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Appunto su Pound - di Piccolo da Chioggia (da Totalità)

«In forma di un commosso e gentile ricordo, uno scritto» di Ezra Pound «è dedicato a Gilbert Keith Chesterton, difensore delle cause nobili e, al pari di Pound, sincero ammiratore dell'Italia».

Il resto in questo collegamento.


http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=6644&categoria=1&sezione=0&rubrica=


mercoledì 25 febbraio 2015

Un aforisma al giorno (il babbo è a fare la foto...)


La verità è che, per una persona moderatamente povera, la casa è l'unico luogo di libertà. Anzi, l'unico luogo di anarchia. È l'unico posto sulla terra dove un uomo può cambiare le regole senza preavviso, fare esperimenti o soddisfare un capriccio. In qualunque altro luogo si rechi, deve sottostare alle rigide norme del negozio, della taverna, del club o del museo nel quale gli capita di entrare. In casa sua può consumare pasti sul pavimento, se cosi desidera. Io, per esempio, lo faccio spesso: mi dà la curiosa, poetica, infantile sensazione di fare un pic nic. Ma creerei non poco imbarazzo se cercassi di comportarmi così nella sala da tè XYZ. In casa propria un uomo può girare in vestaglia e pantofole, ma sono sicuro che non potrebbe farlo al Savoy, anche se non ho mai verificato personalmente. (...) Per un uomo alla buona e gran lavoratore la casa non è soltanto un posto squallido in un mondo di avventure. È anche l'unico posto libero in un mondo di regole e di compiti assegnati.

Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo

lunedì 23 febbraio 2015

Potere persuasivo di Gilbert...

Una mamma di famiglia, che lasciamo rigorosamente nel più rispettoso riserbo ed anonimato, scrive quanto segue (vi garantiamo che è tutto vero):

"Domani sera ho organizzato un pic nic in casa. Se vuoi sapere perché leggiti Cosa c'è di sbagliato nel mondo. Mi sono gasata così tanto che lo faccio pure io con famiglia e G.".

Unico commento: si inizia anche così...

Un passo dell'Uomovivo, ma lo vogliamo in inglese...! E' molto bello! E ricordiamoci che tutto quello che luccica è oro.

"What would be the good of gold," he was saying, "if it did not glitter? Why should we care for a black sovereign any more than for a black sun at noon? A black button would do just as well. Don't you see that everything in this garden looks like a jewel? And will you kindly tell me what the deuce is the good of a jewel except that it looks like a jewel? Leave off buying and selling, and start looking! Open your eyes, and you'll wake up in the New Jerusalem

"All is gold that glitters
Tree and tower of brass;
Rolls the golden evening air
Down the golden grass.
Kick the cry to Jericho,
How yellow mud is sold;
All is gold that glitters,
For the glitter is the gold.
"

Gilbert Keith Chesterton, Manalive

venerdì 20 febbraio 2015

Un aforisma al giorno

L’ortodossia è non solo (come spesso viene messo in evidenza) l’unico guardiano sicuro della morale e dell’ordine, ma è anche l’unico guardiano logico della libertà, dell’innovazione e del progresso.
Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

Sabato 21/2/2015 dalle ore 21.00 il nostro presidente su Radio Maria sulla Scuola Libera "G. K. Chesterton"

La prossima puntata della trasmissione "La Dottrina sociale della Chiesa oggi", curata dall'Osservatorio di Dottrina Soviale Card. Van Thuan ogni terzo sabato del mese su Radio Maria, sarà dedicata al tema della "buona scuola". Questo sabato, dunque, 21 febbraio, dalle ore 21.00 alle 22.30, tratterranno l'argomento l'Avv. Marco Sermarini e l'Ing. Matthew Allen,  professionisti cattolici e padri di famiglie numerose accomunati dal praticare l'esperienza, alternativa a quella della "scuola di Stato" dell'homeschooling, o "scuola familiare". 

Nel collegamento qui sotto maggiori informazioni:

http://www.vanthuanobservatory.org/notizie-dsc/notizia-dsc.php?lang=it&id=2083

giovedì 19 febbraio 2015

Ancora Solzhenitsyn, ancora distributismo in altre parole (grazie, Umberta Mesina)

«Ogni sindacato e ogni corporazione si sforza, usando tutti i mezzi possibili, di conquistare la posizione più vantaggiosa nell'ambito economico, ogni azienda mira ad espandersi ininterrottamente, ogni partito vuol governare il proprio Paese, gli Stati di media grandezza vogliono diventare grandi e quelli grandi dominare il mondo. 

Siamo sempre più che pronti a porre limiti agli altri – è di questo che i politici si occupano – ma oggigiorno l'uomo che suggerisca che uno Stato o un partito, senza costrizione e solo rispondendo a un'istanza morale, dovrebbe limitare sé stesso, si tira addosso il ridicolo. 

Siamo sempre alla ricerca ansiosa di modi per tenere a freno l'avidità smodata dell'altro uomo ma di nessuno si sente che abbia rinunciato alla propria avidità smodata. La storia conosce molte occasioni in cui l'avidità di una minoranza fu tenuta a freno, con molto spargimento di sangue, ma chi terrà a freno l'avidità esasperata della maggioranza e in che modo? Questo è qualcosa che essa soltanto può ottenere.»

«L'idea dell'autolimitazione in una società non è un'idea nuova. La troviamo un secolo fa in quei cristiani a tutto tondo come i Vecchi Credenti russi»


 — A. Solzhenitsyn, Voci da sotto le macerie, 1973


mercoledì 18 febbraio 2015

Tweet da G.K. Chesterton (@GKCDaily)

Buona Quaresima a tutti!

G.K. Chesterton (@GKCDaily)
Asceticism is an act of freedom. Probably it is the freest of all acts of freedom.

#Lent2015


martedì 17 febbraio 2015

Un aforisma al giorno

Qualsiasi uomo può essere lodato, e a ragione. Anche soltanto stando in piedi su due gambe fa qualcosa che una mucca non sa fare.
Gilbert Keith Chesterton, L'utopia degli usurai
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/abilita/frase-148683?f=a:374>

lunedì 16 febbraio 2015

Fuochi verranno attizzati - di Fabio Trevisan - da Riscossa Cristiana

Fuochi verranno attizzati  

di Fabio Trevisan

"Le idee sono pericolose, ma l'uomo per cui sono più pericolose, è l'uomo senza idee… C'è un solo modo di proteggerci veramente contro l'eccessivo pericolo che rappresentano, ed è quello di essere imbevuti di filosofia e saturi di religione"

 .

zzertc

"Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate".

Queste frasi di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) riportate in corsivo sono spesso menzionate in convegni, blog, manifestazioni ed hanno avuto un considerevole successo in merito alle legittime battaglie contro l'ideologia gender. Siccome ho il sospetto che le citazioni chestertoniane non siano state lette nel contesto originario, a scanso di equivoci le riporto nel libro da dove sono state tratte.

Si trovano nella parte finale del saggio: "Eretici" del 1905, capitolo ventesimo dal significativo titolo: "Osservazioni conclusive sull'importanza dell'ortodossia". L'importante saggio (dedicato al padre) va letto in stretta continuità con il più famoso saggio successivo, Ortodossia del 1908 (dedicato alla madre), per almeno due motivi: 1) Eretici inizia con le Osservazioni preliminari sull'importanza dell'ortodossia, a ribadire quindi quanto la corretta dottrina fosse fondamentale ; 2) Ortodossia è una risposta alle lamentele di coloro che si erano risentiti dall'accusa di "eretici" e chiedevano a Chesterton di definire il suo pensiero.

Per Chesterton il tracollo mentale era qualcosa di manifesto (in Ortodossia uno dei primi capitoli si intitolava emblematicamente Il suicidio del pensiero) ed era conseguente all'attacco contro la metafisica ed i dogmi, come si trova esplicitamente dichiarato nel capitolo conclusivo del saggio Eretici"Il vizio nel concetto moderno di progresso intellettuale è quello di alludere sempre a qualcosa collegato con vincoli infranti, confini cancellati, dogmi scartati. Se esiste una cosa come la crescita intellettuale, questa deve indicare una crescita verso convinzioni sempre più definite, verso dogmi sempre più numerosi. Il cervello umano è una macchina per giungere a delle conclusioni…l'uomo può essere definito come un animale che produce dogmi…Se dunque, ripeto, deve esserci un progresso intellettuale, deve trattarsi di un progresso intellettuale nella costruzione di una precisa filosofia della vita. E quella filosofia della vita deve essere giusta e le altre filosofie devono essere sbagliate". La lunga citazione in cui mi sono dilungato si trova all'inizio del medesimo capitolo conclusivo e riassuntivo dove si possono cogliere le frasi iniziali in corsivo sovente menzionate.

Potremmo dire, usando le categorie moderne, che Chesterton si scagliava contro il "pensiero debole" ed il relativismo di cui ora sono imbevute le ideologie del gender: "Il mondo moderno è pieno di uomini che serbano i loro dogmi (gender, soggettivismo) con tanta forza che non sanno neppure che si tratta di dogmi…Accade che il progresso sia uno dei nostri dogmi, e un dogma corrisponde a qualcosa che non è ritenuto dogmatico". Contro l'arroganza di chi irrideva ai dogmi e all'ortodossia bisognava, per Chesterton, munirsi di una sana dottrina naturale e cristiana poiché la lotta per le buone idee costituiva una battaglia per difendere una filosofia completa della vita: "Le idee sono pericolose, ma l'uomo per cui sono più pericolose, è l'uomo senza idee…C'è un solo modo di proteggerci veramente contro l'eccessivo pericolo che rappresentano, ed è quello di essere imbevuti di filosofia e saturi di religione". 

Purtroppo il dibattito politico e culturale sulle questioni presentate da Chesterton è stato allora ed è ancor più ora deficitario, in quanto viziato dal concetto di "progresso intellettuale" e sbandierato come autentico inno libertario antidogmatico. Qualche riga prima delle frasi famose citate in corsivo, Chesterton riportava queste considerazioni di una stupefacente attualità: "Una divergenza di opinione sulla natura delle questioni parlamentari ha grande importanza; ma una divergenza di opinione sulla natura del peccato non ha alcuna importanza. Una divergenza di opinione sullo scopo della tassazione ha grande importanza; ma una divergenza di opinione sullo scopo dell'esistenza umana non ha alcuna importanza". In questo senso Chesterton poteva additare i pericoli della grande marcia della distruzione intellettuale: "Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo…Noi ci troveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto". 

E concludeva il libro: "Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto". Fanno rabbrividire queste meditazioni, che ci aiutano a comprendere meglio le citazioni spesso estrapolate dal suo pensiero. Riflessioni del 1905! Mi sia permessa un' ultima osservazione e qualche interrogazione un po' polemica: "Noi dove eravamo in tutti questi anni? Non ci siamo accorti di nulla?Perché non ci siamo mossi prima?Siamo imbevuti, come auspicava Chesterton, di filosofia e religione?".

venerdì 13 febbraio 2015

Un aforisma al giorno

C'è un vantaggio nelle radici, si chiama frutto.

Gilbert Keith Chesterton, La serietà non è una virtù da La serietà non è una virtù 

Un aforisma al giorno

L'errore di Peter Pan è insito nella nuova teoria della vita. Lo potrei definire il "Peter panteismo". È il concetto secondo cui non esiste alcun vantaggio nel mettere radici. Eppure se parlassimo in modo intelligente all'albero più vicino, l'albero ci direbbe che siamo degli stupidi senza spirito di osservazione.

Gilbert Keith Chesterton, La serietà non è una virtù 

giovedì 12 febbraio 2015

Tweet da Pump Street (@pump_street)

Pump Street (@pump_street)
Islam - dall'apostasia alla violenza - di Samir Khalil Samir - 16.80 euro
disponibile su pumpstreet.it pic.twitter.com/T68k633vG1


martedì 10 febbraio 2015

Se potessi prendere una sola citazione di Chesterton, quale sarebbe la tua preferita?

Imitando i nostri cugini americani che hanno chiesto: ma se potessi prenderne una sola, quale sarebbe la tua citazione preferita di Chesterton? estendiamo a voi questo arcano e difficilissimo quesito: se potessi prendere una sola citazione di Chesterton (opera assolutamente difficile e per l'Uomo Vivo praticamente impossibile), quale sarebbe la tua preferita?

Risposte commentando questo post e su Facebook.

Chiaramente non si vince niente se non il piacere psicofisico di vederle tutte allineate e coperte come soldatini.

Buon divertimento!

lunedì 9 febbraio 2015

Da Umberta Mesina - Elementi di distributismo: la scienza dell'economia

Grazie a Umberta Mesina - l'orginale è in questo collegamento: https://initaliano.wordpress.com/2015/02/07/la_scienza_dell_economia/

Mia traduzione dell'articolo Distributism Basics: The Science of Economics, di David Cooney, 19 dicembre 2013. Anche le note sono mie. 

Pagina-indice 

Sembra che esista una teoria, diffusa tra gli avversari del distributismo, secondo la quale i distributisti o non comprendono la scienza dell'economia oppure non credono che l'economia sia una scienza. A sentir loro, noi non accettiamo le leggi circa domanda e offerta, scarsità dei beni, la teoria dei rendimenti marginali o i molti altri aspetti della scienza economica. Questo, ovviamente, non ha senso.
Permettete che mi spieghi. Io non nego che tutto questo sia parte dell'economia. Il punto in cui noi distributisti ci troviamo in disaccordo con i nostri detrattori (perlopiù capitalisti) riguarda esattamente che tipo di scienza sia l'economia e come ognuno di quegli elementi dell'economia debba essere considerato in relazione ad altri elementi. Com'è che, prima del crollo economico del 2008, solo una manciata di economisti aveva predetto il collasso? In quale altra scienza gli "esperti", se le loro predizioni falliscono, possono permettersi di biasimare altri e contemporaneamente affermare che i loro modelli erano corretti?
La scienza è la disciplina che applica i principi della ragione ad un segno[1] per poter raggiungere una conclusione riguardo alla causa del segno osservato. Anche nei campi più teorici, la scienza si basa sui segni a disposizione. Qualunque scienza, se vuol essere accurata e utile, deve confrontarsi con i fatti a disposizione secondo la loro natura. Questo, secondo me, è dove gli "esperti" economisti sbagliano. Il motivo per cui dico che sbagliano su questo punto non è perché sia sbagliato ciò che essi studiano in campo economico, ma perché non includono nei loro modelli un elemento importante della natura dell'economia. Questo elemento sono le persone.
Con questo, non intendo che essi ignorino del tutto le persone, nei loro modelli economici. Se fosse così, la pubblicità non sarebbe un'industria miliardaria. I pubblicitari, tuttavia, sanno che persone diverse reagiscono a pubblicità diverse, e pur con tutta la loro vasta conoscenza del comportamento possono commettere errori monumentali. Perché dunque così tanti esperti di economia trattano l'economia come se fosse una scienza speculativa, pura[2], soggetta a rigorose leggi naturali come la chimica o la fisica?
"Speculare" significa "osservare"[3]. Le conclusioni delle scienze speculative si basano sul vedere l'oggetto che si studia. Questo "vedere" può consistere in qualunque affidabile forma di osservazione. Anche lo studio della natura umana (psicologia filosofica) è una scienza speculativa. Le scienze speculative servono a conoscere e le conclusioni che ne otteniamo sono informazioni. Le scienze applicate, invece, servono a fare. Le conclusioni delle scienze applicate riguardano il come applicare le conoscenze ottenute dalle scienze speculative. Un conto è conoscere la fisica di un arco, ma sapere come sia meglio introdurre un arco in un edificio è tutt'altra cosa. È possibile inserire un arco in un edificio in maniera tale che l'arco sia perfettamente funzionante ma la sua posizione guasti la funzionalità dell'edificio.
La funzione di base dell'economia è quella di provvedere ai bisogni e alle necessità della famiglia tramite relazioni di transazione con altri. Benché l'economia riguardi i bisogni materiali, a costituire l'oggetto di studio dell'economia sono le relazioni di transazione attuate per soddisfarli. L'economia è un'attività umana che comprende una relazione tra persone, perciò il suo fattore di base è la natura umana. La legge di domanda e offerta e gli altri fattori che gli economisti studiano sistematicamente sono parti dell'economia. Sono elementi che influiscono sulle transazioni ma l'economia riguarda le transazioni in sé – e le transazioni sono relazioni. Di conseguenza, l'oggetto dell'economia è la relazione tra esseri umani che attuano transazioni. L'economia è una scienza, ma è una scienza applicata.
Poiché l'economia riguarda un certo tipo di relazione tra esseri umani, le sue conclusioni devono basarsi sulla natura umana ed essere coerenti con essa. L'economia, quindi, riguarda il come le persone dovrebbero comportarsi l'una verso l'altra nelle transazioni, non importa quanto insignificanti, volte a soddisfare i loro bisogni e necessità. Questo è vero per entrambe le parti di ogni transazione economica, perché sia l'acquirente sia il venditore si coinvolgono nella transazione per soddisfare i propri bisogni e necessità. In altre parole, l'economia riguarda l'etica, che è lo studio serio e scientifico dell'agire secondo l'umana natura.[4]
Si possono realizzare grandi cose quando la relazione tra scienze pure e applicate è compresa e rispettata. Le scienze pure ci danno tutte le informazioni necessarie a raggiungere la Luna, le scienze applicate sono quelle che effettivamente ce la fanno raggiungere. Nelle scienze pure, risultati costanti ci consentono di predire delle conseguenze. Invece le conclusioni delle scienze applicate non sono dello stesso tipo di quelle delle scienze pure. Possiamo predire con ragionevole affidabilità che cosa accade quando mescoliamo due reagenti chimici in determinate condizioni perché in passato abbiamo osservato sempre lo stesso risultato quando gli stessi reagenti erano mescolati nelle stesse condizioni. Le scienze applicate invece riguardano ciò che si dovrebbe fare, riguardano il come usare le informazioni che abbiamo appreso dalle scienze pure.
Un accordo finanziario che sulla carta sembra ottimo può essere respinto per disaccordi personali, pregiudizi, perché una delle due parti lo ritiene immorale o soltanto perché una delle due parti punta a qualcosa di meglio. D'altro canto, certi accordi possono essere accettati semplicemente perché porteranno grandi guadagni, senza riguardo per altri fattori. Tutte queste decisioni sono decisioni economiche, ma sono basate su cose che vanno oltre ciò che gli economisti dicono essere parte della vera scienza economica. Per questo motivo gli economisti non sono in grado di predire – sono realmente nell'impossibilità di predire – qualcosa come un giocatore di football  che abbandona una carriera promettente senza neanche aspettare che maturi il piano pensionistico della NFL.[5] Simili azioni non si accordano con i loro modelli ma questa scelta è una decisione di tipo economico da parte di quel giocatore.
Mentre la maggior parte degli economisti affermerà che ognuno debba comportarsi in maniera etica negli affari economici, essi continueranno però a negare che l'etica sia parte dell'economia. In un certo senso, hanno ragione. L'etica non è parte della scienza economica; è l'economia a far parte della scienza dell'etica. L'economia non può essere separata dall'etica perché è una branca dell'etica. Comportarsi in maniera etica nella propria attività economica non è semplicemente "buon senso degli affari", è un elemento essenziale e irrinunciabile di qualunque attività economica. Ecco perché l'espressione "niente di personale, sono solo affari" è incompatibile con il distributismo. L'economia è un'azione umana che si attua in una relazione tra persone. Non può essere altro che personale.
I distributisti non affermano che il fallimento degli economisti nel predire accuratamente i risultati economici dipenda dal fatto che l'economia non è una scienza, ma dal fatto che è un altro tipo di scienza da quel che gli economisti pensano. I loro modelli falliscono perché osservano le persone come numeri economici o più verosimilmente perché osservano i numeri economici senza considerare adeguatamente le relazioni tra quei numeri e le persone in carne ed ossa, più preoccupate dei problemi immediati nel sostenere la famiglia che dell'andamento di una compagnia multimiliardaria sul mercato finanziario. Ritengo che sia questo il motivo per cui i recenti sforzi per sostenere l'economia sono falliti. Hanno dato miliardi di dollari alle più grandi banche così che potessero prestarli. Non solo hanno mancato di vedere che le persone non erano disposte a indebitarsi ancora di più, ma in aggiunta hanno biasimato quelle stesse persone per la persistente mancanza di ripresa economica. Chiedo di nuovo: in quale altra scienza gli "esperti" possono biasimare il pubblico per il fallimento delle proprie predizioni e ancora insistere a dire che i loro modelli sono corretti? I loro modelli falliscono perché considerano l'economia come una scienza pura anziché come la scienza applicata che essa è.
Qualcuno proverà a sostenere che questa non è vera scienza. Si sbaglia. La scienza è l'applicazione dei principi della ragione a un segno per raggiungere una conclusione circa la causa del segno osservato. La causa dell'attività economica è la natura umana: abbiamo bisogni e desideri. Noi osserviamo i segni a partire dallo studio della natura umana e dello scopo ultimo per cui la natura umana esiste. Esaminiamo particolari azioni economiche e usiamo i principi della ragione per arrivare a conclusioni non solo circa gli aspetti monetari delle transazioni ma chiedendoci se essi sono adeguati alla natura umana, se aiuteranno quella natura a compiersi o se ostacoleranno il compimento. Le conclusioni non sono basate sulle mode attuali ma su oltre 2.300 anni di studio della natura umana.
L'economia non è la scienza del denaro e di come ottenere il maggior profitto. Essa è la scienza del determinare come le persone dovrebbero agire nelle relazioni di transazione in maniera che sia coerente con la loro vera natura per soddisfare i bisogni e le necessità delle loro famiglie.
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[1] L'Autore utilizza il termine evidence, il quale indica una realtà che c'è e si vede (evidence ha la stessa radice di "evidente", qualcosa che sta davanti agli occhi) ma che rimanda all'esistenza di qualcos'altro. Una realtà che c'è e rimanda ad altro può essere detta "segno" oppure "prova". Qui però usare "prova" sarebbe inopportuno: le scienze non studiano prove, studiano oggetti e cercano di capire da dove vengono. Mi pare che "segno" rispetti al meglio il termine che l'Autore ha scelto.
[2] L'Autore utilizza la divisione delle scienze in speculative (speculative sciences) e pratiche (practical sciences) usata da san Tommaso d'Aquino, che a sua volta riprendeva Aristotele. Le scienze speculative, o teoretiche, sono quelle che hanno per oggetto lo studio della realtà in sé stessa: matematica, fisica, di cui fanno parte le scienze naturali, e "filosofia prima", vale a dire metafisica o teologia. Le scienze pratiche applicano a scopi di utilità pratica le conoscenze provenienti dalle scienze speculative e, per questo, si dicono anche applicate: l'architettura e l'ingegneria sono gli esempi normalmente riportati. Le principali scienze speculative sono anche dette pure ma non tutte le scienze speculative sono pure; nella traduzione, tuttavia, ho usato sia "pure" sia "speculative".
[3] In latino, il verbo speculare, da cui deriva in inglese to speculate, significa "osservare", e in inglese, come in italiano, è passato innanzitutto a indicare l'azione di chi osserva qualcosa e la considera per capire da dove provenga e quali siano le sue caratteristiche peculiari. Il significato di "approfittare di una situazione" è posteriore, anche se il legame con l'osservare rimane chiaro.
[4] Questa definizione può sembrare stravagante, perché noi siamo abituati a pensare che "etica" sia sinonimo di "morale", ma in effetti i due termini non sono equivalenti.
[5] Negli Stati Uniti esistono piani pensionistici vincolanti per un certo numero di anni: il dipendente garantisce al datore di lavoro di rimanere alle sue dipendenze per il periodo stabilito, dopo il quale matura il diritto alla pensione concordata e può trasferirsi in un'altra azienda senza perdere tale diritto. Se il lavoratore lascia il datore prima della scadenza stabilita, invece, non ha diritto a niente. Le squadre della National Football League (NFL) usano appunto questi piani. Nel 2013 il giocatore dei Denver Broncos John Moffitt, 27 anni, ha lasciato la carriera da professionista di football e la squadra senza attendere che scadesse il vincolo stabilito – e ha ovviamente rinunciato a tutti i compensi delle stagioni per cui aveva firmato, oltre che alla pensione. Lo ha fatto semplicemente perché non era contento di quel che faceva e gli pareva «follia mettere a repentaglio il tuo corpo, il tuo benessere e la tua felicità per soldi».

Aleksandr Solzhenitsyn (sì, lui) e il distributismo.

Nel profilo Facebook "Hilaire Belloc" abbiamo trovato questa breve ma significativa affermazione sul romanziere russo Aleksandr Solzhenitsyn e abbiamo chiesto alla nostra Umberta Mesina di tradurla per noi, con il consenso del… "signor Hilaire Belloc" (e ringraziamo tutti e due, Umberta e il "signor Belloc").


"Sembra che Aleksandr Solzhenitsyn, il romanziere e storico russo, critico del totalitarismo sovietico (e della decadenza dell'Occidente), sia arrivato a conclusioni su argomenti socioeconomici e politici che sono molto vicine alle idee del distributismo. 

Per esempio, Solzhenitsyn dice che «senza un governo locale autonomo e ben costituito non ci può essere vita stabile e prospera e il concetto stesso di libertà civili perde ogni significato». Questa affermazione sottintende il principio di sussidiarietà. 

Riguardo all'economia egli afferma che «occorre dare largo spazio alla sana iniziativa privata e bisogna incoraggiare e proteggere le piccole imprese private di ogni tipo, poiché sono loro che assicureranno la più rapida fioritura di ogni località. Allo stesso tempo dovrebbero essere posti robusti limiti legali ad una concentrazione incontrollata di capitali; nessun monopolio dovrebbe essere permesso in alcun settore e nessuna impresa dovrebbe essere controllata da nessun'altra. La creazione di monopoli porta con sé il rischio di un progressivo peggioramento della qualità: un'azienda potrebbe permettersi di offrire beni che durano poco per sostenere la domanda»

Il biografo Joseph Pearce nota che «c'è una notevole affinità tra questi suggerimenti e quelli offerti da Schumacher in Piccolo è bello e da G. K. Chesterton e Hilaire Belloc nei loro inviti al distributismo».  (Solzhenitsyn: A Soul in Exile, Ignatius Press, pag. 269) 

Suppongo che questa «notevole affinità» sia un esempio del detto Le grandi menti pensano allo stesso modo. [N.d.T. In inglese, Great minds think alike; in italiano non esiste una formula idiomatica equivalente]".


Poi la nostra Umberta aggiunge (e noi pubblichiamo):

Sul web ho trovato questa intervista su Zenit (in inglese, la versione italiana non c'è: http://www.zenit.org/en/articles/solzhenitsyn-s-prophetic-voice), dove dicono che S. pensava che capitalismo e socialismo avessero lo stesso nucleo e quindi commettessero gli stessi errori. E questo è ciò che dice anche il distributismo, benché S. ci fosse arrivato tramite la sua personale storia, indipendentemente da Chesterton e Belloc. E' molto interessante.
Davvero il mondo è pieno di sorprese, io non avrei mai pensato a Solzhenitsyn come a un potenziale distributista!


venerdì 6 febbraio 2015

Nel Messaggio di Mons. Negri alla Chiesa di Ferrara-Comacchio c'è Gilbert...

Dopo la XXXVII giornata per la vita del 1° febbraio 2015
06/02/2015
Carissimi figli e figlie della nostra Chiesa particolare,
avrete visto in questi giorni che la semplice riproposizione dei temi tradizionali del Magistero della Chiesa, in particolare la condanna esplicita dell'aborto e delle sue conseguenze - e la sottolineatura, a puro livello di buon senso, che la denatalità, come ormai è ammesso dai migliori economisti del mondo, è una delle cause, se non la più grave, della crisi economica in cui il mondo intero si dibatte da anni - mi hanno dato una pubblicità inattesa, per la quale nulla è stato fatto dalla nostra Diocesi, e che ha raggiunto le più significative testate italiane e straniere. Tutto questo mi sembra confermare l'idea di uno dei miei grandi maestri, G. K. Chesterton, il quale diceva che sarebbe venuto un momento in cui "Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate". Vorrei tuttavia confidarvi che non m'interessa la posizione pubblica che la mentalità - soprattutto laicista - mi fa spesso ricoprire; ciò che desidero è infatti solo riproporre fedelmente la Dottrina della Chiesa e la possibilità di fare esperienza di quella vita nuova in cui consiste la fede. Preferisco che il mio nome sia scritto nei cieli, ed è per questo che chiedo a tutta la Diocesi di aiutarmi in questi momenti non facili, soprattutto con la preghiera.

+ Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa

giovedì 5 febbraio 2015

Due minuti fa abbiamo fatto il semillesimo post...

... così, per dirlo, faceva cifra tonda ed era bella tonda, con tutti quegli zeri.
Tutto qui.

6000

In Vino Veritas: Chesterton propone un brindisi (per gentile concessione di The Imaginative Conservative)

Pubblichiamo, autorizzati dall'editore, l'interessante saggio che segue a firma di Joseph Pearce, uno dei più noti e massimi studiosi di Chesterton (e che a Chesterton deve la propria conversione), apparso tempo fa su The Imaginative Conservative, di cui trovate i collegamenti qui di seguito.

The Imaginative Conservative si è occupato molte volte di Chesterton anche pubblicando saggi e scritti del nostro caro amico Stratford Caldecott.

Ringraziamo caldamente l'editore per averci concesso di pubblicare il saggio nel nostro blog, e la cara Umberta Mesina per aver curato la traduzione.


In Vino Veritas: Chesterton propone un brindisi 

***** http://www.theimaginativeconservative.org/2014/05/chesterton-on-prohibition.html

di Joseph Pearce 

© The Imaginative Conservative, 17 maggio 2014

******** http://www.theimaginativeconservative.org


Già nel 1921, durante la sua prima visita negli Stati Uniti, Chesterton rimase orripilato dall'ascesa del potere federale e delle grandi imprese e dalla conseguente distruzione dei piccoli governi locali e della piccola impresa. In un'intervista concessa a un quotidiano di Boston, accennò all'abisso tra gli ideali dei Padri Fondatori e alla realtà dell'America odierna in termini che il Tea Party di oggi appoggerebbe senz'altro:

Se Patrick Henry tornasse al mondo e gettasse un'occhiata sul vasto ordine economico di oggi, potrebbe anche mutare il suo discorso e semplicemente dire "Datemi la morte" – visto che l'alternativa è palesemente impossibile nelle condizioni attuali. [1]

[N.d.T. Patrick Henry, che è appunto uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d'America, è rimasto nella storia anche per un famoso discorso che concluse con le parole give me liberty, or give me death – datemi la libertà oppure la morte. La libertà è appunto l'alternativa a cui si riferisce Chesterton, e non la vita, come si potrebbe pensare]  

Va notato che questa intervista fu rilasciata durante i primi giorni del proibizionismo, che era di per sé un furto di libertà superiore a tutto ciò che Patrick Henry ebbe a subire da parte britannica. Mettete a confronto, per esempio, il furto di libertà determinato da tasse esorbitanti sul tè con quella determinata da un bando totale delle bevande fermentate e distillate. Che avrebbero pensato i Padri Fondatori di un governo oppressivo che avesse emanato una simile legge? E come appare una simile legge vista dalla prospettiva europea? Da questo punto di vista, è davvero ironico, soprattutto alla luce dell'attacco terroristico dell'11 settembre, che gli Stati Uniti abbiano questa malsana affinità con l'islam nella loro insistenza, perfino oggi, a trattare vini, birre e spiriti come droghe e non come bevande. Alcool, andrebbe ricordato, è una parola araba. Il vino non è "alcool" più di quanto il latte sia "calcio" o "proteine". Un oggetto non è definito dai suoi componenti, ma da ciò che esso è nella sua interezza. Gesù Cristo non cambiò l'acqua in alcool! E già che siamo a parlare del primo miracolo di Cristo, guai a chi cerchi di ribaltare il miracolo di Cana facendo tornare il vino in acqua! 

Considerando che entrambe le visite di Chesterton negli Stati Uniti avvennero durante il proibizionismo, non è sorprendente che l'attenzione chestertoniana fosse costretta a soffermarsi sull'argomento: 

Il grande problema [parla del proibizionismo] è che mescoliamo insieme causa ed effetto. Ci sono due modi di bere. Se uno è felice, beve per esprimere la sua gioia. Questo è un buon bere. Ma c'è anche il caso di chi è talmente infelice da bere per cercare la felicità. E non arrivi alla radice del suo problema facendolo smettere di bere. Per arrivare alla radice, devi cambiare il sistema industriale che lo rende infelice. Non è solo questione di distribuire meglio la ricchezza, benché questo aiuterebbe. In aggiunta, dobbiamo riportare in auge le vecchie usanze, le danze, le canzoni, le credenze: le cose che mantenevano l'uomo felice prima che nascesse l'industria moderna.[2]

Chesterton sembra dire che il problema dell'ubriachezza nei bassifondi non è il bere ma i bassifondi. Se la gente beve per sfuggire all'inferno in cui vive, la soluzione non è proibire di bere ma fugare l'inferno. Con buona pace di Chesterton, tuttavia, bisogna riconoscere che gli alcolisti, distinti dai sani bevitori, non sono interessati alla bevanda ma piuttosto alla droga che trovano nella bevanda. Per queste persone, è la droga l'inferno da cui hanno bisogno di fuggire. Ciononostante, le bevande fermentate non andrebbero vietate perché esistono degli alcolisti più di quanto lo zucchero andrebbe vietato perché esistono degli obesi. Chesterton ricapitola succintamente la questione nel suo libro Eretici, pubblicato nel 1905: 


Una nuova morale si è rovesciata su di noi con qualche violenza in relazione al problema dell'alcolismo; e gli entusiasti nel campo vanno dall'uomo che viene buttato fuori con violenza alle 12.30 alla signora che fracassa gli American bar con un'ascia. In queste discussioni, quasi sempre appare una posizione molto saggia e moderata, quella secondo cui si dovrebbe bere il vino o roba consimile solo come medicina. Su questo punto, io mi spingerei a dissentire con particolare ferocia. L'unico modo veramente pericoloso e immorale di bere il vino è quello di berlo come medicina. [...]  

La regola sensata nella questione sembrerebbe presentarsi come molte altre regole sensate, ovvero, come un paradosso. Bevete perché siete felici, ma mai perché siete infelici. Non bevete mai quando, senza l'alcool, vi sentite derelitti, o sarete come il bevitore di gin dalla faccia grigiastra nel suo tugurio; ma bevete quando, anche senza alcol, sareste felici, e sarete come il ridente contadino italiano.[3] 


Il punto di vista di Chesterton è chiaramente quello della Cristianità, dell'Europa cristiana, che era altrettanto chiaramente il punto di vista di Cristo stesso quando compì il suo miracolo alla festa di nozze. Non è il punto di vista di Maometto né, a quanto pare, quello di certe tendenze puritane in America. In queste cose, si potrebbe pensare che la distanza tra il tavolino da tè proibizionista e la taverna cristiana sia davvero più ampia dell'Atlantico.  

Note

1. Boston Evening Transcript, January 12, 1921. 

2. Boston American, February 12, 1921. 

3. G. K. Chesterton, Eretici, cap. VII, casa editrice Guerrino Leardini, 2013 (ristampa dell'edizione Piemme 1998, traduzione di Pietro Ferrari). Originale: Heretics, New York: John Lane Company, 1905, pp. 102-104). 


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mercoledì 4 febbraio 2015

Un aforisma al giorno

Un uomo con una convinzione precisa (...) appare sempre bizzarro, perché non muta col mondo; egli si è issato fino a una stella fissa, e la terra rotea sotto di lui come uno zootropo. Milioni di miti uomini in giacchetta nera si dichiarano sani di mente e ragionevoli solo perché afferrano al volo la fola del momento, perché vengono sospinti da una pazzia all'altra dal maelstrom del mondo.


Gilbert Keith Chesterton, Eretici

martedì 3 febbraio 2015

Un aforisma al giorno

Se un uomo sano se ne sta a letto, lo faccia senza addurre la minima scusa, e allora si alzerà ancor più sano di prima.

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del Drago ed altre serissime storie 

Un aforisma al giorno

"La sovranità è fondata sulla grazia" era un ideale pio, ma se si trasforma in una scusa per disobbedire al vigile irlandese che regola il traffico di Piccadilly finché non siamo sicuri che si sia da poco confessato con il suo prete irlandese, è mancanza di realismo".


Gilbert Keith Chesterton, La mia fede

Houellebecq, Chesterton e L'Osteria Volante: una nota del nostro Andrea Carbonari

Cari amici della SCI,

qualche settimana fa è apparso nelle librerie il nuovo romanzo dello scrittore francese Michel Houellebecq, intitolato "Sottomissione". I primi articoli di giornali si sono concentrati sull'ambientazione storica del libro, la Francia di un futuro abbastanza prossimo, in cui un musulmano diventa presidente della repubblica sfruttando le rivalità della classe politica e le debolezze degli intellettuali del paese d'Oltralpe. Gli attentati di Parigi hanno purtroppo contribuito a rendere popolare l'autore, giudicato da alcuni profetico. Appena ho letto la notizia dell'uscita di questo libro, non ho potuto fare a meno di pensare a "L'osteria volante" scritta da Gilbert Keith Cheterton molti decenni prima. Ho fatto presente la coincidenza al nostro presidente Marco Sermarini, che mi ha "commissionato" questa nota, con l'obiettivo di investigare meglio i rapporti fra questedue opere.

Nella mia mail al presidentissimo, ho fatto presente un elemento che creava un preciso, anche se debole, collegamento fra lo zio Gilbert e Houellebecq. In un saggio che lo scrittore francese ha scritto qualche anno fa con Bernard-Henri Lévy (e pubblicato in Italia col titolo "Nemici pubblici") egli cita espressamente in due punti lo zio Gilbert. Ne parla con ammirazione, definendolo "sempre acuto" (la traduzione dal francese è mia), ma non dice quali libri di GKC ha letto. Partendo da questo presupposto, ho cercato di capire se per "Sottomissione" Houellebecq si sia veramente ispirato a "L'osteria volante". Non ho trovato al momento su internet prove chiare di questo. Ma il paragone fra i due libri non è sfuggito né a Philippe Maxence, presidente dell'associazione francese "Amici di Chesterton", né ad Annalisa Teggi (sul nostro blog troverete i link agli articoli di questi due illustri chestertoniani).

Dopo essermi fortificato con la lettura de "L'osteria volante", mi sono allora messo a leggere "Sottomissione". Chiedo fin d'ora scusa se mi è sfuggito qualcosa, ma mi sembra che l'idea della presa del potere da parte di un islamico in un paese cristiano (fallita in Chesterton e riuscita in Houellebecq) sia eventualmente l'unico collegamento con il romanzo di GKC. Anche in "Sottomissione" il nome di zio Gilbert è citato due volte, in entrambi i casi insieme a Hilaire Belloc. Entrambi sono infatti indicati come padri del "distributivismo", una filosofia economica antagonista sia al capitalismo che al comunismo. In realtà, noi chestertoniani amiamo di più chiamare la dottrina creata da zio Gilbert e Belloc "distributismo" (su questa teoria trovate molto materiale sul nostro blog). Questo errore è stato notato da Maxence, che l'attribuisce al fatto che Houellebecq cita in realtà una scheda apparsa sull'enciclopedia on line Wikipedia, e non le opere del Nostro.

   Dalla lettura di "Nemici pubblici" e "Sottomissione" ho ricavato l'idea che Houellebecq abbia letto in qualche modo Chesterton e lo apprezzi, ma non ne abbia subito un'influenza profonda. "Sottomissione" è infatti secondo me un libro prondamente anti-chestertoniano, poiché è ispirato da un pensiero nei fatti nichilista. Il protagonista è l'opposto dei personaggi principali di libri come "L'osteria volante", "Uomovivo", "La sfera e la croce" e "Il poeta e i pazzi" (cito solo alcune delle opere di narrativa di GKC). Quelli lottano, vincono, perdono, si lasciano trasformare dalla Grazia; lui si trascina, fa da spettatore, sguazza nei suoi vizi. Alla fine ha anche successo, perché adeguandosi all'andazzo generale riesce ad ottenere onori e incarichi.

Alla fine di tutto mi sento di dire quattro cose a te che mi leggi:

1) Leggi o rileggi "L'osteria volante". E questa volta mentre lo fai punta la tua attenzione all'aspetto politico-sociale del romanzo, e in particolare al fatto che la legge non è uguale per tutti (non ti voglio anticipare niente, ne riparleremo quando lo avrai letto). 
2) Non leggere "Sottomissione". Liberissima o liberissimo di non darmi retta, ma penso che non valga la pena dedicare soldi e tempo a un libro fondamentalmente depressivo.
3) Prega per la conversione di Houellebecq. Maxence nel suo articolo lo invita a continuare a leggere Chesterton per curarsi. E in realtà la cura è realmente buona, ma se il malato non si aprirà alla Grazia purtroppo essa non servirà a nulla. In diversi punti del romanzo il protagonista è sul punto di abbracciare la fede cattolica, ma i suoi vizi e le sue paturnie lo fanno tornare indietro. Speriamo che questo non avvenga anche con lo scrittore.
4) Se ti avanza tempo, prega anche per la mia conversione, perchè ne ho bisogno quanto se non più di Houellebecq.

Saluti chestertoniani,

Andrea Carbonari (Mr. Pond)