Nella celebrazione in memoria dei Testimoni della Fede del XX e XXI secolo
di Roberta Sciamplicotti
ROMA, lunedì, 7 aprile 2008 (ZENIT.org).- Nel martirio la forza dell'amore vince la morte, ha spiegato questo lunedì pomeriggio Benedetto XVI presiedendo a Roma una celebrazione della Parola in memoria dei Testimoni della Fede del XX e XXI secolo.
La cerimonia si è svolta nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina nel 40° anniversario della Comunità di Sant’Egidio, alla quale Papa Giovanni Paolo II ha affidato la chiesa quindici anni fa, stabilendo nel 2000 che in essa venisse alimentato il ricordo dei nuovi martiri.
Il Pontefice ha definito l'incontro “un pellegrinaggio alla memoria dei martiri del XX secolo, innumerevoli uomini e donne, noti e ignoti che, nell’arco del Novecento, hanno versato il loro sangue per il Signore”.
Di quelli ricordati nella Basilica, “tanti sono caduti mentre compivano la missione evangelizzatrice della Chiesa”, mescolando il proprio sangue a quello dei cristiani autoctoni a cui era stata comunicata la fede; “altri, spesso in condizione di minoranza, sono stati uccisi in odio alla fede. Infine non pochi si sono immolati per non abbandonare i bisognosi, i poveri, i fedeli loro affidati, non temendo minacce e pericoli”.
Tra questi, il Vescovo Oscar Romero, il Cardinale Posadas Ocampo e don Andrea Santoro, sacerdote romano ucciso a Trebisonda (Turchia) il 5 febbraio 2006.
“Perché questi nostri fratelli martiri non hanno cercato di salvare a tutti i costi il bene insostituibile della vita? – ha chiesto il Papa – Perché hanno continuato a servire la Chiesa, nonostante gravi minacce e intimidazioni?”.
“Hanno versato il loro sangue e si sono purificati nell’amore – ha risposto –: nell’amore di Cristo che li ha resi capaci di sacrificarsi a loro volta per amore”.
In questo modo “si diventa amici di Cristo”, ha osservato; “così ci si conforma a Lui, accettando il sacrificio fino all’estremo, senza porre limiti al dono dell’amore e al servizio della fede”.
“Nella sconfitta, nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce una forza che il mondo non conosce”: “è la forza dell’amore, inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta. E’ la forza che sfida e vince la morte”.
Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, ha spiegato il Papa, diventano anche loro, come Gesù, oggetto di persecuzioni e “segno di contraddizione”.
“La convivenza fraterna, l’amore, la fede, le scelte in favore dei più piccoli e poveri, che segnano l’esistenza della Comunità cristiana, suscitano talvolta un’avversione violenta. Quanto utile è allora guardare alla luminosa testimonianza di chi ci ha preceduto nel segno di una fedeltà eroica sino al martirio!”, ha esclamato.
Benedetto XVI si è quindi rivolto ai membri della Comunità di Sant’Egidio, incoraggiandoli a imitare “il coraggio e la perseveranza nel servire il Vangelo, specialmente tra i poveri”, che ha caratterizzato i martiri.
“Siate costruttori di pace e di riconciliazione fra quanti sono nemici o si combattono – ha detto loro –. Nutrite la vostra fede con l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio, con la preghiera quotidiana, con l’attiva partecipazione alla Santa Messa”.
“L’autentica amicizia con Cristo sarà la fonte del vostro amore scambievole – ha aggiunto –. Sostenuti dal suo Spirito, potrete contribuire a costruire un mondo più fraterno”.
Sottolineando come “la Parola di Dio, l’amore per la Chiesa, la predilezione per i poveri, la comunicazione del Vangelo” siano state “le stelle” che li hanno guidati nel testimoniare “sotto cieli diversi l’unico messaggio di Cristo”, il Pontefice ha auspicato che i membri della Comunità continuino ad essere ispirati dall'esempio dei martiri, per poter essere “veri amici di Dio e autentici amici dell’umanità”.
“Non temete le difficoltà e le sofferenze che questa azione missionaria comporta – ha concluso –: rientrano nella 'logica' della coraggiosa testimonianza dell’amore cristiano”.
Nel suo saluto al Santo Padre, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, ha affermato che le vite dei martiri “parlano di un amore forte come la morte”.
Questi fratelli e queste sorelle, ha spiegato, “non hanno vissuto per sé: scandalo per il mondo del Novecento, che ha fatto sua suprema legge il 'salva te stesso', gridato a Gesù sotto la croce”.
Ricordando i 40 anni della Comunità, Riccardi ha spiegato detto che l’amore per la Parola di Dio ha guidato sempre i suoi membri “sulla via dell’amore. Verso gli altri. Soprattutto i più poveri, di Roma, poi del mondo, con i loro dolori, le loro malattie – l’AIDS -, le loro guerre”.
“Siamo contenti di essere cristiani e figli della Chiesa! – ha esclamato –. Lo diciamo con un grido di gioia più forte delle grida di dolore che pur sentiamo nel mondo”.
Hanno partecipato alla cerimonia di questo lunedì 10 Cardinali, 16 Vescovi e migliaia di persone, tra cui anziani, immigrati, bambini, rom e disabili, amici speciali della Comunità di Sant'Egidio. Fuori dalla Basilica di San Bartolomeo sono stati allestiti 4 maxischermi per permettere a tutti di seguire l'evento.
Al termine, Benedetto XVI ha ricevuto in dono un'icona realizzata dal laboratorio iconografico della Comunità di Sant’Egidio raffigurante il Beato Franz Jägerstätter, morto per la sua opposizione al nazismo e le cui reliquie sono custodite nella Basilica dell'Isola Tiberina.
di Roberta Sciamplicotti
ROMA, lunedì, 7 aprile 2008 (ZENIT.org).- Nel martirio la forza dell'amore vince la morte, ha spiegato questo lunedì pomeriggio Benedetto XVI presiedendo a Roma una celebrazione della Parola in memoria dei Testimoni della Fede del XX e XXI secolo.
La cerimonia si è svolta nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina nel 40° anniversario della Comunità di Sant’Egidio, alla quale Papa Giovanni Paolo II ha affidato la chiesa quindici anni fa, stabilendo nel 2000 che in essa venisse alimentato il ricordo dei nuovi martiri.
Il Pontefice ha definito l'incontro “un pellegrinaggio alla memoria dei martiri del XX secolo, innumerevoli uomini e donne, noti e ignoti che, nell’arco del Novecento, hanno versato il loro sangue per il Signore”.
Di quelli ricordati nella Basilica, “tanti sono caduti mentre compivano la missione evangelizzatrice della Chiesa”, mescolando il proprio sangue a quello dei cristiani autoctoni a cui era stata comunicata la fede; “altri, spesso in condizione di minoranza, sono stati uccisi in odio alla fede. Infine non pochi si sono immolati per non abbandonare i bisognosi, i poveri, i fedeli loro affidati, non temendo minacce e pericoli”.
Tra questi, il Vescovo Oscar Romero, il Cardinale Posadas Ocampo e don Andrea Santoro, sacerdote romano ucciso a Trebisonda (Turchia) il 5 febbraio 2006.
“Perché questi nostri fratelli martiri non hanno cercato di salvare a tutti i costi il bene insostituibile della vita? – ha chiesto il Papa – Perché hanno continuato a servire la Chiesa, nonostante gravi minacce e intimidazioni?”.
“Hanno versato il loro sangue e si sono purificati nell’amore – ha risposto –: nell’amore di Cristo che li ha resi capaci di sacrificarsi a loro volta per amore”.
In questo modo “si diventa amici di Cristo”, ha osservato; “così ci si conforma a Lui, accettando il sacrificio fino all’estremo, senza porre limiti al dono dell’amore e al servizio della fede”.
“Nella sconfitta, nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce una forza che il mondo non conosce”: “è la forza dell’amore, inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta. E’ la forza che sfida e vince la morte”.
Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, ha spiegato il Papa, diventano anche loro, come Gesù, oggetto di persecuzioni e “segno di contraddizione”.
“La convivenza fraterna, l’amore, la fede, le scelte in favore dei più piccoli e poveri, che segnano l’esistenza della Comunità cristiana, suscitano talvolta un’avversione violenta. Quanto utile è allora guardare alla luminosa testimonianza di chi ci ha preceduto nel segno di una fedeltà eroica sino al martirio!”, ha esclamato.
Benedetto XVI si è quindi rivolto ai membri della Comunità di Sant’Egidio, incoraggiandoli a imitare “il coraggio e la perseveranza nel servire il Vangelo, specialmente tra i poveri”, che ha caratterizzato i martiri.
“Siate costruttori di pace e di riconciliazione fra quanti sono nemici o si combattono – ha detto loro –. Nutrite la vostra fede con l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio, con la preghiera quotidiana, con l’attiva partecipazione alla Santa Messa”.
“L’autentica amicizia con Cristo sarà la fonte del vostro amore scambievole – ha aggiunto –. Sostenuti dal suo Spirito, potrete contribuire a costruire un mondo più fraterno”.
Sottolineando come “la Parola di Dio, l’amore per la Chiesa, la predilezione per i poveri, la comunicazione del Vangelo” siano state “le stelle” che li hanno guidati nel testimoniare “sotto cieli diversi l’unico messaggio di Cristo”, il Pontefice ha auspicato che i membri della Comunità continuino ad essere ispirati dall'esempio dei martiri, per poter essere “veri amici di Dio e autentici amici dell’umanità”.
“Non temete le difficoltà e le sofferenze che questa azione missionaria comporta – ha concluso –: rientrano nella 'logica' della coraggiosa testimonianza dell’amore cristiano”.
Nel suo saluto al Santo Padre, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, ha affermato che le vite dei martiri “parlano di un amore forte come la morte”.
Questi fratelli e queste sorelle, ha spiegato, “non hanno vissuto per sé: scandalo per il mondo del Novecento, che ha fatto sua suprema legge il 'salva te stesso', gridato a Gesù sotto la croce”.
Ricordando i 40 anni della Comunità, Riccardi ha spiegato detto che l’amore per la Parola di Dio ha guidato sempre i suoi membri “sulla via dell’amore. Verso gli altri. Soprattutto i più poveri, di Roma, poi del mondo, con i loro dolori, le loro malattie – l’AIDS -, le loro guerre”.
“Siamo contenti di essere cristiani e figli della Chiesa! – ha esclamato –. Lo diciamo con un grido di gioia più forte delle grida di dolore che pur sentiamo nel mondo”.
Hanno partecipato alla cerimonia di questo lunedì 10 Cardinali, 16 Vescovi e migliaia di persone, tra cui anziani, immigrati, bambini, rom e disabili, amici speciali della Comunità di Sant'Egidio. Fuori dalla Basilica di San Bartolomeo sono stati allestiti 4 maxischermi per permettere a tutti di seguire l'evento.
Al termine, Benedetto XVI ha ricevuto in dono un'icona realizzata dal laboratorio iconografico della Comunità di Sant’Egidio raffigurante il Beato Franz Jägerstätter, morto per la sua opposizione al nazismo e le cui reliquie sono custodite nella Basilica dell'Isola Tiberina.
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