«Eluana non mi ha mai detto che avrebbe voluto morire» La migliore amica del liceo: «Sono stata in classe con lei per 5 anni e non l’ho mai sentita dire nulla del genere»
di Anna Savini - da IlGiornale.it del 05.02.2009
Lecco - Due occhi bassi e un paio di braccia allargate. Per 17 anni, chiedere di Eluana ai suoi amici ha significato avere queste riposte. Perché c’era l’imbarazzo di ragazzi che avevano solo 20 anni e di colpo si trovavano a pensare alla morte, al coma, all’eutanasia. Una ragazza della compagnia in meno, ma senza una tomba su cui ricordarla. Una ragazza bellissima, piena di vita, regina delle feste immobilizzata in un letto d’ospedale. Un’amica persa per strada, eppure ancora lì. Troppo spenta per vivere insieme a lei, troppo viva per pensarla morta. Pian piano hanno iniziato a parlarne di meno. Sono cresciuti, si sono laureati, qualcuno si è sposato, altri hanno avuto figli. E tutto mentre Eluana restava sempre nella stessa situazione e il padre implorava il mondo di poterla liberare. Due occhi bassi e un paio di braccia allargate, la risposta fino alla sentenza finale.
Ora è diverso. «Ora è come tornare indietro a 17 anni fa, a quel giorno in cui ho perso la mia migliore amica», dice Laura Portaluppi. Per loro l’ultimo giorno di vita di Eluana è stato il 18 gennaio del 1992, quando la ragazza allora ventenne andò a schiantarsi con la Bmw. In quel momento esplose il dolore dei suoi amici, oggi la ferita di riapre: «Per me è un giorno nero, perché inizierà un cammino che porterà Eluana ancora alla morte» dice Laura. Nicola Brenna riesce a comprendere il dolore del padre e lo rispetta, per questo non vuole pronunciarsi: «Se quello che sta accadendo è giusto o non è giusto lo lascio dire agli altri, alle persone che non sono coinvolte. Per me questa è una tragedia umana, una tragedia anche per Beppino. In questo momento penso anche a lui. A me rimane solo il dolore personale».
Loro non si ricordano se Eluana avesse detto qualcosa come: «Piuttosto che restare così, preferisco morire». «Io non l’ho mai sentita parlare di vita o di morte – dice Laura Magistris -. Non mi è mai capitato di sentirle dire che se fosse rimasta paralizzata o in stato vegetativo, avrebbe preferito morire. Sono stata in classe con lei per cinque anni al Liceo linguistico Maria Ausiliatrice di Lecco e non l’ho mai sentita fare discorsi di questo genere. Non ricordo una sua posizione così ferma e decisa su questi argomenti. Che in ogni caso non erano al centro dei pensieri di noi ragazze».
Eluana è diventata un simbolo dopo l’incidente, è diventata uno spunto di discussione quando il coma le ha levato la coscienza e la parola. Prima era una ragazza come tutti gli altri che pensava solo a studiare e a divertirsi. Nel decreto del tribunale che autorizza a sospendere la nutrizione e l’idratazione, c’è un passaggio in cui si parla di Rosanna Benzi, la donna genovese, vissuta per 29 anni in un polmone d’acciaio e morta nel 1991. Secondo le amiche di Eluana sentite dai giudici, lei si sarebbe espressa dicendo di preferire la morte a una condizione del genere. Questo passaggio la Magistris non se lo ricorda. «Ci ho pensato, me la sarei ricordata. È normale che magari, di passaggio, uno a vent’anni dica: io così non vorrei mai stare. Ma, appunto, se l’ha detto – e io non lo ricordo – l’ha detto solo in questo senso». L’episodio è stato smentito anche da suor Rina Gatti, docente di lettere al liceo di Eluana: «Né lei né le altre ragazze dissero una cosa del genere». Eluana era la vita, il sole, la vitalità. Di quello parlava, così viveva. Inseguiva la felicità. Ora che sta per morire per davvero, i suoi amici pensano solo a quello, al dolore. E finiscono con un nodo alla gola come suor Albina che guarda il letto vuoto alla casa di cura Beato Talamoni e dice: «Eluana, non aver paura per quello che ti stanno per fare, ci ritroveremo».
di Anna Savini - da IlGiornale.it del 05.02.2009
Lecco - Due occhi bassi e un paio di braccia allargate. Per 17 anni, chiedere di Eluana ai suoi amici ha significato avere queste riposte. Perché c’era l’imbarazzo di ragazzi che avevano solo 20 anni e di colpo si trovavano a pensare alla morte, al coma, all’eutanasia. Una ragazza della compagnia in meno, ma senza una tomba su cui ricordarla. Una ragazza bellissima, piena di vita, regina delle feste immobilizzata in un letto d’ospedale. Un’amica persa per strada, eppure ancora lì. Troppo spenta per vivere insieme a lei, troppo viva per pensarla morta. Pian piano hanno iniziato a parlarne di meno. Sono cresciuti, si sono laureati, qualcuno si è sposato, altri hanno avuto figli. E tutto mentre Eluana restava sempre nella stessa situazione e il padre implorava il mondo di poterla liberare. Due occhi bassi e un paio di braccia allargate, la risposta fino alla sentenza finale.
Ora è diverso. «Ora è come tornare indietro a 17 anni fa, a quel giorno in cui ho perso la mia migliore amica», dice Laura Portaluppi. Per loro l’ultimo giorno di vita di Eluana è stato il 18 gennaio del 1992, quando la ragazza allora ventenne andò a schiantarsi con la Bmw. In quel momento esplose il dolore dei suoi amici, oggi la ferita di riapre: «Per me è un giorno nero, perché inizierà un cammino che porterà Eluana ancora alla morte» dice Laura. Nicola Brenna riesce a comprendere il dolore del padre e lo rispetta, per questo non vuole pronunciarsi: «Se quello che sta accadendo è giusto o non è giusto lo lascio dire agli altri, alle persone che non sono coinvolte. Per me questa è una tragedia umana, una tragedia anche per Beppino. In questo momento penso anche a lui. A me rimane solo il dolore personale».
Loro non si ricordano se Eluana avesse detto qualcosa come: «Piuttosto che restare così, preferisco morire». «Io non l’ho mai sentita parlare di vita o di morte – dice Laura Magistris -. Non mi è mai capitato di sentirle dire che se fosse rimasta paralizzata o in stato vegetativo, avrebbe preferito morire. Sono stata in classe con lei per cinque anni al Liceo linguistico Maria Ausiliatrice di Lecco e non l’ho mai sentita fare discorsi di questo genere. Non ricordo una sua posizione così ferma e decisa su questi argomenti. Che in ogni caso non erano al centro dei pensieri di noi ragazze».
Eluana è diventata un simbolo dopo l’incidente, è diventata uno spunto di discussione quando il coma le ha levato la coscienza e la parola. Prima era una ragazza come tutti gli altri che pensava solo a studiare e a divertirsi. Nel decreto del tribunale che autorizza a sospendere la nutrizione e l’idratazione, c’è un passaggio in cui si parla di Rosanna Benzi, la donna genovese, vissuta per 29 anni in un polmone d’acciaio e morta nel 1991. Secondo le amiche di Eluana sentite dai giudici, lei si sarebbe espressa dicendo di preferire la morte a una condizione del genere. Questo passaggio la Magistris non se lo ricorda. «Ci ho pensato, me la sarei ricordata. È normale che magari, di passaggio, uno a vent’anni dica: io così non vorrei mai stare. Ma, appunto, se l’ha detto – e io non lo ricordo – l’ha detto solo in questo senso». L’episodio è stato smentito anche da suor Rina Gatti, docente di lettere al liceo di Eluana: «Né lei né le altre ragazze dissero una cosa del genere». Eluana era la vita, il sole, la vitalità. Di quello parlava, così viveva. Inseguiva la felicità. Ora che sta per morire per davvero, i suoi amici pensano solo a quello, al dolore. E finiscono con un nodo alla gola come suor Albina che guarda il letto vuoto alla casa di cura Beato Talamoni e dice: «Eluana, non aver paura per quello che ti stanno per fare, ci ritroveremo».
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