Pagine

venerdì 15 febbraio 2008

Padre Brown boccia la provetta


Eugenetica e altri malanni recensito da Avvenire...
Cliccando il nostro titolo si viene rinviati alla pagina dell'Avvenire.


di Lorenzo Fazzini

RISCOPERTE. Fin dal 1921 lo scrittore inglese Chesterton combatteva i sostenitori dell’eugenetica: «Giocano d’azzardo con i nostri corpi»

L’ inventore di padre Brown contro i creatori di una «buona stirpe» nata da menti razziste e scientiste. Questo è l’eugenetica, un misto di stupidità culturale, fanatismo scientifico e arroganza politicamente corretta velatamente nemica dei poveri. E se nella stagione a cavallo
tra Otto e Novecento il positivismo aveva contagiato le classi dirigenti d’Europa – una delle prime norme eugenetiche è quella della Camera britannica che nel 1912 decise la carcerazione dei «deboli di mente» –, oggi è la scienza biomedica (come testimonia il recente evento
dell’embrione nato da 3 genitori) a decidere come «deve essere» l’uomo per nascere. Con quel mix di ironia sagace e gusto del paradosso di cui è intessuta la sua produzione saggistica, anche su questo tema, già «caldo» prima della Grande Guerra, il noto scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton si gettò a capofitto con una sua personalissima battaglia intellettuale. Di mira aveva quella «scienza stantia, la stessa prepotenza burocratica e lo stesso terrorismo dei professori di quint’ordine» che hanno fatto nascere la prassi con cui si vuole selezionare il meglio della razza umana. Si legge con gusto questo Eugenetica e altri malanni che Cantagalli Editore manda in libreria il 25 febbraio (pp. 344, euro 22); un inedito di GKC (come l’autore si firmava) rimasto sconosciuto in Italia dal 1921, data in cui l’autore raccolse scritti e interventi sul tema, e che fornisce nuove motivazioni a chi vuole difendere la dignità dell’uomo. A partire – suggerisce lo scrittore – da una presa di coscienza morale: «La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale». Per Chesterton tutto ciò può venire da quell’«indirizzo di pensiero, collettivo e inconfondibile» che è appunto l’intendimento di migliorare la razza umana. Una saggia operazione di contrasto dell’eugenetica deve affrontare il nodo del linguaggio dato che «gli eugenisti sono eufemistici»: «Le parole brevi li allarmano, mentre le parole lunghe li tranquillizzano».
Chesterton coglie nel segno, visto lo sforzo linguistico con cui uno dei procedimenti biomedici che ledono in maniera eugenetica la dignità dell’uomo, qual è l’aborto, veniva eufemisticamente veniva un tempo designato come «interruzione di gravidanza», oggi invece come «diritto alla salute sessuale». Vi è poi la prospettiva utilitaristica a tradire quello che GKC definisce «la speranza e l’entusiasmo sincerissimi degli eugenisti»: «Non sanno quello che vogliono, salvo che vogliono l’anima e il corpo vostri e miei per scoprirlo»; e per fare questo gli eugenisti violano impunemente quello che il cattolicissimo Chesterton designa come «il santuario del sesso». Ricorrendo ad un’azzeccata metafora, i demiurghi delle provette risultano degli sconsiderati: «Non voglio incriminare nessuno se dico che gli eugenisti sono semplicemente dei
giocatori d’azzardo. Il giocatore spericolato non ha denaro in tasca, ha solo idee in testa. Questi giocatori non hanno idee in testa, hanno soltanto denaro in tasca».
Chesterton tratteggia poi quali potrebbero essere le infauste conseguenze di una società eugenetica: «Ci si troverà in una situazione non priva di aspetti comici, in cui il cittadino esercita ancora in teoria poteri imperiali sui quattro angoli della terra, ma non ha potere alcuno sul proprio corpo e anima. Sarà consultato circa la delicata crisi diplomatica creata dal previsto matrimonio dell’Imperatore della Cina, e non gli sarà permesso di sposare chi gli pare». «L’atto di fondare la famiglia, ripeto, era un’avventura individuale al di fuori delle frontiere dello Stato –spiega profeticamente in altro luogo Chesterton –. I nostri primi e dimenticati antenati lasciarono dietro di sé questa tradizione; e i nostri stessi genitori non molti anni fa ci avrebbero presi per pazzi nel vederci discuterla. La definizione più concisa dell’eugenetica, quanto al suo lato pratico, è che essa si propone, in maggiore o minore misura, di controllare talune famiglie come se fossero famiglie di schiavi pagani, o peggio». E se la salute delle persone diventa un discrimine per avere figli, attenzione all’assurdo, avverte Chesterton: se si vuol bloccare la discendenza di un soggetto affetto di tisi, potremmo non aver avuto un genio della poesia come Keats o un romanziere come Stevenson. O anche il sordo – per via ereditaria – Beethoven.

Nessun commento:

Posta un commento