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martedì 17 ottobre 2006

Tempi n° 27 del 29/06/2006

'Gli occhi miracolosi' di Chesterton, il genio dimenticato che profetizzò astemie dittature islamiste e mali eugenetici
70 anni fa scompariva l'autore di apdre Brown e dell'uomo che fu giovedì. La sua attualità, il suo realismo e la sua ironia nelle parole del presidente della soceità chestertoniana italiana

di Persico Roberto

In una conferenza tenuta a Toronto nel 1930, su "La cultura e il Pericolo Incombente", Gilbert Keith Chesterton spiegò che il "pericolo incombente" non era il bolscevismo, perché il bolscevismo era stato messo alla prova, e «il miglior sistema di distruggere un'utopia è realizzarla». Non era neppure un'altra guerra mondiale, anche se questa sarebbe scoppiata «quando la Germania farà la stupida sul confine polacco». Il pericolo incombente era «la sovrapproduzione intellettuale, educativa, psicologica, artistica che, insieme alla sovrapproduzione economica, minaccia il benessere della civiltà contemporanea. La gente sarà inondata, accecata, assordata e mentalmente paralizzata da un profluvio di esteriorità, che non le lascerà tempo per il piacere, il pensiero o la creatività».
Contro questo pericolo c'è, sei secoli dopo Dante, un solo rimedio: lo sguardo. «Dammi occhi miracolosi per vedere i miei occhi / questi specchi rotanti che vivono in me / cristallo terribile / più incredibili di tutte le cose che vedono» scrisse GKC in una poesia. Già in un racconto pubblicato sul giornale della scuola aveva narrato di un ragazzo preso per matto dai vicini perché si stupisce di tutto quel che gli altri danno per scontato. La "conversione" del professor Eames, l'intellettuale pessimista di "Manalive", avviene nel momento in cui la luce dell'alba illumina le cose come fosse il primo mattino del mondo: «E sulla piccola città accademica le cime dei vari edifici presero ciascuna una tinta diversa: qui il sole rilevava lo smalto verde d'una guglia, là i tegoli rossi d'un villino, altrove gli ornamenti d'ottone di qualche bel negozio o le ardesie azzurrognole del tetto aguzzo d'una vecchia chiesa. E queste creste variopinte sembravano aver ciascuna un che d'individuale e di stranamente significativo, come cimieri di cavalieri famosi, in un corteggio o sul campo di battaglia: ciascuna attraeva lo sguardo, e specialmente quel disperato sguardo di Eames, errante sullo spettacolo d'un'aurora che per lui doveva essere l'ultima. Il sole cresceva in una gloria che tutti i cieli erano incapaci di contenere; ma la distesa delle acque si dorava, fluiva e pareva sufficiente alla sete degli dei».
Settant'anni fa quegli occhi si chiudevano; ma le tracce di quello sguardo rimaste nei suoi scritti guidano ancora le pupille di molti a guardare il mondo nel suo splendore, e a ringraziare il suo Creatore. Lo abbiamo ricordato insieme a Marco Sermarini, il vulcanico fondatore e presidente della Società Chestertoniana italiana.
Perdoni la curiosità: come le è venuta l'idea di fondare una "Società Chestertoniana"?
Per il desiderio di raccontare a tutti qualcosa di bello, utile, affascinante e costruttivo per la vita. Nulla di intellettuale. Alcuni amici e io avevamo in comune la lettura delle opere di questo grande - grande in tutti i sensi - e abbiamo deciso che bisognava cercare di comunicare a tutti il tesoro di questo inglese bizzarro, pieno di... carne e paradossi, che ci ha reso l'inestimabile servigio di renderci più chiara, ragionevole e lieta la vita.
Com'è nata la sua passione per Chesterton?
È stato come un fiume carsico, che scompare e quando non te l'aspetti ricompare. Avevo cinque o sei anni, vedevo in tv le storie di un pretino piccolo e arguto, che mirava a far convertire piuttosto che condannare i rei. Era il 1970-71, il pretino era padre Brown interpretato da Renato Rascel. Sei puntate memorabili, con qualcosa di vero, oltre la trama in sé, che non capivo ma forse presentivo. Poi finirono, e quel pretino simpatico cadde apparentemente nel dimenticatoio. Non avevo la più pallida idea di chi fosse Chesterton, ma un bel giorno - decenni dopo - trovai allegato a un settimanale L'Uomo che fu Giovedì. Iniziai a leggere, capii che meritava, volevo trovare altro. Andai in libreria, chiesi, e scoprii che era l'autore dei Racconti di Padre Brown della mia infanzia! Dopo anni mi sembrò di riabbracciare un caro vecchio amico. Scoprii pure che Chesterton si era convertito al cattolicesimo dopo averne cantato la ragionevolezza per decenni. Capii l'Origine di quel fascino. Oggi, cerco di avere tutto quello che c'è in giro su di lui, e mi rendo conto, putroppo, che è stato praticamente dimenticato.
Perché?
Incomprensibile. È uno dei pochi scrittori cattolici del 900 che sia riuscito a dare corpo, con giudizi ragionevolmente fondati e artisticamente interessanti, alla razionalità della fede, scrivendo gialli ma anche saggi e opere di critica letteraria ancora validissimi. Per decenni è stato tradotto in decine di lingue, esistono sue edizioni italiane già dagli anni Dieci. Borges disse di aver passato ore felicissime leggendolo...
Il motivo dunque dell'oblio?
Mah! Qualcuno dice: non era né filo capitalista né tanto meno marxista (fu uno degli inventori delle teorie distributiste con Belloc e padre McNabb), e nel mondo della Guerra fredda non sapevano dove metterlo. Forse, più semplicemente, era un cattolico vero, senza sensi di colpa e non andava più di moda...
Cosa fa dunque la Società Chestertoniana?
Vogliamo ridare lustro a questo nome facendolo circolare il più possibile. Da quattro anni organizziamo il "Chesterton Day", in cui ne celebriamo il genio e la simpatia con incontri, musica, buon cibo e buon vino (GKC amava tutto questo). Qualche trasmissione radiofonica. Un bollettino on-line che inviamo gratuitamente a chi ne fa richiesta.
Ma vale ancora la pena leggere GKC oggi?
Alcuni suoi scritti sono a dir poco profetici. L'Osteria volante immagina un'Inghilterra in cui si instaura un governo filoislamico che vieta l'uso degli alcolici; in Eugenics and other evils intravide quasi cento anni fa tutti i problemi di eutanasia, eugenetica e leggi 40 varie con cui combattiamo oggi. Chesterton poi scrisse che sarebbe arrivato un giorno in cui avremmo dovuto difenderci con le armi per affermare che due più due fa ancora quattro: non le pare questo il momento?

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