltro, monsignor Luigi Negri, nella prefazione al volume: “All'inizio del terzo millennio ci troviamo in una situazione stranamente analoga a quella in cui san Tommaso visse la sua grande esperienza, nel senso che tanta tradizione cattolica è sentita dal popolo cattolico come una difficoltà, come un peso, come un condizionamento, e la tentazione di fuga verso compromessi con le ideologie secolari è più forte che mai. In questo quadro Tommaso ha ancora molto da dire alla Chiesa di oggi, non solo per le sue soluzioni di carattere strettamente filosofico - argomenta Negri - ma soprattutto per lo spirito che ha incarnato, quello perennemente giovane della Chiesa, per il quale la fede va proposta nella sua radicale essenzialità e nella sua capacità di prendersi carico dell'esistenza concreta degli uomini e della società”.
“San Tommaso - scrive Chesterton - allo stesso modo di san Francesco, percepiva a livello inconscio che le convinzioni della sua gente si stavano allontanando dalla rigida dottrina e disciplina cattolica, logorata da oltre mille anni di routine, e che la fede doveva essere rappresentata in una luce nuova e affrontata da un altro punto di vista. Ma il suo unico scopo era di diffonderla per la salvezza della gente”. E al “bue muto”, definizione ironica affibbiata all’Aquinate dai suoi compagni di studi per i suoi silenzi pensosi, l’autore inglese riconosce il merito della “sfida del razionalismo”, ovvero di aver costruito un sistema filosofico in cui fede e ragione si potenziano reciprocamente. Un merito che ne ha reso imperitura la fama, ha dato vita a uno dei pensieri filosofici più significativi dell'età medievale, tanto da trovare ancora ampio consenso, come accade fra gli studiosi protestanti statunitensi.
E che è uno strumento ancora utile alla Chiesa di oggi, assicura il vescovo di San Marino e Montefeltro, monsignor Luigi Negri, nella prefazione al volume: “All'inizio del terzo millennio ci troviamo in una situazione stranamente analoga a quella in cui san Tommaso visse la sua grande esperienza, nel senso che tanta tradizione cattolica è sentita dal popolo cattolico come una difficoltà, come un peso, come un condizionamento, e la tentazione di fuga verso compromessi con le ideologie secolari è più forte che mai. In questo quadro Tommaso ha ancora molto da dire alla Chiesa di oggi, non solo per le sue soluzioni di carattere strettamente filosofico - argomenta Negri - ma soprattutto per lo spirito che ha incarnato, quello perennemente giovane della Chiesa, per il quale la fede va proposta nella sua radicale essenzialità e nella sua capacità di prendersi carico dell'esistenza concreta degli uomini e della società”.
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