Analisi condivisibile, almeno in parte. Anche se in certi punti sin troppo morbida (che "quelli là" ci volessero "fare la pelle", sembra abbastanza evidente, e ce la stavano mettendo tutta pure con la collaborazione di certi cattolici), ma coglie un aspetto importante di questo voto.
La tornata elettorale si è trasformata in un autentico tornado sulle terre estreme del panorama politico italiano. In particolar modo sull’area della sinistra rosso-verde, quella che spesso viene definita radicale o antagonista e che si era autoproclamata arcobaleno. Ma concentrarsi esclusivamente sul dato eclatante e, per così dire, geopolitico della batosta inferta dagli elettori a questo specifico soggetto rischierebbe di far passare in secondo piano un dato politico- culturale che merita, invece, di essere portato in piena evidenza.
Dalle urne del 13 e 14 aprile sta emergendo, infatti, una sconfitta altrettanto sonora e ben più ampia: quella degli ideologi e dei portabandiera del cosiddetto zapaterismo etico-sociale. Cioè dell’ambizione, cara al confermato primo ministro socialista di Spagna, di riproporre in salsa mediterranea la destrutturazione giuridica dell’idea stessa di famiglia naturale già impostata in alcuni Paesi nordeuropei, accompagnandola con la distruzione persino lessicale dei concetti di padre e madre (di uomo e donna) nonché con una impressionante tendenza alla deregulation in campo bioetico e condendola con una persistente polemica anticattolica.
L’inesistente spinta propulsiva dello zapaterismo di casa nostra – intossicante lascito della visione antropologica e delle concrete iniziative purtroppo assunte o tentate a più riprese nei ventidue mesi del governo precedente – è un fenomeno che senza dubbio comprende la riduzione ai minimi termini della sinistra capitanata da Bertinotti, ma forse non si esaurisce in essa (così come non la spiega in modo esclusivo). È un segnale, che probabilmente non finisce neanche nella drammatica sparizione dei vari spezzoni socialisti riuniti in una 'costituente' incredibilmente segnata dal vecchio e ossessivo anticlericalismo di Boselli. Arriva, infatti, a lambire la performance del Partito democratico 'impannellato' a causa dell’in sufficiente capacità di attrazione dimostrata nei confronti di settori importanti del vasto elettorato cattolico. E al loft di Veltroni c’è chi se n’è reso subito conto. Anche perché, ieri, le indicazioni fornite dalle amministrative (che hanno visto di nuovo in campo il centrosinistra allargato) hanno confermato che il problema c’è, ed è assai serio.
Sulle nostre pagine è stato segnalato più di una volta, ma – ora che s’impone con solare evidenza un’altra prova provata – vale la pena di ripeterlo. Troppi esponenti della sinistra vecchia e nuova, del radicalismo di sempre, hanno inseguito polemiche e obiettivi ideologici alla Zapatero su Dico e manipolazioni della vita nascente o morente, si sono crogiolati nella cigolante retorica sulle presunte e continue «ingerenze della Chiesa », hanno evocato e quasi invocato il fantasma di contrapposizioni ottocentesche tra cattolici e laici, hanno fatto persino circolare – come una leggenda nera – la storia delle parrocchie, dei conventi, delle strutture educative, di accoglienza e di assistenza, delle associazioni di volontariato 'privilegiate' e 'nemiche' di quella gente di cui sono invece parte e che, da sempre, servono. E hanno finito – anche così – per distogliere lo sguardo dall’Italia reale delle famiglie e dei lavoratori, dalle sue pressanti domande, dalle paure e incertezze più sentite, dalle autentiche difficoltà, ma anche dalle sue passioni, dalla sua tenacia, dalle sue generosità. Il risultato è che tanta parte dell’elettorato alla fine – con simmetrica e democratica ritorsione – ha distolto lo sguardo proprio dai vagheggiatori dello zapaterismo e dai loro partiti. E ha guardato, letteralmente, altrove quando s’è trattato di decidere e di deporre (o non deporre) le proprie schede nell’urna.
Certo, è solo uno degli aspetti di questo rivoluzionario voto d’aprile. Ma ne è anche una delle chiavi di lettura inevitabili. Naturalmente per chi non voglia far finta di nulla.
Dalle urne del 13 e 14 aprile sta emergendo, infatti, una sconfitta altrettanto sonora e ben più ampia: quella degli ideologi e dei portabandiera del cosiddetto zapaterismo etico-sociale. Cioè dell’ambizione, cara al confermato primo ministro socialista di Spagna, di riproporre in salsa mediterranea la destrutturazione giuridica dell’idea stessa di famiglia naturale già impostata in alcuni Paesi nordeuropei, accompagnandola con la distruzione persino lessicale dei concetti di padre e madre (di uomo e donna) nonché con una impressionante tendenza alla deregulation in campo bioetico e condendola con una persistente polemica anticattolica.
L’inesistente spinta propulsiva dello zapaterismo di casa nostra – intossicante lascito della visione antropologica e delle concrete iniziative purtroppo assunte o tentate a più riprese nei ventidue mesi del governo precedente – è un fenomeno che senza dubbio comprende la riduzione ai minimi termini della sinistra capitanata da Bertinotti, ma forse non si esaurisce in essa (così come non la spiega in modo esclusivo). È un segnale, che probabilmente non finisce neanche nella drammatica sparizione dei vari spezzoni socialisti riuniti in una 'costituente' incredibilmente segnata dal vecchio e ossessivo anticlericalismo di Boselli. Arriva, infatti, a lambire la performance del Partito democratico 'impannellato' a causa dell’in sufficiente capacità di attrazione dimostrata nei confronti di settori importanti del vasto elettorato cattolico. E al loft di Veltroni c’è chi se n’è reso subito conto. Anche perché, ieri, le indicazioni fornite dalle amministrative (che hanno visto di nuovo in campo il centrosinistra allargato) hanno confermato che il problema c’è, ed è assai serio.
Sulle nostre pagine è stato segnalato più di una volta, ma – ora che s’impone con solare evidenza un’altra prova provata – vale la pena di ripeterlo. Troppi esponenti della sinistra vecchia e nuova, del radicalismo di sempre, hanno inseguito polemiche e obiettivi ideologici alla Zapatero su Dico e manipolazioni della vita nascente o morente, si sono crogiolati nella cigolante retorica sulle presunte e continue «ingerenze della Chiesa », hanno evocato e quasi invocato il fantasma di contrapposizioni ottocentesche tra cattolici e laici, hanno fatto persino circolare – come una leggenda nera – la storia delle parrocchie, dei conventi, delle strutture educative, di accoglienza e di assistenza, delle associazioni di volontariato 'privilegiate' e 'nemiche' di quella gente di cui sono invece parte e che, da sempre, servono. E hanno finito – anche così – per distogliere lo sguardo dall’Italia reale delle famiglie e dei lavoratori, dalle sue pressanti domande, dalle paure e incertezze più sentite, dalle autentiche difficoltà, ma anche dalle sue passioni, dalla sua tenacia, dalle sue generosità. Il risultato è che tanta parte dell’elettorato alla fine – con simmetrica e democratica ritorsione – ha distolto lo sguardo proprio dai vagheggiatori dello zapaterismo e dai loro partiti. E ha guardato, letteralmente, altrove quando s’è trattato di decidere e di deporre (o non deporre) le proprie schede nell’urna.
Certo, è solo uno degli aspetti di questo rivoluzionario voto d’aprile. Ma ne è anche una delle chiavi di lettura inevitabili. Naturalmente per chi non voglia far finta di nulla.
... e comunque come ormai è consuetudine noi di capitani coraggiosi abbiamo festeggiato la vittoria insieme al mitico gino capecci con una bottiglia di brut della cantina dei colli Ripani!
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