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martedì 20 maggio 2008

La Gran Bretagna e gli ibridi


Da L'Avvenire di oggi 20 Maggio 2008
di FRANCESCO OGNIBENE

Ha appena subìto un memorabile rovescio elettorale, la sua popolarità è crollata ai minimi, si ritrova contestato dentro e fuori il partito laburista, già si parla di una sua sostituzione prima che il vantaggio dei conservatori si faccia incolmabile. Eppure il premier britannico Gordon Brown, screditato come pochi altri leader d’oltremanica, non ha esitato a prendere la testa dello schieramento trasversale che per mesi ha sostenuto il progetto di legge a favore della creazione a scopo di ricerca di embrioni ibridi uomo animale, cavalcando una questione che divide l’opinione pubblica inglese assai più che il suo Parlamento (dove pure si è cementato un agguerrito fronte del no, sinora purtroppo minoritario). E ieri sera, infine, ha spuntato il via libera a una norma dal sapore altamente simbolico.
Il provvedimento, passato per un voto favorevole alla Camera dei Lords e ieri a quella dei Comuni, modifica l’equivalente inglese della nostra legge 40 e apre la strada all’inaudito: i laboratori britannici vengono messi nelle condizioni di miscelare cellule riproduttive umane e bovine, abbattendo grazie al capriccio di una maggioranza parlamentare (336 contro 176, per la precisione) la barriera naturale tra l’essere umano e le specie animali. Per oltrepassare una frontiera insormontabile come quella che ha sempre impedito di ipotizzare seriamente la creazione delle cosiddette 'chimere' occorreva il propellente di una volontà umana determinata a produrre in laboratorio ciò che non esiste e non ha senso di essere generato, travestendo questa profanazione senza ritorno con argomenti 'umanitari'. Gli stessi che un premier a corto di simpatie popolari ha usato a piene mani nell’articolo con il quale dalle colonne dell’Observer di domenica ha puntato sui sentimenti dei britannici: «Lasciate fare alla scienza – ha scritto in buona sostanza Brown –, vedrete che un giorno le staminali estratte dagli embrioni ibridi salveranno milioni di persone colpite da malattie oggi inguaribili» (come la fibrosi cistica, che affligge il suo terzo figlio).
Un argomento che suona familiare, vero? È lo stesso che tre anni fa, proprio in questi giorni, il fronte contrario alla legge 40 rovesciava sugli italiani perché si sbarazzassero per via referendaria di norme ritenute retrograde solo perché pongono come architrave di una legge che parla di vita umana la tutela dell’embrione anziché il suo uso strumentale. La gente disse la sua con estrema chiarezza, dopo aver compreso i termini tanto netti quanto semplici della questione. E la sensazione è che anche agli inglesi – quattro su cinque, secondo un sondaggio di pochi giorni fa – piacerebbe capire qualcosa di più su ciò che i deputati hanno discusso, non fidandosi solo ciecamente di una scienza che senza portare alcuna prova chiede con arroganza senza precedenti di chiudere entrambi gli occhi davanti alle provette dove nascono entità simil-umane. A cosa possa realmente servire questo sfregio senza precedenti alla dignità dell’uomo, umiliato al ruolo di materiale da laboratorio ed equiparato a un quadrupede, nemmeno gli scienziati sono davvero in grado di dirlo, figuriamoci un primo ministro. Gli stessi 'profeti delle chimere' (come Stephen Minger, invitato mesi fa dai radicali a Roma, dove liberamente parlò alla Sapienza) non hanno nulla in mano. Zero, niente di niente. Eppure chiedono un sacrificio insostenibile. Persino i primi esperimenti autorizzati dall’Autorità inglese che vigila sulla ricerca nel settore hanno dato vita a embrioni sopravvissuti solo tre giorni, troppo poco per farci alcunché.
Tutto questo mentre le staminali adulte inanellano un successo dietro l’altro e nei laboratori di mezzo mondo si lavora alle «cellule riprogrammate indotte», matrici inesauribili di staminali identiche a quelle embrionali, tratte dalla pelle senza sognarsi di intrecciare il nostro dna con quello di una mucca. E allora, mister Brown, perché vuole gli ibridi? Per assecondare l’industria biotech inglese che vuole spuntare brevetti prima che altri – in Spagna, in Corea, a Singapore... – facciano lo stesso? O per fare dell’Inghilterra la patria mondiale della scienza priva di limiti? Almeno, lo dica.

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