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giovedì 31 agosto 2017

G. K. Chesterton, Come non farlo - G. K.'s Weekly, 16 Maggio 1935

G.K. Chesterton
COME NON FARLO
G.K's Weekly, 16 maggio 1935
(Traduzione di Umberta Mesina)

Ci sono due modi riconosciuti per discutere con un Comunista; e sono sbagliati tutti e due. C'è anche un terzo modo che è giusto ma non è riconosciuto. Ora, io ho l'idea che, per un motivo o per l'altro, una parte notevole del nostro tempo sarà presto impegnata a discutere coi Comunisti. E mi piacerebbe accennare sia pure a grandi linee questa mia idea riguardo al modo giusto di farlo.
Curiosamente, i due modi più comuni di contraddire il Comunismo si contraddicono l'un l'altro. Il primo consiste nell'accusare il Bolscevico di ogni vizio. Il secondo, curiosamente, consiste nell'accusarlo di ogni virtù. Praticamente consiste nel contrapporre tutti i nostri vizi alle sue virtù; o supposte virtù. Questo è di gran lunga il più pericoloso dei due espedienti, perfino suicida; ma la sua natura richiede qualche spiegazione.
Il primo metodo comune, o convenzionale, perlomeno è abbastanza semplice. Il capitalista dice al Comunista: "Tu non entrerai in casa mia, perché so che le appiccheresti il fuoco; non parlerai alla mia famiglia, perché so che li faresti saltare in aria; sei un volgare ladro e assassino e io sono una persona altamente rispettabile e morale; e non come questo russo". Ora, a me non piace parlar così a un Bolscevico; perché non mi piacerebbe parlar così a uno scassinatore. È farisaico; e i farisei sono per i cristiani un nemico assai più antico dei marxisti. Ma comunque preferisco questo all'altro metodo, che trovo anche troppo diffuso tra coloro che affermano di difendere la proprietà o l'individualismo contro l'eresia marxista. Esso consiste in realtà nel dire al Comunista che è un idealista, o in altre parole che deve per forza aver torto per il fatto che ha degli ideali. In questo secondo caso, il Capitalista dice al Comunista: "Tu credi in un sacco di bubbole a proposito della fratellanza tra gli uomini; ma io, come uomo concreto, ti dico che ogni uomo vuole metter le mani su più che gli è possibile a proprio vantaggio, e negli affari schiaccerà perfino suo fratello se appena potrà. Ogni uomo deve obbedire a questo istinto di cupidigia". (Ho letto queste precise parole di recente in un attacco alla teoria bolscevica.) "Non puoi far funzionare le cose senza l'intrapresa privata; e non puoi produrre intrapresa privata senza allettarla o ricompensarla con lo scintillio della proprietà privata". 
Le persone usano contro il Comunismo questi argomenti, come se fossero i soli argomenti contro il Comunismo; e poi si sorprendono che un gran numero di persone più giovani e appassionate diventino comuniste. Non sembrano vedere che, per questi giovani, il Capitalista in questione pare solo che stia dicendo: "Io sono un vecchio avido furfante e ti proibisco di essere qualcosa di diverso". 
Ebbene, il vero, pieno e decisivo argomento contro il Comunismo è che la proprietà privata è molto più importante dell'intrapresa privata. Un borsaiolo rappresenta un'intrapresa privata, ma ci sarebbe difficile affermare che sia un sostenitore della proprietà privata. La proprietà privata non è un allettamento che esiste a vantaggio dell'intrapresa privata. Al contrario, l'intrapresa privata è semplicemente uno strumento o un'arma che a volte può essere utile per difendere la proprietà privata. Ed è necessario difendere la proprietà privata; semplicemente perché l'altro suo nome è libertà. Da un lato, non si tratta di una pura e semplice rispettabilità convenzionale; al contrario, l'uomo che ha una qualche proprietà e privatezza è il solo che può vivere liberamente la propriavita. 
Dall'altro lato, non si tratta di puro e semplice permesso di commerciare, tanto meno del permesso di barare; al contrario, tutta l'importanza della proprietà sta nel fatto che solo in essa può essere nutrito naturalmente il sentimento dell'onore. Ci vorrebbe un po' di spazio per spiegarlo, e potrebbe volerci un po' di tempo per spiegarlo al Comunista. Ma perlomeno il Comunista ascolterebbe un po' più a lungo questo che non un tale che si vantasse solo delle proprie virtù o un tizio che si vantasse semplicemente dell'avidità.  


Sul distrbutismo:

G. K. Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo, Rubbettino, 2011 - 2016

G. K. Chesterton, Il profilo della ragionevolezza, Lindau

Hilaire Belloc, Lo stato servile, Liberilibri, 1993,

ed altro ancora!

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mercoledì 30 agosto 2017

What's wrong with the world al tavolo dei Monaci di Norcia

Forse non tutti sanno che i monaci di Norcia conservano l'antichissima tradizione di leggere un libro al tavolo durante i pasti. Ecco, in questo periodo stanno leggendo il bellissimo libro di Chesterton What's wrong with the world.

Come lo so? Lo so!

Prendiamo esempio!

Marco Sermarini

martedì 29 agosto 2017

Padre Brocard Sewell: Chesterton, la Fede e i cigni neri - di Luca Fumagalli

Ospitiamo il seguente articolo di Luca Fumagalli, che ringraziamo, su un personaggio poco noto del mondo chestertoniano, dal carattere e dalla vicenda davvero particolari.

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«Quando il Cambridge History English Literature pubblicherà i suoi volumi riguardanti il XX secolo, penso sia molto importante che il nome di Padre Brocard Sewell appaia nell’indice». Così scriveva nel 1982 il critico e saggista Colin Wilson, amico di vecchia data del frate carmelitano. 
In effetti la vita culturale di Sewell fu a dir poco effervescente: oltre ad essere stato autore di molti libri, tra cui un classico minore dell’autobiografia come My Dear Time’s Waste (1966), in cui è brillantemente descritto il panorama letterario britannico tra le due guerre, collaborò con Chesterton al «G.K.’s Weekly» e, a patire da metà degli anni ’50, in qualità di direttore del periodico «The Aylesford Review», diede spazio a tanti scrittori emergenti, in seguito destinati al successo. 
Lo spirito allegro e l’affabilità permisero a Padre Sewell di radunare intorno a sé autori appartenenti a movimenti letterari tra i più eterogenei. Henry Williamson, Ann Quin, Bernardine Bishop, Laura Del Rivo, Michael Hestings e altri ne divennero i protégés, uniti dalla sua enorme e disinteressata passione per la letteratura. 
Come studioso il carmelitano dimostrò invece un interesse spasmodico per gli scrittori “minori”. A Montague Summers, Frederick Rolfe “Baron Corvo”, John Gray, R. S. Hawker e Olive Custance dedicò vari lavori, tra cui il volume miscellaneo Like Black Swans (1982). Sewell era soprattutto affascinato dalla genesi del processo creativo e dalla biografia tormentata di autori che dovettero soffrire e lottare per ottenere un qualche riconoscimento. Lui stesso, d’altronde, era un outsider, uno spirito irrequieto che faticò sempre a trovare una collocazione stabile. Quando rivolgeva lo sguardo alla letteratura decadente, di cui era grande esperto, di certo scorgeva in quei misteriosi e inquietanti artisti un riflesso della propria parabola esistenziale, quella di un cigno nero che poté spiccare il volo solo dopo aver pagato un carissimo prezzo.
Nato nel 1912 a Bangkok, dove il padre lavorava come insegnante, Michael Sewell trascorse l’infanzia con i nonni a Launceston, in Cornovaglia (la madre era morta poco dopo il parto). Studiò al Weymouth College dimostrando sin da subito una scarsa attitudine per le materie scientifiche. La sua media voti nelle verifiche di matematica era così imbarazzante da diventare presto oggetto del benevolo dileggio dei compagni, con i quali aveva comunque un ottimo rapporto. D’altro canto Sewell eccelleva nelle materie umanistiche, in particolare storia e letteratura. Grazie alle assidue frequentazioni della biblioteca scolastica poté leggere non solo i grandi classici inglesi, ma anche le opere di Chesterton e Belloc, due intellettuali che da tempo avevano iniziato a incuriosirlo. Sempre più ostile all’aridità spirituale che caratterizzava le giornate al Weymouth College, il giovane Michael aveva infatti iniziato ad avvicinarsi al cattolicesimo, una Fede che ai suoi occhi appariva più salda rispetto all’anglicanesimo e al suo contraddittorio impianto teologico. Era rimasto affascinato anche dal Movimento Distributista che, sulla scorta dell’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, si poneva come un’alternativa sul piano economico-sociale al capitalismo e al socialismo. 
A 16 anni, lasciata la scuola a causa delle ristrettezze economiche della famiglia, per Sewell fu dunque naturale candidarsi per un posto da tuttofare al «G.K.’s Weekly». Presso gli uffici di Fleet Street svolgeva ogni tipo di mansione, rimanendo al lavoro spesso fino a tardi. Scrisse pure qualche recensione libraria e si occupò di gestire la sezione londinese della Lega Distributista. Questa esperienza, durata solamente pochi mesi, contribuì a rafforzare in lui l’inclinazione al cattolicesimo, portandolo a 18 anni a entrare finalmente nella Chiesa di Roma. 
Per quanto breve, il rapporto con Chesterton e i suoi collaboratori fu per Sewell così importante che negli anni della maturità, oltre a una bella biografia di Cecil Chesterton e a un saggio dedicato a Padre Vincent McNabb, scrisse un volume di memorie intitolato G.K.'s Weekly: An Appraisal (1990).
Il suo successivo impiego alla St Dominic’s Press di Hilary Pepler, dove imparò l’arte dell’impaginazione e della stampa di libri, fu interrotto bruscamente dallo scoppio del secondo conflitto mondiale. Sewell venne arruolato nelle file della R.A.F, ma per la maggior parte della guerra svolse mansioni di ufficio.
Il congedo fornì a Michael l’occasione per seguire quella vocazione religiosa a cui, da diverso tempo, si sentiva chiamato. Dopo un tentativo fallito con i domenicani e uno con i canonici regolari, approdò definitivamente ai carmelitani, presso il priorato di Aylesford, nel Kent, venendo ordinato sacerdote nel 1954. Adottò il nome religioso di Brocard in onore di un priore del XIII secolo.
Aylesford era il luogo adatto per chi, come lui, prediligeva la quiete e la contemplazione. Le giornate, scandite da ritmi regolari, prevedevano l’alternanza tra preghiera e lavoro. I pasti comuni erano consumati nel silenzio mentre un lettore, di solito scelto tra i novizi, allietava i confratelli leggendo passi tratti degli scritti dei santi. Sewell, che mal sopportava l’egocentrismo, trovava nella vita comunitaria una dimensione ideale, il modo migliore per rinunciare a se stesso e per seguire Dio. 
La vita al priorato, però, non significava rompere ogni legame col mondo esterno. Mosso dal desiderio di trasformare il cattolicesimo in una forza rilevante nel dibattito culturale e politico britannico, prese le redini della casa editrice dei carmelitani, la Saint Albert’s Press, e nel 1955 fondò l’«Aylesford Review». Sotto la sua direzione il periodico, che durò fino al 1968 e che si occupava principalmente di letteratura, teologia e politica, attirò l’attenzione di un pubblico via via crescente, tanto che da molti prese a essere considerato l’erede morale del «Criterion» di T. S. Eliot.
Ma per Padre Brocard Sewell la serenità non era destinata a durare ancora a lungo. Anzi, i guai erano proprio dietro l’angolo. 
Se durante gli anni del Concilio Vaticano II Sewell fu tra i numerosi sacerdoti e intellettuali cattolici che manifestarono più di una riserva nei confronti della riforma liturgica, il 5 agosto del 1968, pochi giorni dopo la pubblicazione dell’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, apparve sul «Times» una lettera a sua firma in cui accusava il Papa di eccessivo conservatorismo, invitandolo addirittura ad abdicare. I toni, volutamente calcati, rispecchiavano in realtà il feroce dibattito che si stava consumando in seno al cattolicesimo a proposito del controllo delle nascite e del diritto della Chiesa di intervenire su simili questioni. I vescovi, da parte loro, ebbero un bel daffare per arginare il malcontento.  
L’epistola di Sewell, naturalmente, non tardò ad attirare l’attenzione dei superiori: al carmelitano fu prima impedito di predicare e confessare, dopodiché, quando nel 1970 fece l’azzardo di pubblicare un libro sulla questione, The Vatican Oracle, venne allontanato dalla diocesi di Southwark – dove si trovava Aylesford – e costretto a traferirsi in Canada (poté ritornare in Inghilterra solo pochi mesi prima della morte, avvenuta nel 2000). 
Giunto in Nuova Scozia, Sewell trascorse gli ultimi anni che gli rimanevano su questa terra insegnando storia della letteratura preraffaellita e decadente alla St Francis Xavier University di Antigonish, per poi spostarsi al Mount Carmel College.
L’esilio fu un periodo molto duro per lui, mitigato solo a tratti dall’affetto con cui ogni giorno era accolto in aula dagli studenti. Non solo gli mancava l’Inghilterra e gli amici che lì aveva lasciato, ma più di ogni altra cosa avvertiva che la Chiesa aveva perso definitivamente la sua battaglia con la modernità. Il drastico calo delle vocazioni e la galoppante secolarizzazione erano solo la punta dell’iceberg di una crisi che pareva inarrestabile. Nella sua seconda e definitiva autobiografia, The Habit of a Lifetime (1992), Sewell fu costretto ad ammettere che il cattolicesimo aveva ormai perso quella compattezza dottrinale che nel 1930 lo aveva spinto alla conversione. Per l’ “estremista di centro”, come lui stesso si definiva, si trattava di una terribile sciagura.
La preghiera e una certa autoironia chestertoniana che lo faceva assomigliare a Padre Brown, furono le due sole cose che salvarono il povero frate dalla disperazione. 
Se alla fine il cigno nero prese il volo, non c’è da dubitare che lo fece con occhi gonfi di lacrime.


Luca Fumagalli

domenica 20 agosto 2017

La Divina Poltrona e la Signorina Prim al Meeting di Rimini (dentro casa nostra)

Ricordo a tutti che martedì 22 agosto alle 18:00 presso il Padiglione A del Meeting di Rimini, nello stand dell'Associazione Santa Caterina da Siena presenteremo l'esperienza delle scuole parentali paragonata al contenuto del volume il Risveglio della signorina Prim di Natalia Sanmartin Fenollera, un vero e proprio romanzo distributista Che parla indirettamente dell'esperienza dell'educazione secondo le arti liberali, quindi qualcosa di molto molto vicino all'esperienza della scuola libera Chesterton.

Inoltre venerdì 25 agosto alle 11:00 sempre presso il padiglione A, nello stand dell'associazione Santa Caterina da Siena, i ragazzi della scuola Chesterton presenteranno il volume La divina poltrona ed altre comodità, di Gilbert Keith Chesterton.

I veri Chestertoniani non mancheranno di sicuro!

In ogni caso vi aspetto, così ci salutiamo!

Marco Sermarini

giovedì 17 agosto 2017

Riproponiamo John Kanu e La storia di questa bandiera | Scuola libera G. K. Chesterton

Per capire bene chi è John Kanu leggete questo post dal sito della Scuola Chesterton di San Benedetto del Tronto.

È una storia di vera libertà, non di posti fissi, lagne e cervelli in fuga ("non tornerò mai in Italia..."), o di paesi che ci vanno stretti.

La Società Chestertoniana contribuisce a costruire occasioni come queste, non lavora per la nuova schiavitù.

http://www.scuolachesterton.org/la-storia-di-questa-bandiera/

Disastro in Sierra Leone, John Kanu e i suoi stanno bene

La Sierra Leone 🇸🇱 è stata funestata da un disastro naturale. Oltre trecento persone (stima provvisoria) hanno perso la vita a Freetown, la capitale, a causa di un'inondazione.

Alcuni di voi, con buon cuore, ci hanno chiesto notizie di John Kanu, il nostro eroe sierraleonese che sta salvando il suo popolo dalla nuova schiavitù del capitalismo con il distributismo di Chesterton e Belloc. John è stato nostro ospite due volte, nel 2013 e nel 2016, e anche con il vostro aiuto ha potuto dare vita alla Chesterton Tools for Development Vocational School, una scuola professionale nata coi nostri martelletti, zappette, cucine, piccoli trapani... una cosa bellissima.

Abbiamo contattato John Kanu che ci ha risposto così:

«Yes Marco, we are all fine. Thank God we survived.
Thanks Marco for your moral support. Things are improving today... less rain. We hope it will be ok. Greetings to you all».

Allora ringraziamo Nostro Signore e preghiamo per le vittime, mentre ricordiamo che in Africa abbiamo amici.

lunedì 14 agosto 2017

Un aforisma al giorno




tratto dalla prefazione a La ballata del cavallo bianco

Fotografie del falò del 30 luglio 2017

Le performance dei nostri amici chestertoniani veronesi in una pagina di Roberto Prisco, in arte Rob (che ringraziamo per le foto e l'entusiasmo).


http://www.chesterton.it/gkc/Foto%202017.htm

domenica 13 agosto 2017

Un aforisma al giorno

Lo riproponiamo perché è verissimo e perché contrasta la diabolica mentalità del successo, dell'io al centro, del narcisismo e altro ancora.

L'umiltà è la madre dei giganti. Si vedono cose grandi dalla valle, solo cose piccole dalle cime.

Gilbert Keith Chesterton, L'innocenza di padre Brown 

venerdì 11 agosto 2017

Chesterton's “Father Brown” Tackles the Decalogue

Ignatius Press (la casa editrice fondata dal gesuita padre Joseph Fessio che sta pubblicando tutta l'opera omnia di Chesterton) pubblica una raccolta dei Racconti di Padre Brown incentrata sui Dieci Comandamenti.

http://m.ncregister.com/blog/kschiffer/chestertons-father-brown-tackles-the-decalogue#.WY34HUHOPYU

La Divina Poltrona al Meeting

Venerdì 25 agosto alle ore 11:00 ci sarà la presentazione del libro La divina poltrona ed altre comodità di Gilbert Keith Chesterton - a cura dei ragazzi della Scuola Libera Gilbert Keith Chesterton.

Il simpatico e interessante evento si terrà al Meeting di Rimini, Padiglione A, nello stand dell'Associazione Santa Caterina da Siena.

L'evento è sostenuto da Pump Street.

Sarà una cosa molto bella! Invitate i vostri amici!

mercoledì 9 agosto 2017

Un aforisma al giorno

Ogni educazione insegna una filosofia; se non col dogma, con il by suggerimento, l'implicazione, l'atmosfera. Ogni parte di quella educazione ha un nesso con ogni altra parte. Se non  converge nel trasmettere una qualche visione generale della vita,  non è per nulla un'educazione.

Gilbert Keith Chesterton, L'Uomo comune

martedì 8 agosto 2017

G.K. Chesterton su Jane Austen - Jane Austen Society of Italy (JASIT)

Un altro articolo di Chesterton su Jane Austen tradotto dalla nostra Umberta Mesina è stato ripreso anche dalla Società Austeniana Italiana. Lo condividiamo volentieri anche perché l'altro ha destato un certo interesse ed è stato letto da molte persone.

Un grazie ad Umberta che ci ha messo a disposizione i suoi sforzi (tradurre Gilbert non è mai una passeggiata - ci sono spessissimo significati non immediati da cogliere).

http://www.jasit.it/g-k-chesterton-su-jane-austen/#more-7328

sabato 5 agosto 2017

Un aforisma al giorno

L'educazione è solo la verità in uno stato di trasmissione, e come possiamo trasmettere la verità se non è mai passata per le nostre mani?

Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo 

venerdì 4 agosto 2017

Un aforisma al giorno

La verità è che oggi il mondo moderno si è votato a due concezioni completamente diverse ed inconsistenti dell'educazione. Tenta sempre di espandere lo scopo dell'educazione; e tenta sempre di escludere da essa tutta la religione e la filosofia. Ma ciò è un'assurdità bell'e buona. Si può avere un l'educazione che insegna l'ateismo perché l'ateismo è vero, e può essere, dal suo punto di vista, un'educazione completa. Ma non si può avere un'educazione che pretende di insegnare tutta la verità e poi rifiutarsi di discutere se l'ateismo è vero. 

Gilbert Keith Chesterton, L'uomo comune

Un aforisma al giorno

È tipico dei nostri tempi che piu dubitiamo del valore della filosofia, più siamo certi del valore dell'educazione. Il che significa che più siamo dubbiosi di possedere qualsiasi verità, più siamo certi (apparentemente) di saperlo insegnare ai bambini. Più piccola è la nostra fede nella dottrina, più grande sarà quella verso i dottori.

Gilbert Keith Chesterton, Illustrated London News, 12 Gennaio 1907.


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mercoledì 2 agosto 2017

La famiglia sotto l’attacco del «dispotismo commerciale» - Notizie Pro Vita

Bravo, Hofer, che lavori su Chesterton e ne trae buoni insegnamenti.

Altrimenti rimangono solo chiacchiere. Chesterton ha molto altro da dirci, e il distributismo è la chiave non solo per capire ma anche per cambiare la nostra vita.

https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/la-famiglia-sotto-lattacco-del-dispotismo-commerciale/

Intervista a G. K. Chesterton - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)



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1° agosto 2017

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INTERVISTA A G. K. CHESTERTON

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di Fabio Trevisan

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Qualcuno mi ha chiesto qualche consiglio di lettura riguardo l'opera di Gilbert Keith Chesterton. Premettendo che in italiano non è stata ancora tradotta almeno la metà dei suoi scritti (più di un centinaio di volumi tra saggi, romanzi, poemi oltre a migliaia di articoli in qualità di giornalista) e sperando di fare cosa gradita, suggerisco la lettura di alcune sue significative opere attraverso un'intervista immaginaria.

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Mr. Chesterton, lei ha scritto un saggio (Ortodossia, appunto) che è in realtà un sensazionale libro di sana dottrina cattolica. Potrebbe chiarire  che cosa intende per "ortodossia"?

La parola ortodossia vuol dire il Credo degli Apostoli, nel senso in cui è inteso da chiunque si chiami cristiano. Mi scusi se sorrido, ma non posso dimenticare le mie difficoltose avventure alla caccia dell'evidenza. Sono io che ho scoperto con inaudito coraggio quel che era stato scoperto prima. Quando fantasticavo di stare in piedi da solo, mi appoggiavo, senza saperlo, a tutto il cristianesimo.

Può precisare che cos'è per lei la fede?

Vorrei chiarire come la mia fede risponda ad un duplice bisogno spirituale, il bisogno di cose familiari e di cose stravaganti, quello che il cristianesimo ha chiamato romanzo. Romanzo ha in sé il mistero e l'antico significato di Roma. Questo è il sensazionale romanzo dell'ortodossia, della sana dottrina cattolica. Non c'è niente di così pericoloso ed eccitante come l'ortodossia. Mi creda, l'ortodossia è la saggezza e l'essere saggi è più drammatico che l'esser pazzi; è l'equilibrio di un uomo dietro cavalli – eretici – che corrono a precipizio. Ecco perché le dottrine, i dogmi devono essere definiti rigorosamente.

Perché, se mi consente di interromperla?

Perché l'uomo possa godere delle libertà umane. La Chiesa deve avere tutte le cure se si vuole che il mondo possa esser senza cura! Mi creda, è facile essere eretici, modernisti, magari un po' snob. Come ho già scritto, è sempre facile lasciare che un'epoca, come la nostra, si metta alla testa di qualche cosa; difficile è conservare la propria testa e, con la propria testa, la fede.

Mr. Chesterton, nella nostra epoca dove non solo non si riconosce la regalità di Cristo, ma si calpestano le radici cristiane tradizionali fino a voler bandire il crocifisso da tutti i luoghi, mi ha fatto ricordare quel brano tratto dal serratissimo confronto tra il Professor Lucifero e il monaco Michele…

 Allude quindi alla Sfera e la Croce …

Certo! A quell'apologo in cui il monaco si scontra con il professor Lucifero.

Si comincia con lo spezzare la croce e si finisce col distruggere il mondo abitabile. Si comincia a dire che nessuno deve entrare in chiesa contro la sua volontà e si finisce col dire che nessuno ha la volontà di entrarvi. La fede non è soltanto la madre di tutte le energie del mondo, ma i suoi nemici sono i padri di tutta la confusione nel mondo. I padri, i laicisti, non soltanto vogliono mettere da parte le questioni divine, ma distruggere, come i titani o i giganti, il mondo abitabile.

Lei ha scritto che il cristiano è il superstite di un naufragio, proprio come Robinson Crusoe: che cosa intendeva dire?

Robinson Crusoe è un uomo sopra un piccolo scoglio con poca roba strappata al mare: io ho sempre detto che la parte più bella del libro è la lista degli oggetti salvati dal naufragio. Ogni uomo è come fosse stato salvato da un naufragio: è sfuggito miracolosamente ad una triste sorte come quegli infanti che non vedono la luce. Un ottimo esercizio spirituale sarebbe quello di rammentare – come fa Padre Brown – che tutti gli uomini siano sfuggiti per poco, per un capello alla perdizione! Potremmo non esserci e invece ci siamo: non è meraviglioso?

Nella sua Autobiografia lei ha scritto che ciò che è meraviglioso nella fanciullezza è che in essa tutto è meraviglia e che il mondo non è semplicemente un mondo pieno di miracoli, ma un mondo miracoloso. Lei non ha mai dimenticato la sua fanciullezza?

Le confido che non ho mai tralasciato di giocare, e avrei voluto che ci fosse stato più tempo per giocare.

In un'altra opera, The Defendant (tradotta in italiano con il titolo: "Il bello del brutto") lei ha parlato della necessità di un difensore…

Esattamente! Un difensore è particolarmente necessario nel momento in cui i terrestri disprezzano la terra, la terra dei loro padri e non ne comprendano le radici, come nella nostra vecchia Europa cristiana.

Anche Innocent Smith, il protagonista del romanzo: "Le avventure di un uomo vivo", inseguiva lo scientista Dr. Warner cercando di riporgli sulla testa il cappello che un vento bizzarro aveva sollevato e fatto impigliare sui rami di un albero. "Ogni uomo è un re ed ogni cappello è una corona" diceva quell'uomo vivo…

Proprio così! Bisognava indurre gli uomini, persino il detestabile Dr. Warner, a comprendere la meraviglia e lo splendore di essere vivi. Il fine della vita dovrebbe essere l'apprezzamento, non lo svilimento. Non c'è senso nel non valutare le cose e nemmeno nell'averne tante, se si stimano poco. Questo nostro mondo ha uno scopo, e se c'è uno scopo c'è una persona. C'è Dio. Ho sempre inteso la vita come una storia: e se c'è una storia ci deve essere chi la racconta.

Qual è il motivo per cui vi siete unito alla Chiesa cattolica?

Soprattutto per liberarmi dai miei peccati. Non c'è nessun altro sistema religioso che dichiari veramente di liberare la gente dai peccati. La Chiesa ribadisce che il peccato confessato e pianto adeguatamente, vien di fatto abolito. Il peccatore inizia di nuovo a vivere come se non avesse mai peccato. Nel Sacramento della Penitenza Dio rifà il peccatore veramente a Sua immagine e, dopo la Confessione, l'uomo ritorna ad essere un esperimento del Creatore. Questa grazia viene fatta ad un prezzo ed è condizionata appunto dalla confessione dei peccati. In altre parole, il nome del prezzo è Verità, che può essere chiamata anche Realtà.

Anche il monaco Michele nella Sfera e la croce sembra assaporare quella gioia del confessionale ….

Il monaco sentì tutta l'intensità di quella gioia che gli orgogliosi non conoscono, perché nasce dall'umiltà. Coloro che per un miracolo sono sfuggiti alla morte, proprio come il monaco, coloro che si vedono perdonati i loro peccati; coloro che, inaspettatamente, si vedono riamati dalla persona amata: tutti costoro conoscono e sentono una simile gioia.

Mr. Chesterton, lei ha spesso attinto frasi dai Vangeli e dall'Antico Testamento, come ad esempio questo riferimento al Libro dei Proverbi"La Sapienza grida per le vie, sulle pubbliche piazze leva la voce". Ha voluto mettere in rilievo la dimensione pubblica della fede?

Certo! Ho sempre coltivato l'idea che la santità non si identificasse con la segretezza, anche se spesso il Santo si confonde con l'ordinarietà. Per questo motivo tutti i Santi assurgono a modelli di vita per il quotidiano: i Santi hanno testimoniato la possibilità di vivere il Vangelo giorno dopo giorno. Noi dovremmo imparare dai Santi: per me, San Francesco d'Assisi, San Tommaso d'Aquino e San Tommaso Moro sono stati estremamente preziosi e, quindi … (sorridendo) mi sono permesso di derubarli (scoppiando in una fragorosa risata).

Mi ha fatto improvvisamente ricordare il confronto tra Innocent Smith e il curato nelle Avventure di un uomo vivo, in cui fa dire loro: "Bisognerebbe rubare ai Santi e ai saggi, anziché rubacchiare le piccole cose del mondo" …

Il coraggio, talvolta fino al martirio, l'ardente carità e le nobili passioni che sono il patrimonio dei Santi dovrebbero essere rese pubbliche per poter essere messe a disposizione di tutti per il saccheggio. La funzione dei Santi, il loro modello eroico di virtù umane e cristiane, dovrebbero essere maggiormente conosciute per poter indicare come il cristianesimo possa essere effettivamente vissuto. I martiri cristiani erano ben più che dimostrazioni: fungevano da vera e propria propaganda dell'amore di Dio.

Lei ha parlato pure esplicitamente, nel San Tommaso d'Aquino, del paradosso dei Santi. Potrebbe spiegarne il significato?

Certamente il paradosso di cui faceva riferimento è una tendenza di ogni epoca a cercare di fare a meno dell'apporto salvifico dei Santi per ritrovarsi, paradossalmente, ad averne urgente bisogno.

Anche nel saggio su San Francesco d'Assisi ha rilevato quegli aspetti paradossali del poverello. Potrebbe illustrarli?

San Francesco ha manifestato degli atteggiamenti che avrebbero potuto apparire oscuri e incomprensibili per il loro ironico contrasto. Ho cercato di far vedere queste apparenti contraddizioni del Santo: "Perché Messer Sole si nascondeva sovente in un'oscura spelonca? Perché il Santo, così cortese con Frate Lupo, fu tanto severo con Frate Asino (così chiamava il suo corpo)? Perché il trovatore che diceva l'amore fiamma del suo cuore, si tenne lontano dalle donne? Perché il cantore, che gioiva della vitalità del fuoco, si rotolava deliberatamente nella neve?". Questo è il paradosso umoristico dei Santi, che sfugge al mondo moderno.

Mr. Chesterton, cosa potremmo fare per difendere la famiglia e proteggere la vita? Lei ne ha parlato nei saggi: "La superstizione del divorzio" e "Eugenetica e altri mali". In un'epoca, come la nostra, contrassegnata appunto dall'aborto, dal divorzio, dalla confusione sull'identità di genere, dalle convivenze e dalle unioni di fatto, che cos'è il matrimonio?

Non posso che ripetere quanto ho già scritto in difesa dell'indissolubilità del matrimonio: "E' la nebulosa vecchia idea dello scapolo, l'idea che l'unità del matrimonio, l'essere una sola carne, abbia qualcosa a che vedere con l'essere completamente felici, o essere completamente buoni, o anche completamente e continuamente innamorati! Ve lo dico io: un uomo di sani principi è parte di sua moglie anche quando non vorrebbe esserlo. Ve lo dico io: una donna di sani principi è parte di suo marito anche quando vorrebbe vederlo in fondo al mare. Ve lo dico io: siano i coniugi in armonia oppure in collera, felici o infelici, la Cosa continua a marciare".

 La Cosa?

Certo, la grande Cosa a quattro zampe, il quadrupede della casa, la famiglia! I coniugi sono una società, sono una sola carne! Nulla c'è di più grande di questo vincolo sacro ed a nulla valgono quelle unioni che lo indeboliscono.

C'è poi il problema dell'educazione, come lei ne ha parlato in "Ciò che non va nel mondo".

L'educazione è tradizione ed è una parola come "trasmissione" o "ereditarietà". Con essa si intende la trasmissione di certe idee ai nuovi nati. Può trattarsi anche di cose banali, ma se tuttavia sono tramandate da una generazione all'altra si chiamano educazione. Un insegnante si deve porre in continuità con il ruolo fondamentale educativo dei genitori e ciò che li accomuna è il condiviso concetto di autorità.

Non ci si può quindi sbarazzare dell'autorità nel campo educativo e formativo.

L'educatore deve trovare un credo e insegnarlo. In poche parole, deve essere ortodosso, dogmatico. Vi sono delle persone che vorrebbero separare i dogmi dall'educazione, ma i dogmi sono l'unica cosa che non può essere disgiunta dall'educazione.

Perché?

Perché i dogmi sono l'educazione. Un insegnante non dogmatico è semplicemente un insegnante che non insegna.

martedì 1 agosto 2017

Un aforisma al giorno (da caratteri cubitali)

La maggior parte degli uomini sono il frutto delle proprie teorie: la maggior parte degli uomini uccide o si sposa, o anche solo si sdraia a non far nulla,  proprio a causa di una certa teoria di vita, affermata attivamente o anche solo accettata passivamente.

Gilbert Keith Chesterton, Il poeta e i pazzi

Un aforisma al giorno

L'educazione è semplicemente l'anima di una società che passa da una generazione all'altra.

Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo

Dal Corriere della Sera - Pubblicata la pièce perduta di J. M. Barrie, l'autore di Peter Pan ed amico di GKC

 


Per chi vuole sapere un po' di più dei rapporti tra Chesterton e Barrie, che erano amici, basta cercare in questo blog! Grazie a Maurizio Serio per la segnalazione.