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Il vincitore dell’indovinello chestertoniano è...

È Antonio DF, che ha scritto:

Se mi è concesso dare una seconda risposta, direi che un concetto simile è espresso anche nel saggio "Cercasi uomo non pragmatico" in "Cosa c'è di sbagliato nel mondo".

———

La sua risposta è esatta anche se è la seconda che ha dato, essendo stata comunque la prima tra le risposte ad essere esatta.

Ora, caro Antonio, palèsati presso la Segreteria Volante e avrai il premio che meriti, ossia un libro di Chesterton a scelta offerto dalla SCI presso Pump Street!!!

Ci abbiamo messo tempo perché tra Natale e cose varie...

sabato 29 dicembre 2018

Un aforisma al giorno

Agli uomini non piacerà ciò che non osano difendere.

Gilbert Keith Chesterton, G. K.'s Weekly12 Dicembre 1931

giovedì 27 dicembre 2018

Chesterton in altre parole - Maisie Ward, Chesterton, bambini e Natale...

Dalla festa di Natale a Overroads (la sua prima casa a Beaconsfield, Buckinghamshire) tutti gli adulti erano esclusi - senza baby sitter, senza genitori. I bambini si sarebbero appesi al collo di Gilbert in un'estasi di affetto e lui e Frances organizzavano per loro infiniti giochi.

Maisie Ward, Chesterton

mercoledì 26 dicembre 2018

Un aforisma al giorno

Gli scienziati moderni sono persuasi che ogni indagine debba necessariamente cominciare con un dato di fatto. Anche le guide religiose dell'antichità erano persuase che ciò fosse necessario. Loro cominciavano con il fatto del peccato - un fatto pratico come le patate. Un uomo poteva o meno essere lavato in acque miracolose, ma non c'era dubbio, in ogni caso, che volesse lavarsi. Ma ai nostri giorni certi leader religiosi di Londra, non dei semplici materialisti, hanno cominciato a negare non l'assai contestabile efficacia dell'acqua, ma l'incontestabile sporcizia. Certi nuovi teologi mettono in discussione il peccato originale, che è l'unico aspetto della teologia cristiana che può veramente essere dimostrato.

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

martedì 25 dicembre 2018

È Natale e allora lo riproponiamo... e Buon Natale!

Sembra una favola ma invece è tutto vero perché è davvero accaduti così. Ripropongo questo "aforisma" per dire che l'amicizia è la vera cifra del Cristianesimo, perché Dio si è fatto uomo cioè nostro amico, e Chesterton questa cifra l'aveva ben chiara, ed uno dei doni che fa ai suoi amici è proprio quello dell'amicizia.

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Sono davvero il fantasma di Shakespeare? E posso venire per il tè?

- Gilbert Keith Chesterton a Clare e Barbara Nicholl


Chi erano Clare e Barbara Nicholl? Erano due bambine che lo avevano invitato a casa per un tè, perché per Clare lui era l'amico che sempre aveva sognato e la reincarnazione di Shakespeare. Le due ragazze e le altre tre sorelle Nicholl furono amiche per sempre di Gilbert e Frances (che dire di più?)... 


in Joseph Pearce, Wisdom and Innocence - A life of G. K. Chesterton



Gilbert a Lyme Regis, dove con sua moglie si incontrarono con le ragazze Nicholl.

lunedì 24 dicembre 2018

Buon Natale! Buon Natale!

Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! Buon Natale! 

https://uomovivo.blogspot.com/2014/12/e-troppo-bello-e-lo-riproponiamo-buon.html?m=1

Un aforisma al giorno

Siamo cristiani e ci preoccupiamo sia del corpo che dell'anima.

Gilbert Keith Chesterton, G.K.'s Weekly (20 Giugno 1925): 290.

sabato 22 dicembre 2018

Aneddoti su Chesterton - Senza biglietto sul treno...

Sappiamo dalla diretta testimonianza di Chesterton che in un'occasione egli avrebbe perso il biglietto del treno e non sarebbe stato in grado di esibirlo quando il controllore entrò nel vagone. Ma un resoconto ci dice che il controllore lo rassicurò che tutto sarebbe stato sistemato, e GKC avrebbe risposto: "Grazie per la vostra gentilezza, ma vedete, dato che ho perso il mio biglietto, non so dove dovrei andare".

venerdì 21 dicembre 2018

Un aforisma al giorno

Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo. È questo il suo significato, proprio come guarire da una paralisi non significa rinunciare a muoversi, ma imparare a farlo. 
Gilbert Keith Chesterton, La Chiesa cattolica

mercoledì 19 dicembre 2018

Un aforisma al giorno

Cristo stesso fu un regalo di Natale.

(Christ Himself was a Christmas present).

Gilbert Keith Chesterton, The Spirit of Christmas

Il partito della Contea: J. R. R. Tolkien e il distributismo | Radio Spada

«In verità sono un hobbit (in tutto meno che nell'altezza). Mi piacciono i giardini, gli alberi e le campagne non meccanizzate. Fumo la pipa e gradisco il cibo buono e semplice. […] Vado a letto tardi e mi alzo tardi (quando possibile). Non viaggio molto».
Quella di J. R. R. Tolkien è la delicata (e ironica) testimonianza di un uomo appassionatamente innamorato della propria terra. Per il professore di Oxford, infatti, i piccoli abitanti della Contea rappresentano «la rustica popolazione inglese […], di taglia ridotta perché essa riflette la portata generalmente limitata della loro immaginazione, non la scarsa portata del loro coraggio o della loro forza latente». Allo stesso modo, come Tolkien scrisse nel 1956 in una lettera al suo editore, la Contea «è basata sull'Inghilterra contadina», e la sua toponomastica è una sorta di parodia di quella reale.
Il resto qui sotto:

Christmas Poem - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

Nel recente splendido volume : "La famiglia, regno della libertà" edito dalla Casa Editrice Guerrino Leardini & Centro Missionario Francescano con la Società Chestertoniana Italiana, si sono raccolti degli scritti di Chesterton anche inediti sulla famiglia, uno ogni giorno dell'anno, con un titolo significativo per ogni mese. Il mese di dicembre, con riferimento ovvio al Santo Natale, il titolo scelto esplicita la visione soprannaturale del grande scrittore cattolico inglese: "Il Dono più grande". Credo che queste riflessioni sul senso pieno del Natale possano condensarsi in questo Christmas Poem, dal quale ho tratto alcune frasi che ci invitano a meditare:
"Laggiù una madre senza posa camminava,
fuori da una locanda ancora a vagare;
nel paese in cui lei si trovò senza tetto,
tutti gli uomini sono a casa.
Quella stalla malconcia a due passi,
fatta di travi instabili e sabbia scivolosa,
divenne qualcosa di così solido da resistere e reggere
più delle pietre squadrate dell'impero di Roma.
Perché tutti gli uomini hanno nostalgia
anche quando sono a casa,
e si sentono forestieri sotto il sole,
come stranieri appoggiano la testa sul cuscino
alla fine di ogni giornata.
Qui combattiamo e ardiamo d'ira,
abbiamo occasioni, onori e grandi sorprese,
ma casa nostra è là sotto quel cielo di miracoli
in cui cominciò la storia di Natale.
Un bambino in una misera stalla,
con le bestie a scaldarlo ruminando;
solo là, dove Lui fu senza un tetto,
tu ed io siamo a casa.
Abbiamo mani all'opera e teste capaci,
ma i nostri cuori si sono persi – molto tempo fa!…
Di notte presso una capanna all'aperto
giungeranno infine tutti gli uomini,
in un luogo che è più antico dell'Eden
e che alto si leva oltre la grandezza di Roma.
Giungeranno fino alla fine del viaggio di una stella cometa,
fino a scorgere cose impossibili che tuttavia ci sono,
fino al luogo dove Dio fu senza un tetto
e dove tutti gli uomini sono a casa".

lunedì 17 dicembre 2018

Un aforisma al giorno (ma di Belloc, oggi - insuperabile!)

Le due disabilità gemelle che segnano l'Uomo Pratico ovunque si trovi sono: l'incapacità di definire i propri principi fondamentali e l'incapacità di seguire le conseguenze derivanti dalla propria azione. Entrambi procedono da una semplice e deplorevole forma di impotenza, l'incapacità di pensare.

Hilaire Belloc, Lo Stato Servile

Un aforisma al giorno

La risposta a chiunque parli della sovrappopolazione è chiedergli se egli fa parte della popolazione in eccedenza o, in caso contrario, come sa di non esserlo. Questa è la risposta che lo Spirito di Natale dà a Scrooge.

Gilbert Keith Chesterton, Introduzione a A Christmas Carol di Charles Dickens

Grande ritorno! Indovinello chestertoniano!

Leggete l'aforisma nel post qui sotto:

Il quiz è il seguente: in quale altra opera Chesterton esprime questo medesimo concetto, seppure con altre parole?

È una mia fissa personale, però mi piacerebbe continuare a dimostrare la sistematicità del Nostro Caro Amico.

Le risposte potranno essere fornite solo attraverso il commento al presente post (no Facebook! no commenti su Facebook! no Twitter! no risposte su Twitter! no email!).

Vincerà chi azzecca e, in caso di azzecco, chi primo arriva.

Premio?

Un volume di Chesterton offerto gentilmente da noi della SCI ed acquistato su Pump Street.

Vi aspetto numerosi. È per tenervi desti.

Marco Sermarini 

Un aforisma al giorno


Un cattolico è una persona che ha trovato il coraggio di affrontare l'incredibile e inconcepibile idea che qualcos'altro possa essere più saggio di lui.

Gilbert Keith Chesterton, Il pozzo e le pozzanghere 

Un aforisma al giorno (sistematico)

Il modo più breve per arrivare alla pratica è attraverso la teoria.

Gilbert Keith Chesterton, Illustrated London News, 28 Luglio 1906.

martedì 11 dicembre 2018

Un aforisma al giorno (molto vero!)

In quella paralisi del sistema comune che si chiama plutocrazia, permettiamo ai poteri intrinsecamente antisociali di non attaccare la società, ma piuttosto di controllarla. 

Gilbert Keith Chesterton, Illustrated London News, 28 Ottobre 1916.

Un aforisma distributista al giorno

Tutta la psicologia di una società capitalista non è divisa tra la massa proletaria che pensa non in termini di proprietà ma di "occupazione", e i pochi proprietari che soli conoscono   i meccanismi dell'amministrazione?

Hilaire Belloc, Lo Stato Servile

venerdì 7 dicembre 2018

Questo l'avevamo perso...

E' uno dei tanti articoli usciti quest'estate quando si è riparlato della possibile apertura del processo di beatificazione di Chesterton.

https://www.dailymail.co.uk/news/article-5828183/Father-Brown-author-G-K-Chesterton-set-saint-300-years-miracle-conceptions.html

Un aforisma al giorno

Credo nel cristianesimo, e la mia impressione è che un sistema debba essere divino, se è sopravvissuto a tanta folle cattiva gestione.

Gilbert Keith Chesterton, Illustrated London News, 6 Ottobre 1906.

mercoledì 5 dicembre 2018

Comprate questo libro bellissimo!

"L'obiettivo di un Nuovo Anno non è che abbiamo un nuovo anno. È che abbiamo una nuova anima e un naso nuovo; nuovi piedi, una nuova schiena, nuove orecchie e occhi nuovi. A meno che un particolare uomo non prenda decisioni per il Nuovo Anno, non prenderà alcuna decisione. A meno che un uomo non cominci da capo con le cose, senz'altro non farà niente di efficace. A meno che un uomo non parta con la strana ipotesi di non essere mai esistito prima, è certissimo che non esisterà mai in seguito. A meno che un uomo non nasca di nuovo, non entrerà in nessun modo nel Regno dei Cieli".

Gilbert Keith Chesterton, Lunacy and Letters, "January One". 

--- Da LA FAMIGLIA, REGNO DELLA LIBERTA', vale a dire un anno in compagnia di GKC. 

Il libro si può acquistare scrivendo a laperlapreziosa@libero.it

Un aforisma al giorno (troppo vero, troppo bello)

La vita di Francis Newman (il fratello del beato John Henry Newman, ndr) è così ben realizzata che ci si rammarica quasi che la sua lucidità non sia stata impiegata in qualche argomento più popolare, come, per esempio, il fratello di Newman, il grande e controverso Cardinale. Eppure (quando ci si pensa) è molto strano che Francis Newman debba essere il soggetto impopolare e il Cardinale Newman quello popolare. Francis Newman si è gettato in ogni causa moderna; era in ogni tendenza del suo tempo; era per gradi un Puritano, un Unitariano e un Agnostico; era un antivivisezionista, un vegetariano e un sostenitore del suffragio femminile; era all'avanguardia in ogni recente vittoria progressista; ed è dimenticato. John Henry Newman fece ruggire di risate tutti proponendo di ricostruire i monasteri e fare onore a Sant'Aidan e a Sant'Edmund. Ma il risultato è che i modernisti e tutto il mondo moderno difficilmente riescono a tenere il suo nome lontano dalle loro penne. Non so quale morale ci sia in questo, se non che il modo giusto per conquistare l'amore del mondo è combatterlo. 

Gilbert Keith Chesterton, The Daily News, 22 Settembre 1909

G.K. Chesterton, Il mondo sta diventando più cupo? (1906) | grazie a Umberta Mesina

Vedo che quell'elegantissimo ed efficace scrittore che è il signor G. S. Street ha avuto da ridire circa le mie sottolineature natalizie in questo giornale e la mia richiesta di falò.[1] Egli dissente in maniera assai benevola; direi in maniera assai natalizia, se non fosse che certe frasi festive sono aperte all'equivoco. Quel che dice di me posso permettermi di tralasciarlo, perché so che sarà cordiale e fin troppo lusinghiero. Ma quel che dice della razza umana non è lusinghiero per niente. Dice che la razza umana sta diventando meno gioviale. Se intende che tale razza in quest'ultimo brandello decennale di tempo e in quest'unico brandello di Europa è divenuta via via meno gioviale, può essere vero. Può essere vero e potrebbe ben presto essere falso. La scienza moderna può aver bandito la giovialità, come i puritani bandirono la giovialità. Ma i puritani non la bandirono per molto. Una serietà come la serietà puritana, una serietà come la moderna serietà scientifica possono essere annoverate solo tra le fuggevoli e perfino fantastiche scorribande della nostra storia. La solennità puritana fu una delle frivolezze dell'umanità. La solennità scientifica è una delle sue burle, una delle sue serate libere. È una mera pagliacciata, ma invece che dipingere le cose di rosso le dipinge di blu. Simili tragedie accadono solo raramente, e quasi per caso: la tragedia di Milton, che abbandona la poesia per scrivere libelli scurrili; la tragedia di Darwin, che perde il suo amore umano per la musica a causa di un amore inumano per le informazioni. Simili tragedie, dico, avvengono raramente e presto svaniscono. Ma la cosa fissa ed eterna nella vita umana è la commedia. La commedia dell'uomo sopravvive alle tragedie degli uomini.
Prendiamo come eccellente esempio proprio l'espressione contro cui il signor Street protesta. Non gli piace il mio desiderio di vederlo danzare intorno a un falò. Non cercherò di tergiversare sulla questione; non negherò che mi piacerebbe che il signor Street danzasse intorno a un falò. Vederlo che se ne danza all'intorno mi farebbe piangere di commozione. Siccome sarebbe ingiusto verso di lui farlo danzare da solo, raccomanderei caldamente che il signor Arthur Symons, il signor Robert Hichens e specialmente il signor William Archer[2] gli dessero una mano e che facessero il giro insieme. Il signor Archer dopo due o tre giri sarebbe un altro uomo. Mi affretto ad aggiungere che non intendo dire che la trasformazione sarebbe desiderabile; uso la frase nella sua accezione colloquiale. Ma, come dicevo, prendiamo questo caso dei falò. I falò si stanno estinguendo? C'è un declino nei falò, che indichi un declino nella gaiezza? No davvero. Gli uomini primitivi, quando erano felici, accendevano falò. Gli universitari di Oxford e Cambridge, in cappotto e colletto moderni, quando sono felici accendono falò. Niente è più chiaramente radicato e permanente dell'utilizzo comico dei falò. Ma ciò che fu veramente superficiale e fuggevole, ciò che svanì come una moda relativa alle cuffiette da signora, fu l'uso tragico dei falò. Ci fu un tempo, soprattutto dal quindicesimo secolo fino all'inizio del diciassettesimo, in cui la gente cercò di usare i falò seriamente. Li usarono per consumare filosofi eccentrici che non potevano essere convinti a concordare con la comunità. Era un concetto pragmatico; ma la cosa fu abbandonata. Fu uno dei cupi scherzi dell'umanità (come la sociologia moderna) e, siccome era cupo, morì alla svelta; proprio come è morto il maltusianismo. Nel caso che qualcuno fosse in preda all'antica impressione che questo genere morboso di falò sorga solo in connessione con la teologia, varrà la pena sottolineare che esso è stato risuscitato; nel più progressista e moderno dei paesi. Certi americani ogni mettono uomini sul rogo. E gli americani sono peggiori dei morbosi fanatici del quindicesimo secolo; perché i fanatici religiosi arrostivano gli uomini allo scopo dichiarato di unirli in un'unica Chiesa; gli americani arrostiscono gli uomini allo scopo dichiarato di dividerli in due razze. È nella terra di Edison e dei pasti-lampo che Torquemada vive ancora. Laggiù mangiano velocemente, bevono velocemente, viaggiano e fanno affari velocemente. C'è qualcosa che fanno lentamente? Sì, gli uomini li uccidono lentamente. Ma, come dicevo, queste sono le nere frivolezze dell'uomo; e passeranno. Il linciaggio passerà come è passato Smithfield.[3]Se dunque il signor Street intende dire che c'è, o che ci sia da un mezzo secolo o giù di lì, una moda del dolore, ha perfettamente ragione; c'è una moda del dolore e, come è normale in questi casi, relativamente poco dolore e un bel po' di moda. Spiritualmente e filosoficamente ci siamo messi in nero. Spiritualmente e filosoficamente dismetteremo il nero. Perfino adesso il pessimismo subisce le sue prime sconfitte e già c'è rivolta contro la rivolta.
Ma io penso che il signor Street intenda in realtà molto più di questo. Intende che la razza umana da molto tempo, forse fin dall'inizio, sta diventando sempre meno gioviale. Intende che la razza umana, fin dal principio, è diventata sempre più cupa. Ebbene, riguardo a questa particolare cosa bisogna che sia detto questo, e che sia detto seccamente e con decisione. La razza umana non sta diventando sempre più qualcosa fin dall'inizio. La razza umana non sta diventando sempre meno qualcosa dall'inizio. Se progresso c'è stato, non c'è stato alcun progresso che si possa esprimere semplicemente in termini di una certa tendenza o una certa cosa. Se regresso c'è stato, non c'è stato regresso che si possa chiaramente definire come regresso in un particolare aspetto. Se una qualunque tendenza fosse andata avanti costantemente fin dall'inizio, il mondo non sarebbe vario com'è adesso. Se ogni cosa fosse andata diventando sempre più rossa, a quest'ora sarebbe rossa l'erba. Se ogni cosa fosse andata diventando sempre più verde, a quest'ora sarebbe verde il sangue che abbiamo nelle vene. Se l'intera umanità fosse andata diventando sempre più gioviale, non avremmo in mezzo a noi nessuno con la bella malinconia del signor G. S. Street. E se l'intera umanità fosse andata continuamente diventando (come suggerisce il signor Street) sempre meno gioviale, non esisterebbe in tutto l'insieme dell'umanità un ottimista come me. Mi avrebbero dato la caccia e ammazzato come un lupo molto tempo fa.
Ma quando il signor Street arriva a sviluppare la sua obiezione al mio Natale gioviale, egli mostra inconsapevolmente la totale debolezza della sua posizione; la totale debolezza della posizione di molti dei brillanti membri della modernità tra i quali egli ha un posto. Comincia, come ho detto, dicendo che la razza umana sta diventando meno gioviale. Prosegue sviluppando una difesa veramente toccante di quelli che se ne stanno tristi a Natale. Dice che "se facciamo così, è perché abbiamo ricordi, non perché siamo cinici". Ma termina chiedendo con tutta la pompa e severità del caso come io possa aspettarmi che le persone che devono prendere gocce d'arsenico dopo colazione per distendere i nervi possano divertirsi a schiantare petardi.[4]
Seriamente, non è sufficiente l'esempio? La razza umana sta diventando meno gioviale. E se chiediamo notizie della razza umana, veniamo indirizzati a un insieme di persone che prendono gocce d'arsenico per distendere i nervi dopo ogni mortale colazione che mangiano. La razza umana prende gocce d'arsenico per distendersi i nervi? L'immagine è alquanto selvaggia e suggestiva. Un'ampissima porzione della razza umana (come nelle nostre grandi città) non ha mai colazioni degne del nome. Sono costretti a tralasciare la colazione, ma speriamo che non tralascino le gocce d'arsenico. E quando usciamo dalla nostra assai sgradevole civiltà, quel rilassamento post-colazione diventa sempre più strano e pittoresco. Il greve contadino del Sussex (e indiscusso rappresentante della razza umana) incespica insonnolito verso la sua colazione, che consiste interamente di birra. Beve prima la birra e poi l'arsenico? O si accontenta dell'arsenico che è già nella birra?[5] Il pastore sulle alture scozzesi non si cura della sua colazione di porridge se non è seguita da una seconda portata di arsenico. Il Re delle Isole dei Cannibali dopo aver mangiato otto Vescovi Coloniali prende un po' di arsenico, come dice il signor Street, per distendere i nervi.
No: abbandonando i simbolismi, io non penso che la razza umana nell'insieme stia prendendo arsenico dopo colazione. Non penso che la razza umana stia minimamente diventando meno gioviale. Una certa razza di letterati forse sta diventando meno gioviale. Ma nella misura in cui diventano meno gioviali stanno semplicemente diventando meno parte della razza umana. Se c'è una porzione della nostra popolazione che deve prendere arsenico per distendere i nervi, è senz'altro del tutto evidente che una tale porzione sta diventando meno umana. E qualunque altra cosa essa crei – quadri, poesie o opere musicali – non è affatto verosimile che crei una razza. No! L'ultima e più importante lezione di umiltà che noi letterati dell'Europa occidentale dobbiamo imparare è che la razza continuerà ad essere sana anche se noi continuiamo ad essere morbosi. Un tempo era il nostro primo motivo di orgoglio che la nostra saggezza avrebbe salvato il mondo. Adesso è l'ultimo nostro motivo di orgoglio che almeno la nostra follia rovinerà il mondo. Non farà niente del genere. L'umanità sarà così occupata in sempiterno a sparare mortaretti dopo cena che non saprà nemmeno se noi abbiamo preso la nostra medicina dopo colazione.
I petardi sono, in effetti, un simbolo singolarmente perfetto di questa giovialità permanente, di questa festa che va avanti fin dall'inizio del mondo. Perché i petardi, come i falò, sono belli perché c'è in essi un tocco della spaventevole bellezza del fuoco. Sono amati dai bambini e da tutte le persone che sono semplici e disarsenicizzate (che parola gioiosa) perché mettono insieme la promessa del piacere con il debolissimo accenno a catastrofe e terrore. La gloria principale dei petardi non è che contengono motti (non sono ancora vecchio abbastanza da curarmi dei motti), la gloria principale dei petardi non è nemmeno che contengono cappellini colorati o fischietti striduli da far male, benché queste siano cose senza prezzo; la gloria principale dei petardi è che fanno il botto. Un petardo combina le virtù di un gran forziere del tesoro e di una piccola pistola. E anche se si potrebbe dire, e dirlo con verità, che i petardi non sono qualcosa di eterno come i falò, che nel corso del tempo il signor Tom Smith e i suoi collaboratori spariranno come vecchi modelli di cappelli e cappotti, tuttavia anche qui vediamo la verità principale sulla quale ho attirato l'attenzione. Anche qui la commedia dell'umanità è più costante della tragedia dell'umanità. Perché c'è sempre stato un solo tipo di petardo fin da quando ero bambino. E c'è stato ben più che un solo tipo di cannone.
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[1] Non ne ho trovato traccia negli articoli dell'Illustrated London News. È possibile che si trovassero nello speciale natalizio che l'ILN pubblicava ogni anno; i numeri speciali però non sono presenti nelle raccolte della Ignatius Press. Nell'edizione normale, l'articolo natalizio di Chesterton nella rubrica settimanale fu "The Neglect of Christmas", che nell'edizione IP ha la data del 13 gennaio 1906 (perché la IP pubblica l'edizione statunitense, che normalmente era posteriore di due settimane rispetto a quella inglese). In italiano l'articolo è pubblicato sul sito della Società Chestertoniana Italiana col titolo "L'abbandono del Natale".
[2] [Nota dell'edizione Ignatius Press] Arthur William Symons (1865-1945) fu poeta, traduttore, critico ed editore; furono pubblicati molti volumi dei suoi versi e saggi critici. Nel 1908 soffrì di un crollo nervoso da cui non si riprese mai del tutto. Robert Smythe Hichens (1864-1950) era il critico musicale della rivista The World. Fu anche autore di saggi macabri e romanzi drammatici (spesso ambientati nel deserto). William Archer (1856-1924) fu critico teatrale e giornalista. Era considerato moralista, anticlericale e violentemente nazionalista.
[3] [Nota dell'edizione Ignatius Press] Riferimento a un'area di Londra utilizzata come luogo di esecuzioni capitali, soprattutto i roghi dei martiri protestanti durante il regno della regina Maria.
[4] Gli aggeggi di cui si parla qui (crackers) sono dei giocattoli natalizi, non sono i petardi come li intendiamo noi (firecrackers). Questi giocattoli sono fatti di un tubo di cartone avvolto da una carta colorata chiusa a somiglianza di una grossa caramella. Quando si tirano le estremità della "caramella", il cilindro si spezza in due con un piccolo schianto (crack, il nome viene da qui). Nel cilindro si trovano piccole sorprese, come cappellini colorati di carta o altro, e bigliettini. Tom Smith, più avanti, è il nome della persona che si pensa abbia inventato questi giocattoli. Siccome a chi ha i nervi deboli un cracker dà fastidio come un firecracker – e siccome, soprattutto, per noi i cracker sono un'altra cosa – non mi è parso utile mantenere il nome.
[5] All'inizio del Novecento, in Inghilterra ci furono molti casi di avvelenamento accidentale da arsenico e si scoprì che il veleno proveniva dalla birra, come risultato di un'adulterazione del malto utilizzato per produrre birra su larga scala. Tale adulterazione era legale, per abbassare i costi, e ovviamente non era previsto che desse luogo ad avvelenamenti ma era anche una sofisticazione: come sarebbe fare il vino con lo zucchero anziché con l'uva! In Parlamento ci furono tentativi di riformare le leggi relative e tornare alla "birra pura", cioè quella tradizionale, e all'inizio del 1906 era in discussione alla Camera dei Comuni un Pure Beer Bill. Alla discussione partecipò anche Hilaire Belloc, che era allora deputato liberale per Salford South ed era favorevole al Bill.

Questa traduzione appartiene
alla Società Chestertoniana Italiana




martedì 4 dicembre 2018

Che significa lealtà - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Non c'è modo di curare la confusione di pensiero se non ritornando ai luoghi comuni morali".


L'11 novembre 1911, Chesterton pubblicava sull'Illustrated London News (con il titolo: " The meaning of Loyalty") una serie di riflessioni molto profonde sul significato della lealtà. Era consapevole dello slittamento semantico delle parole al punto da vederne la crisi della civiltà, l'irrequietezza e l'instabilità di una "rivoluzione" che scardinava la libertà nella verità: "Oggigiorno le parole sono insieme sfrenate e sottomesse; in effetti, sono sfrenate perché sono state sottomesse ed è esattamente perché il loro significato è divenuto smorto e convenzionale che la loro applicazione è stravagante e a volte farsesca". Si era soffermato sulla "lealtà" come in precedenza lo aveva fatto sul significato del "voto", intendendolo quest'ultimo come legame con l'intelletto e vincolo morale. Il valore della lealtà costituiva quindi per Chesterton qualcosa di molto importante che lo investiva nella sua persona, in tutti i suoi ambiti, anche quello che potremmo chiamare la "nobiltà del sentimento": "La miglior definizione di lealtà è il sentimento dovuto a quelle cose con le quali abbiamo, in un certo senso, un impegno vincolante all'infinito". Non era tuttavia un sentimento esclusivo, personale, particolare ma, al contrario, apparteneva all'uomo in quanto uomo e quindi era universale: "Così un uomo deve lealtà a sua madre, anche se lei si dà al bere o alla politica dei partiti: può essere commisurato con un dono che è mistico e assoluto: il dono della vita stessa, e una vita data rischiando la morte…allo stesso modo un uomo deve lealtà al suo paese, perché egli non è in grado, neanche nell'immaginazione, di segnare alcun limite a ciò di cui è debitore alla cultura e all'ordine collettivi che hanno protetto la sua culla e dato forma alla sua mente". Questa profonda riconoscenza e riverenza si poteva ascrivere a quel sentimento di gratitudine che Chesterton nutriva per tutto ciò che ontologicamente il Creatore ci aveva dato: "Un uomo deve lealtà a quella Chiesa o religione che egli creda realmente essere divina…un vincolo di gratitudine così smisurato come quello di sentirsi dire la verità vera sulle cose. Tutte queste realtà hanno una radice nella ragione o nella natura delle cose". Pertanto, affermava il grande scrittore inglese, la mamma, la patria, la Chiesa costituivano in pienezza ciò che egli definiva con il termine "lealtà": "Questo è il vero senso della parola "lealtà"; e tutti i suoi usi secondari, quando sono legittimi, sono soltanto derivati da questo, così la lealtà di sudditi a un re, così l'obbedienza di monaci o penitenti…questa dunque è la lealtà: amare qualcosa come uno ama la propria madre, con una gratitudine infinita per un dono infinito". Lealtà significava assenza di tradimento, lode alla vita, lode al Creatore, lode alle proprie radici, mentre "tradimento" era ancora un termine morale per precisare quanti avessero abbandonato ciò che li doveva vincolare all'infinito. "Lealtà" la si poteva conservare con una visione trascendente, con un rapporto con il Creatore da creatura ferita dal peccato originale e tuttavia gioiosa e riconoscente di tutto: "La lealtà è dovuta solo a queste cose onnipresenti, queste cose che trattengono un uomo con un milione di radici; perché la lealtà, in fin dei conti, è dovuta solo a quella cosa ancor più alta che ci ha fatto tutti e che è al di sopra di tutti".

domenica 2 dicembre 2018

Un aforisma al giorno

È sorta un'abitudine stupida nella polemica moderna che consiste nel dire che... qualche dogma fosse credibile nel dodicesimo secolo, ma non sia credibile nel ventesimo secolo.  Si potrebbe anche dire che una certa filosofia possa essere creduta il lunedì, ma non il martedì.

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia