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Un aforisma al giorno

"Il prezzo è una cosa pazzesca e incalcolabile, mentre il valore è una cosa intrinseca e indistruttibile".


Gilbert Keith Chesterton, Il pozzo e le pozzanghere


Da Paolo Pegoraro - Vita e opere di un Lazzaro contemporaneo

Dice Paolo Pegoraro:

"Dico solo che il protagonista si chiama Lazzaro e sul punto di morte scopre quant'è bello vivere. Non molto GKC nella forma, parecchio nella sostanza".

http://www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=11309

martedì 29 ottobre 2013

Tremende Bazzecole - Torna l’ora solare (è bello sapere che saremo sempre in debito per il tempo che ci è regalato) - Annalisa Teggi su Tempi

Di tutte le strane cose che gli uomini hanno dimenticato, il più universale e
catastrofico dei vuoti di memoria è quello per cui hanno dimenticato
che stanno vivendo su una stella.
G. K. Chesterton

clockCi vorrebbero giornate di 48 ore. Quante volte l’ho detto e lo dirò, perché il tempo non basta mai per fare tutto. Tutto? Sarebbe già molto se riuscissi a concludere qualcosa. Perciò adoro la domenica in cui ci si sveglia con il ritorno dell’ora solare. L’impressione di guadagnare un’ora è un benefit di lusso. Anche se coi bambini piccoli non si riesce comunque a dormire un’ora in più, quell’ora in più c’è. Lascio volutamente gli orologi impostati sul vecchio orario, per il puro gusto di vedere continuamente quell’ora in più che posso avere. E pare che si avveri il sogno di avere la macchina del tempo: fermare l’inarrestabile corsa dei minuti e spostare le lancette indietro.
So che con questo piccolo cambiamento si genera nel corpo un po’ di scombussolamento, ma non sono d’accordo con il Codacons che vorrebbe mantenere in vigore per tutto l’anno l’ora legale. Accetto di buon grado tutti i vari fastidi connessi allo sfasamento, perché per una volta mi si offre la possibilità di percepire il tempo nel modo più piacevole possibile, cioè non semplicemente come qualcosa che sfugge, ma come qualcosa che ci è dato. E questa è una percezione molto più onesta dei bilanci ansiosi che solitamente mi frullano per il cervello, del tipo «non ho tempo» o «ho perso tempo». È paradossale esprimerlo dicendo che, una volta all’anno, il sole ci fa tornare indietro, eppure è così. Il ritmo solare, che da sempre è l’emblema dell’inarrestabile corsa in avanti del progresso, per una volta ci invita a fare un passo indietro. Ci offre il piccolo benefit di un’ora guadagnata, in un orizzonte stracolmo di deficit.
Manca il tempo, mancano i soldi, manca la volontà, mancano le risorse, manca la responsabilità. Deficit. Tutto il peso di questa mancanza si traduce in una corsa in avanti, con la permanente sensazione di dover recuperare (e non semplicemente fare). E in mezzo ai ritardi permanenti con cui ci destreggiamo nel piccolo delle nostre giornate, ci giungono le voci assordanti dei mercati, che gridano che il nostro paese è ben oltre i tempi supplementari. E danno i numeri, perché si sa: quando le cose precipitano, si finisce per dare i numeri. Sono dibattiti rispetto a cui io mi sento esclusa e getto la spugna; quelli in cui c’è il politico che propone di tirare fuori miliardi di euro con una certa manovra e c’è il suo collega che lo rimbrotta sbattendogli in faccia quanti miliardi di euro si sono persi non facendo un’altra manovra. Li seguono a ruota i numeri per ridurre il cuneo fiscale, i numeri assurdi delle pensioni d’oro, i numeri statistici degli esperti che analizzano e confrontano, poi autorevolmente concludono ragionamenti catastrofici dicendo: «Dati OCSE alla mano».
C’è da sentirsi come Renzo di fronte all’avvocato Azzeccagarbugli: il giovane porta quattro capponi per chiedere consiglio su un problema grave e quello risponde col latinorum. La ricchezza portata in dote dal povero paesano si dissolve di fronte alla sontuosità di paroloni che predicano che non c’è niente da fare. Dopo quel colloquio, Renzo non solo riceve la conferma che il suo problema è davvero grave, ma guadagna anche l’impressione che lui non conti niente. I paroloni o numeri spropositati hanno il potere di lasciarti addosso l’impressione certissima di quanto vadano male le cose, pur non facendoti vedere chiaro.
Quel che si percepisce con chiarezza è il debito, il debito imponente che ci attanaglia e ci marcia contro come il gigante delle favole. Il signor Chesterton, a suo tempo (cioè circa un secolo fa), tratteggiò il profilo di un quadro economico molto simile a quello che ci circonda: «Il rapporto che corre tra l’uomo e i moderni schemi e sistemi, tra l’uomo e le istituzioni che lo governano e le influenze internazionali in cui esse si dilatano, è molto simile ai rapporti che avrebbe un uomo il quale vivesse come un pigmeo in una città di giganti. I disastri economici in cui incorriamo sono largamente dovuti al fatto che le operazioni sono diventate troppo grandi per gli operatori. Siamo tutti dispersi come spilli infilati in un’immensa mappa di affari finanziari, o meglio di finanziaria strategia» (da L’arte del ritratto gigantesco, in La nonna del drago e altre serissime storie) .
Rispetto a quest’ordine di grandezza sembra non esserci partita per noi, quelli che devono tenere in piedi la baracca con i loro quattro (capponi) soldi. Ma è anche vero che la nostra partita ce la giochiamo in un campo in cui – a ben vedere – la crescita non è in discussione. Me lo ha ricordato qualche sera fa la maestra di mio figlio durante l’assemblea di classe. Sono parole che ho capito molto bene, senza latinorum e mi hanno spiazzato. La maestra ha invitato noi genitori ad aiutarla nel suo compito, che è quello di accompagnare i nostri figli a diventare gli uomini e le donne di domani. Per questo, ci ha ricordato che noi mandiamo a scuola i nostri figli perché abbiamo a cuore la loro crescita e, quindi, il primo passo educativo nei loro confronti dovrebbe essere quello di mostrare loro che crescere è un’esperienza che vale la pena affrontare con impegno lieto. Siamo noi gli adulti, quelli che sono cresciuti. Immediatamente ho pensato alle nostre facce di prima mattina quando portiamo i figli a scuola. Volti tirati e stanchi, passo veloce, nervoso incombente. È questo il frutto del crescere che li attende?
Di colpo le visioni economiche degli esperti mi sono parse lontane anni luce, perché la maestra mi ha indicato una crescita molto più concreta che mi tocca da vicino. Mi sono resa conto che, pensando ai nostri figli, noi vediamo la vita come una promessa ricca di attese e, in questo modo, consideriamo il tempo nel modo giusto, cioè come un’occasione. È altrettanto vero che pensando a noi stessi, invece, diventiamo improvvisamente miopi, chiudendoci nella logica paralizzante dei bilanci. Il tempo è inquadrato, suddiviso, rincorso.
Il punto a cui mirava la maestra di mio figlio non era quello di farci promettere di avere un sorriso smagliante dalle sette di mattina alla nove di sera di fronte ai nostri figli. Ci invitava, come ha fatto l’ora solare questo fine settimana, a fare un passo indietro per ponderare il nostro guadagno quotidiano. Perché ogni giorno è fatto di ore che sono in più: da quando siamo nati a oggi ci viene elargito uno spazio di azione in cui essere, fare, crescere. Chi ha visto il film Gravity sa quale impressione sto cercando di descrivere: per quanto pesante sia la vita che ti aspetta sulla terra, faresti di tutto pur di esserci dentro e non perderti nel vuoto dello spazio. Grave e pesante è la forza che ci tiene aggrappati alla terra, eppure grazie a questo vincolo stretto stiamo in piedi e respiriamo.
Oggi la parola debito risuona drammaticamente ovunque: abbiamo un debito pubblico da record, alle stelle. Ma paradossalmente, oltre al debito che pesa sulle nostre spalle, ne abbiamo un altro enorme alle nostre spalle che anziché bloccarci dovrebbe renderci operosi. Il piacere di alzarci dal sonno notturno sapendo che abbiamo un’ora in più ci ricorda, una volta all’anno, che in realtà questo credito di tempo va avanti ininterrottamente dal momento in cui la notte del nulla ha ceduto il passo al mattino della nostra nascita. È un debito rispetto a cui rimarremo lietamente insolventi, un contratto che, visto con gli occhi del signor Chesterton, ci vincola a tenere un sincero sentimento di gratitudine sullo sfondo di ogni nostra azione – corse, ritardi, fiatone compresi:
«L’enunciazione più concisa di questa folgorazione è dire che si tratta della scoperta di un debito infinito. Può sembrare un paradosso dire che un uomo può esultare di gioia scoprendo di essere in debito. [...] Dire che se un uomo è veramente consapevole di non poter pagare il proprio debito, lo pagherà per sempre, è il più elevato e il più sacro dei paradossi. Restituirà per sempre ciò che non può restituire mai e che non ci si può aspettare che restituisca. Continuerà per sempre a profondersi in un pozzo senza fondo di infiniti ringraziamenti. Chi pensa di essere troppo moderno per capirlo, in realtà è troppo meschino per poterlo capire; quasi tutti noi siamo troppo meschini per metterlo in pratica. [...] Ma che lo si veda o no, la verità sta in quell’enigma: che tutto il mondo ha o è un’unica cosa buona, cioè un debito non pagato» (da San Francesco).

Tutti chestertoniani!


Alcune alunne della Scuola Libera G. K. Chesterton di San Benedetto del Tronto alla Giornata d'inizio dell'anno a Norcia (qui alle superbe Piane di Castelluccio).

Hanno la bellissima felpa della scuola, creata da Pump Street - www.pumpstreet.it -.

In primissima classe...!

Chesterton è attuale, ma anche i suoi amici, ora, lo sono - Avvenire su padre Vincent McNabb

Cari amici della SCI, vi segnalo che oggi Avvenire pubblica a pag.22 un articolo di Alessandro Zaccuri su padre Vincent McNabb in cui si cita anche (e non poteva essere altrimenti), GKC. 
Saluti chestertoniani,

Andrea Carbonari

___________________

Grazie, Andrea.
CI fa piacere che dopo anni ed anni ci si interessi a padre Vincent McNabb di cui parliamo da anni ed anni.
Abbiamo predicato per molto tempo e ora gli editori ci ascoltano (bravo, Giannozzo Pucci, brava la Libreria Editrice Fiorentina, che ha al suo attivo anche il catalogo della mostra del Meeting di Rimini "Una vita felice per Dio e per il Re" sulla Reducciones gesuitiche del Paraguay, "il Paradiso in terra", le definì Chesterton, un esempio di distributismo ante litteram e di sempiterna dottrina sociale cattolica e non una pagina romantica di storia).
Ricordiamo il bel libro di Paolo Gulisano sulla sua figura (Babylondon) e i nostri post sull'argomento.
Un nuovo libro, articoli sui giornali.
Sapeste quanto c'è ancora da scoprire su questo eroe!
Un uomo splendido.

Ancora su La Chiesa e la terra, di padre Vincent McNabb

C'è un convegno il 1° Novembre alle 16.15 a Roma, via Galvani 108 (Testaccio) - Salone dell'Editoria Sociale - Spazio Porta Futuro, su McNabb e sui "suoi" temi.

http://www.romanotizie.it/libri-la-chiesa-e-la-terra-di-vincent-mc-nabb.html

Un aforisma al giorno

"Questo mondo e tutte le nostre facoltà in esso contenute sono di gran lunga più terribili e belle di quanto possiamo mai immaginare fino al momento in cui qualche incidente ce lo ricorda. Se volete scorgere la felicità senza limiti, ponete un limite a voi stessi, sia pure per breve tempo. Se desiderate comprendere come sia spaventosa e meravigliosa l'immagine di Dio, tenetevi ritti su una gamba sola. Se volete capire la splendida visione di tutte le cose visibili, chiudete un occhio".

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del Drago ed altre serissime storie 

domenica 27 ottobre 2013

Chesterton in altre parole - Marshall McLuhan

"Se Chesterton fosse stato un mero intellettuale con una normale quantità di energie, certamente sarebbe stato preso sul serio da quei tremila europei acculturati. Lo stesso si potrebbe dire di Dickens. Ma in un'epoca di basso ottimismo, di credi che si sgretolano e di fedi vacillanti, egli ha camminato con sicurezza e selvaggiamente, elogiando la vita e benedicendo i decadenti. E' diventato una leggenda quando ancora era in vita. Nessuno potrebbe desiderarlo diverso da com'è".

Marshall McLuhan,
da La luce e il mezzo - parte I - La conversione. Cap. 1. G.K. Chesterton: un mistico concreto

venerdì 25 ottobre 2013

Un articolo sulla "blue plaque" che Kensington dedicò a Chesterton nel 1952

Probabilmente avrete visto, almeno in foto, una blue plaque: è una targa azzurra bel visibile nei posti che hanno avuto l'onore di ospitare personaggi famosi a Londra.
Se volete un saggio, andate su Google e mettete nell'occhiello le parole "blue plaque". Avrete una galleria di nomi illustri: Charles Dickens, C. S. Lewis, J.R.R. Tolkien, Jimi Hendrix, Elton John, James Cook, Oscar Wilde, Tony Blair, George Frederick Haendel...
Su alcuni si può discutere, ma su uno no di certo: il nostro Gilbert!
La targa che riguarda Kensington è quella della sua casa a 11 Warwick Gardens.

L'articolo si diffonde anche su note biografiche del Nostro Eroe. Bene.

Altre targhe riguardanti Chesterton sono pure altrove, come ad esempio a Beaconsfield, oppure al Mont Blanc Restaurant, dove spesso andava a mangiare, a Westminster.

Chesterton nacque a Kensington, da sposato ci abitò per un po' per trasferirsi a Battersea in un condominio di diversi piani, per poi andare definitivamente a vivere a Beaconsfield. Di tutti questi luoghi Chesterton parla in maniera spassosa e commovente al tempo stesso nella sua Autobiografia, presto disponibile su www.pumpstreet.it .



http://www.kensingtonandchelseatoday.co.uk/arts-and-culture/profile/96firardhe.html

Qui sotto invece c'è un singolare collegamento ad un sito che riguarda sempre queste targhe:

http://www.waymarking.com/waymarks/WMEMQ3_Gilbert_Keith_Chesterton_Warwick_Gardens_London_UK

Un aforisma al giorno

«Suppongo che se osassi dire che i nostri critici non hanno vedute abbastanza larghe per essere cattolici, essi ribatterebbero con una parola greca poco nota: paradosso. Nel loro gergo essere di larghe vedute vuol dire spesso non averne alcuna».

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del Drago ed altre serissime storie 

giovedì 24 ottobre 2013

Un aforisma al giorno

«Finché avrete gruppi di uomini scelti razionalmente, avrete una qualche atmosfera particolare o settaria. E' quando avete gruppi di uomini scelti irrazionalmente, che avete gli uomini. Incomincia ad esistere l'elemento dell'avventura; perché l'avventura è, per sua essenza, qualcosa che ci capita. E' qualcosa che ci sceglie, non qualcosa che scegliamo noi»,

Gilbert Keith Chesterton, Eretici

Chesterton e la famiglia stasera a Grottammare (AP)

Stasera alle 21.30 presso la Cantina Sant'Agustino (parrocchia di Sant'Agostino) a Grottammare (AP) il nostro presidente Marco Sermarini, invitato dall'oste cioè il reverendo signor Parroco don Giorgio Carini, parlerà sul tema: Chesterton e la famiglia, "l'altare dell'insurrezione".

Prima c'è una lauta cena.

Intervenite, se avete piacere.

www.agustino.it

Chesterton è un articolo "caldo"

A conferma che Chesterton è un articolo "caldo" per gli editori vi diciamo che:

- è stato pubblicato La croce azzurra, con testo originale a fronte, Leone Editore, traduzione di E. Caldelli;

- presto uscirà Quattro candide canaglie, Guida Editore.



Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo da parte di Renoir Comics, che ha appena dato alle stampe una bella storia di Padre Brown a fumetti


Buongiorno.
Volevo solo segnalarle che qui http://issuu.com/renoircomics/docs/pb_issuu può trovare le prime pagine di Padre Brown a fumetti, che – se vuole – può condividere sul blog.
Il libro sarà disponibile in anteprima a Lucca Comics e poi distribuito nel circuito delle fumetterie.
Tiratura limitatissima a 500 copie, essendo questa un’anteprima con un solo episodio e non l’edizione definitiva, che invece conterrà le prime tre storie.

Un cordiale saluto.

Andrea Rivi - ReNoir Comics

Una nuova edizione del nostro Chesterton decisamente interessante: due racconti di Padre Brown in Easyreading


E' una bella iniziativa che ci piace segnalare. Siamo contenti che sia stato scelto anche Chesterton tra i libri adatti a questo scopo.



Edizioni Angolo Manzoni ha pubblicato in un formato particolare adatto ha chi ha difficoltà legate alla dislessia.

mercoledì 23 ottobre 2013

E' uscito Greybeards at play, o se preferite Burloni Barbagrigia, di Chesterton, traduzione di Annalisa Teggi, Raffaelli Editore


«Questa raccolta di versi giovanili fu per Chesterton una cosa seria, il che – come lui stesso ci insegna – è tutt'uno con divertente. Sono versi che non vogliono suonare comici o satirici o semplicemente scanzonati; hanno la pretesa di giocare con le cose, dopo aver imparato a mettere in disordine il mondo interno nel modo in cui un bambino riduce in un campo di battaglia la sua cameretta. Nella fattispecie Gilbert compone questi versi per una bimba, una giovane cugina di Frances che si chiamava Rhoda. Anche attraverso la leggerezza di questi versi è capace di suggerirci che il disegno del mondo non è un meccanismo astruso, ma è qualcosa che attende ogni bimbo curioso che voglia mettersi a giocare.»
Annalisa Teggi


Questo volumetto, la cui copertina fu disegnata dal giovane Gilbert, ha una sua importanza nella vita di Chesterton. Uscì nell'ottobre 1900 a spese di suo padre, il fantastico Mr. Ed, l'uomo che costruiva lanterne colorate e teatrini di marionette per i suoi bambini.
Fu il suo primo libro in assoluto.

L'editore era R. Brimley Johnson, che fu il fidanzato di Gertrude Blogg, la sorella di Frances prematuramente scomparsa a causa di un incidente stradale (a proposito di questo triste avvenimento della vita di Frances e di Gilbert, trovate qui sul blog - mediante il motore di ricerca - una splendida lettera che Gilbert indirizza alla futura moglie per dirle tante cose belle sulla sorella e sul valore della vita e sul suo senso; grazie a Paolo Pegoraro che ce la segnalò).

Si tratta di versi nonsense e il libro vendette molto, tanto che W. H. Auden li considerava i migliori di Chesterton. Chesterton non doveva pensarla così visto che non li inserì nei Collected Poems che invece raccoglievano altri suoi componimenti giovanili.

Il libro, nonostante il successo, non ebbe molte recensioni. Va segnalata quella dell'amico Edmund Clerihew Bentley, maestro in materia tanto che un certo tipo di versi nonsense verrà appunto battezzato clerihew. Bentley recensì l'opera su The Speaker (il giornale dove da qualche tempo scriveva anche GKC) nel numero del 6 Ottobre 1900.

Ma bisogna che io dia qualche notizia sulla persona per cui Gilbert compose questi originali versi.

La Rhoda di cui si parla è Rhoda Bastable, cui Chesterton dedicherà in seguito anche dei disegni e caricature spassosissime e lettere piene di affetto.
The Fish Poem presente in questo libro era parte di una vera e propria comica campagna esercitata da Gilbert insieme alla giovane Rhoda contro Frances. Gilbert amava nubi e temporali, Frances il sole ardente, allora Gilbert e Rhoda fondarono una Società per la Promozione della Pioggia. Furono create anche delle schede di adesione, Presidente Rhoda Bastable, Segretario G. K. Chesterton, eterno nemico la signorina Blogg (Frances, futura moglie di Gilbert e cugina di Rhoda). Si tennero riunioni "sulla Piana di Salisbury" (luogo decisamente evocativo e senza alcun riparo), dove sotto il segno di un ombrello i membri del singolare sodalizio furono invitati a prendere parte di dolci e caffè sotto la pioggia (quest'ultima notizia l'abbiamo liberamente tratta e tradotta da Maisie Ward, Return To Chesterton).

Un giorno Rhoda scrisse una lettera a Chesterton temendo di essere ipocrita. Chesterton rispose così:
«Mia cara Rhoda,
gli ipocriti non chiamano se stessi ipocriti. Il solo fatto che tu usi una tale parola a proposito di te prova che tu non la meriti...».
Questo per dire l'affetto paterno e la serietà che Gilbert metteva nell'amicizia verso questa giovane.

La giovane Rhoda servì talvolta anche da segretaria a Gilbert, prima dell'arrivo dell'inimitabile Dorothy Collins.

Marco Sermarini

Lingua italiano
Pagine 96
Formato 12,5 x 17,5
Anno di pubblicazione 2013
ISBN 9788867922017
€ 12.00

Qui sotto c'è il collegamento alla presentazione dell'edizione cartacea:

http://www.raffaellieditore.com/greybeards_at_play_1

e qui sotto a quella dell'edizione ebook in formato pdf:
http://www.raffaellieditore.com/burloni_barbagrigia_pdf


Lingua italiano
Pagine 94
Formato pdf
Anno di pubblicazione 2013
ISBN 9788867922017
€ 1.90

Un aforisma al giorno

«Nessuno può capire la filosofia tomista, e neanche la filosofia cattolica, a meno che non si renda conto che la sua parte fondamentale è la lode alla Vita, la lode all'Essere, la lode a Dio in quanto creatore del mondo».

Gilbert Keith Chesterton, San Tommaso d'Aquino


martedì 22 ottobre 2013

Lo sapevate che monsignor Knox aveva tradotto la Bibbia?

Mons. Ronald Knox era un pastore anglicano che si convertì al cattolicesimo e fu ordinato sacerdote.
Fu un brillante giallista oltre che membro del Detection Club; ne abbiamo parlato diverse volte qui sul blog ed esiste anche un suo volume in edizione italiana. Consultate il motore di ricerca interno per sincerarvene. Fu lui che celebrò la Messa e pronunciò una bella omelia per il trigesimo di Chesterton nella Cattedrale di Westminster.

Ma Knox era una mente, e tradusse anche la Bibbia cattolica in inglese; tradusse la Vulgata Clementina, la versione latina ufficiale della Chiesa Cattolica sino alla realizzazione della Nova Vulgata e comunque tuttora la versione in uso nel Lezionario e nel Messale cosiddetto tridentino (o meglio quello di San Pio V - beato Giovanni XXIII).

In effetti nel mondo di lingua anglosassone si usano diverse versioni della Bibbia cattolica, la più nota delle quali è la Douay Rheims.

Qui sotto c'è un collegamento al sito dell'editore Baronius Press che continua la pubblicazione di questa bella edizione ad opera di un caro amico di Chesterton.

http://www.baroniuspress.com/book.php?wid=56&bid=60#tab=tab-1

lunedì 21 ottobre 2013

Un aforisma al giorno


«Quel processo definito pratico, il tentativo di governare basandosi soltanto sui fatti, contiene nella sua stessa natura l’essenza di tutti i tradimenti. Scopriamo che i fatti, che sembrano così solidi, sono tra le realtà più instabili. Come dicono i professori e i moralisti, sono in continua evoluzione».

Gilbert Keith Chesterton, La mia fede

domenica 20 ottobre 2013

GKC aveva l'occhio lungo

Forse non tutti sanno che … negli scritti di Chesterton, compare la parola "google" (io, naturalmente… non lo sapevo)

 e che (pre)disse che in futuro sarebbe esistita una forma economica di trasmettere informazioni a un gran numero di persone che avrebbe mandato in crisi la stampa

 

Queste sono solo alcune delle 17 profezie di cui parla Dale Ahlquist nel suo contributo al volume "Chesterton de pie", illustrato, assieme ad alcuni degli altri capitoli su Religion en libertad

ciao

Maria Grazia Gotti


venerdì 18 ottobre 2013

Titterton e la sua biografia di Chesterton.

William Richard Titterton (1876–1963) fu un amico e il primo biografo in assoluto di Chesterton.
Fu il suo principale collaboratore al G. K.'s Weekly.

Questa è la sua biografia di Chesterton. Esiste in inglese (eccola) e in spagnolo.
E' calda di affetto ed ammirazione per l'amico e lo scrittore.

E noi? Perché non leggerla in italiano?

Se qualcuno vuole farsi avanti per pubblicarlo, ci contatti.

Un aforisma al giorno

«Quando si deve trattare con un arrogante sostenitore del dubbio, dirgli di smettere di dubitare non è un buon metodo. Metodo migliore è dirgli di seguitare a dubitare, di dubitare ancora un po' di più, di formulare ogni giorno sempre nuovi e più fantastici dubbi sull'universo fino a che, infine, con singolare illuminazione, egli potrà forse incominciare a dubitare di se stesso».

Gilbert Keith Chesterton, Introduzione a Giobbe, La Nonna del Drago e altre serissime storie

giovedì 17 ottobre 2013

Un aforisma al giorno (ancora contromano, amici! Grazie, Gilbert! Ti canonizzerei anche solo per questo!)

«L'ortodossia è non solo (come spesso viene messo in evidenza) l'unico guardiano sicuro della morale e dell'ordine, ma è anche l'unico guardiano logico della libertà, dell'innovazione e del progresso».

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

Un aforisma al giorno (contromano al massimo! bello! solido!)

«Se vogliamo il cambiamento, dobbiamo aderire all'ortodossia».

Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

mercoledì 16 ottobre 2013

Nel silenzio quasi totale anche dei cosiddetti media cattolici domenica sono stati beatificati cinquecentoventidue martiri spagnoli

Il 13 ottobre a Tarragona, nella regione spagnola della Catalogna, si è svolto un nuovo rito di beatificazione di persone uccise in odio alla fede durante la guerra civile spagnola. Si tratta della cerimonia con il maggior numero di Beati, 522, che supera quindi quella svoltasi a Roma, in piazza San Pietro, nel 2007.L'elenco dei nuovi martiri comprende tre vescovi, un centinaio di sacerdoti, 412 religiosi, alcuni seminaristi e dei laici. Sette di loro non erano di origine spagnola, ma provenivano da Colombia, Portogallo, Cuba, Francia e Filippine. 
La scelta del luogo dove svolgere il rito è caduta su Tarragona per un duplice motivo: anzitutto, perché il gruppo più vasto appartiene alla causa patrocinata da questa diocesi; in secondo luogo, perché, nel 259 dopo Cristo, il vescovo Fruttuoso e i diaconi Augurio ed Eulogio vi trovarono il martirio, bruciati vivi nell'anfiteatro romano. 
Nel fornire di seguito l'elenco delle cause, suddiviso in base alle date di promulgazione del decreto sul martirio (per i martiri nativi della Catalogna, il nome proprio è riportato secondo la dizione castigliana), rimandiamo talvolta a schede più specifiche. Per un maggiore approfondimento, suggeriamo di visitare il sito ufficiale dell'evento, www.beatificacion2013.com, dov'è possibile consultare la lista completa di tutti i nomi.


In questo collegamento l'elenco completo dei martiri. E' tratto dal sito della cerimonia di beatificazione dei Cinquecentoventidue Martiri.




Un aforisma al giorno


«Le bizzarrie non impressionano le persone bizzarre. Questa è la ragione per cui per le persone normali il tempo trascorre in maniera più eccitante, mentre la gente bizzarra sta sempre a lamentarsi della monotonia della vita».
Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia

Un aforisma al giorno

"Dormire. Siamo giunti alla fine delle vie. Sapete che cosa è dormire? Sapete che ogni uomo che dorme crede in Dio? È un sacramento, perché è un atto di fede ed è un nutrimento. E noi abbiamo bisogno di un sacramento, sia pure semplice, naturale".

Gilbert Keith Chesterton, L'innocenza di Padre Brown

venerdì 11 ottobre 2013

Chesterton in altre parole - Una raccolta sommaria di quello che hanno detto di GKC

"Egli fece vedere agli uomini ciò che non avevano visto prima. Li fece conoscere. Era un architetto della certezza, ovunque praticasse quest'arte in cui eccelleva".

Hilaire Belloc

Questa ed altre perle del genere le trovate nel collegamento qui sotto.

Grazie a Roberto Prisco in arte Rob.

giovedì 10 ottobre 2013

Un aforisma al giorno

"I bambini non dovrebbero conoscere nient'altro che leggende; sono l'inizio di tutti i principi morali solidi e delle buone maniere".

Gilbert Keith Chesterton, La serietà non è una virtù

Un aforisma al giorno

"C'era molto più coraggio per ogni miglio quadrato nel Medioevo, quando nessun re aveva un esercito permanente, ma ogni uomo aveva un arco e una spada".


Gilbert Keith Chesterton, Eretici

Un aforisma al giorno

"Il primo fatto intorno alla celebrazione di un compleanno è che è un modo ardito e fiammeggiante per affermare che è una buona cosa essere vivi".

Gilbert Keith Chesterton, La Nonna del drago e altre serissime storie

martedì 8 ottobre 2013

Un aforisma al giorno

"Il capitalismo e l'affarismo, nei loro recenti sviluppi, hanno predicato l'espansione degli affari anziché la conservazione dei beni personali; nel migliore dei casi hanno tentato di travestire il borsaiolo attribuendogli alcune virtù del pirata. Quanto al comunismo, corregge il borsaiolo solo vietando le borse e le tasche".

Gilbert Keith Chesterton, Il profilo della ragionevolezza 

Un aforisma al giorno

"Soltanto i calvinisti possono credere veramente che la strada per l'inferno sia lastricata di buone intenzioni. Eppure sono proprio la cosa con cui quella strada non può essere lastricata".


Gilbert Keith Chesterton, San Tommaso d'Aquino

lunedì 7 ottobre 2013

Fabio Trevisan recensisce per noi La Chiesa e la Terra di Padre Vincent McNabb



Va ascritto al coraggio della meritoria Libreria Editrice Fiorentina (LEF) la pubblicazione di questo importante saggio (tradotto per la prima volta in italiano) di P. Vincent McNabb (1868-1943): “La Chiesa e la Terra” del 1925. Come puntualmente ricordato dallo stesso editore Giannozzo Pucci nella Presentazione, il frate domenicano McNabb riempie un vuoto che fino ad oggi è parso quasi una capitolazione al mondo da parte di un certo “realismo cattolico”(che ha diviso una fede privata con l’anima, le preghiere ed alcune opere di misericordia corporale da una parte ed una dimensione pubblica che, dall’altra, ha lasciato il mondo nelle mani degli esperti della trasformazione delle pietre in pani), suscitando una legittima domanda: “La fede in Dio che si è incarnato come può non incarnarsi nella vita quotidiana?”. A questo impellente e sempre attuale interrogativo ha saputo rispondere P. Vincent McNabb, sulla scorta delle Sacre Scritture, di S. Tommaso d’Aquino ed alla luce dell’enciclica del 1891 Rerum Novarum di Leone XIII, che assieme ad altri amici commentava ed elaborava costantemente. Uno di questi amici, lo storico prestigioso scrittore anglo-francese Hilaire Belloc (1870-1953), nelle Riflessioni post mortem su P. McNabb (riportate egregiamente nel libro) ebbe a scrivere su di lui: “L’elevata statura morale, la sapienza, l’esperienza e soprattutto la saggezza che lo hanno contraddistinto, nulla avevano a che fare con il mondo che lo circondava … Scrivo per esperienza personale, intima. Vincent McNabb e io siamo stati a passeggiare insieme nell’occasione più importante della mia vita … Ho conosciuto, visto e sentito la santità in persona”. L’originale caratteristica di questa raccolta di brevi saggi, che va dagli accorati appelli a fuggire le occasioni di peccato alle  coraggiose lettere aperte alle autorità politiche, si innerva su una profonda spiritualità ed una fede che non disdegna l’impegno cattolico diretto, anzi lo auspica e lo provoca, nella prospettiva di realizzare i propositi contenuti nell’enciclica leonina sopra evocata. Nella Prefazione dello stesso McNabb si legge infatti un’autentica dichiarazione che ne palesa il vigore e il desiderio di lottare per le vie del Signore: “Questi saggi non sono semplicemente un’opera da topo di biblioteca, né le contemplazioni ascetiche o mistiche di uno studioso, anzi potrebbero quasi essere considerati gli schizzi di sangue fuoriusciti a forza dalla mente e dal cuore di un prete che combatte nella prima linea della vita”. Da contraltare a questo sano intento bellicoso (a difesa della vita!) sta, già nel primo capitolo, l’ Appello ai contemplativi , in cui l’autore richiama l’urgenza di occuparsi delle cose del cielo ma anche della terra: “Se c’è una verità che più di ogni altra la vita e il ragionamento ci hanno fatto riconoscere è che vi è qualche speranza di salvare la civiltà o la religione solo se i contemplativi ritorneranno alla terra!”. Il sano ed equilibrato realismo tomista traspare chiaramente con quest’altre inequivocabili parole che poggiano su una visione trascendente e cristiana:  “Misura i tuoi bisogni non con le misure del mondo, ma con il braccio del Re. La tua unità di misura non sia Babilonia, Tebe, Parigi, New York o Londra, ma Betlemme, Nazareth, Cafarnao, il Calvario”. Anche il secondo capitolo (Prima le cose più importanti) riflette un giusto ordine divino e reale, pure nelle necessità economiche primarie (il cibo, il vestito, l’alloggio e l’energia). In tal modo McNabb distingue tra valore o bene nominale, ad esempio il salario, dai beni vitali o primari, facendo un ordine di merito rinvenibile anche dal mistico, che sembrerebbe escluso da tali ragionamenti apparentemente solo economici: “Senza dubbio i mistici, come al solito, erano più avanti del resto della civiltà con il loro curioso eppure vitale strumento chiamato esame di coscienza”. L’esame di coscienza particolare e svolto durante alcune fasi della giornata permette quindi di rispondere ai bisogni primari dell’uomo: “Credo, perciò, che un genio o un santo potrebbe redigere un bilancio col quale l’uomo di oggi possa misurare la bontà o meno della civiltà moderna”. Con William Cobbett (1763-1835), il fondatore del giornale The Political Register, che forniva una critica radicale ai mali e all’influenza del capitalismo sulla società inglese, McNabb concordava nel definire la storia come una congiura contro la verità. Nel difendere l’uomo, la famiglia, i diritti di Dio, il padre domenicano rifletteva su analisi e statistiche che evidenziavano i mali sofferti nel sistema capitalistico delle città, inveendo contro il satanismo dei movimenti laicisti di controllo delle nascite: “E’ evidente che, dal punto di vista teologico, lo stato delle cose in cui migliaia di famiglie vivono in una sola stanza è un’occasione che espone al neo-maltusianismo, proprio come abitare in una casa di malaffare è un’occasione che espone al peccato sessuale. E le nostre denunce di un sistema peccaminoso sembreranno, se non blasfeme, come minimo ipocrite, se non saranno accompagnate dal sincero sforzo di porre fine a tale sistema”. A sostenere l’impegno contemplativo e pratico del frate domenicano soccorreva, ancora una volta, S. Tommaso d’Aquino con la sua “urbanistica”, come dal capitolo III del libro II del De Regimine Principum: “Di come la città che il re deve costruire debba avere mezzi di sostentamento sufficienti, perché senza di essi non può essere completa” a cui McNabb poteva aggiungere che quanto più una cosa è autosufficiente tanto migliore è, poiché ciò che ha bisogno di altro è evidentemente incompleto.  Alfiere dello stato distributivo (cioè lo stato in cui vi è il massimo numero di proprietari), P. Vincent McNabb , citando continuamente la Rerum Novarum, ha auspicato la promozione e la costruzione di iniziative pratiche per superare le ideologie capitalistico-individualiste e socialiste-collettivistiche, proponendo un modello di civiltà cristiana a partire dalla famiglia, dalla fede e dalla terra. Sull’annoso e mai risolto problema della disoccupazione, McNabb, dopo averne rilevato l’uso molto raro del termine fino agli inizi del XX secolo, ha osservato con acutezza che al contrario del termine “lavoro”che comporta un rapporto soltanto con una cosa, il termine “disoccupazione” (che ha sostituito il precedente termine “i senza lavoro”) aggiunge, oltre alla relazione con una cosa, un altro rapporto con una persona o datore di lavoro. Riprendendo l’autorevolezza dell’enciclica di Leone XII, il padre domenicano ha ribadito che il problema dei “disoccupati” non è la disoccupazione, ma la povertà, riconducendo il problema alla crisi (antecedente al crollo di Wall Street del 1929) a livello economico a un problema di errata produzione. La critica del sistema industriale dell’Inghilterra e dei Paesi Occidentali non era volta solo, nell’analisi di McNabb, al peggioramento delle condizioni di vita di grandi fasce di sottoproletariato urbano, ma anche alla minor qualità della stessa produzione in serie o quantitativa: “I macchinari non possono darci le cose migliori, ma ci danno una gran quantità di cose peggiori o, per lo meno, di seconda qualità”. Anche il sistema dei trasporti (ferrovie, metropolitane,ecc.) per agevolare gli spostamenti più repentini possibili delle merci erano posti sotto accusa dal grande frate di origini irlandesi, in quanto rendevano meno accessibili i beni essenziali alla vita per la maggioranza dell’umanità. Ironicamente P. McNabb poteva rilevare così che nella pratica, mentre alcuni erano diventati più ricchi, altri (la maggioranza) erano divenuti più poveri, così che lo Stato non si dovrà più chiamare Commonwealth, ovvero ricchezza comune, ma povertà comune. La difficoltà nel percepire il valore della raccolta di saggi (molto attuali) di P. Vincent sta nella separazione e secolarizzazione moderna dei diversi ambiti della vita, in cui da una parte sta la politica oppure l’economia rispetto alla fede e all’etica cristiana. Nel capitolo centrale intitolato: ” L’economia dell’Esodo” l’autore ci mostra non solo la stretta connessione della vita con l’Antico Testamento (“C’è una possibilità che la Bibbia, come libro di dogmi e di morale, ha ampiamente perso la sua presa sulle menti moderni, riesca a recuperare il suo ascendente come libro di economia”) ma anche la pregnante pertinenza delle osservazioni razionali di S. Tommaso d’Aquino con le dottrine economiche: “Nel XIII secolo San Tommaso d’Aquino fu tra i primi a riconoscere nel codice di leggi mosaiche una raccolta di principi economici, cosa che fu di primaria importanza per l’Europa del suo tempo”. Mettendo quindi a confronto il sistema della proprietà privata diffusa (incoraggiata dalla Rerum Novarum) con il sistema salariale, prodotto della “civiltà industriale”, P. McNabb ha rilevato l’effettiva mancanza o la penuria di beni primari quali cibo, vestiti e case, caratteristica, insieme alla disoccupazione, dell’incubo industrialista. Questo spaventoso incubo divenuto realtà è sintetizzato con parole di sdegno: “Una civiltà che conduce le sue masse lontane dai ruscelli e dai boschi, un popolo che paga tanto al litro l’acqua e paga un prezzo per la legna da ardere, ha ceduto la propria spada al nemico. La capitolazione è solo una questione di tempo. La morte potrà essere rimandata, non evitata”. Alla Babilonia del centro industriale con le sue tentazioni oscene in cui, sempre secondo le parole caustiche di P.Vincent, non vi è spazio né cibo per una grande famiglia nella grande città moderna, bisognava contrapporre le misure di Nazareth: “L’ora di Greenwich misura il giorno. L’ora di Nazareth misura anche l’eternità. Tutte le nostre costruzioni individuali e sociali, per essere durevoli, devono essere verificate da quelle misure di quella piccola scuola di veggenti della verità i cui nomi sono la musica stessa della vita: Gesù, Maria, Giuseppe!”. La centralità e cellula fondamentale della famiglia nell’edificazione dell’esistenza umana è imprescindibile ed il monito di P. McNabb appare, soprattutto ai giorni nostri in cui la famiglia è posta in discussione, assiomatico e sicuro: “La misura di lunghezza e peso e valore è la Famiglia … Che nessun inganno di utilità sociale la faccia cadere nell’errore di offendere l’autorità del Padre, la castità della Madre, i diritti e quindi la proprietà del  Figlio”. Nell’ipotetica lettera aperta al primo ministro inglese, McNabb lo supplica, in primo luogo, di mostrare al Paese l’essenziale buonsenso di ricavare la saggezza dal fallimento, e il bene dal male. In secondo luogo lo sprona a fondare il suo governo sui principi etici piuttosto che sulla maggioranza matematica, recuperando il senso pieno della politica come servizio al bene comune attraverso i due principi complementari dell’autorità e dell’obbedienza, in cui tale principio non si deve fondare tanto sull’autorità di chi comanda e sull’obbedienza di chi è comandato, quanto sull’OBBEDIENZA ALL’AUTORITA’ (evidenziato in maiuscolo dallo stesso autore). McNabb puntualizza così che l’unico diritto divino concesso in ugual misura alle maggioranze e alle minoranze politiche si basa sull’adempimento dei doveri divini. In tal senso vengono sottolineati i due fondamentali principi di autorità e proprietà come venissero attuati secondo le intenzioni del loro divino Autore (Dio). Concordando con il Cardinale Francis Bourne (1861-1935), il padre domenicano stigmatizza la plutocrazia realizzata all’inizio del XX secolo, in cui secondo le parole del porporato: “L’oligarchia terriera si era fusa con i magnati del commercio, e tale fusione aveva prodotto la plutocrazia”. Non mancavano nelle penetranti analisi del Card. Bourne lo smascheramento delle malizie diaboliche che avevano prodotto uno stato servile: “Mente la costituzione aveva assunto forme sempre più democratiche, la realtà che ne costituisce il fondamento è diventata sempre più plutocratica. Sotto la parvenza di RIFORME SOCIALI (scritta in maiuscolo dall’autore) le leggi hanno teso a connotare tutti i salariati come una classe definitivamente servile”. Condividendo fortemente le espressioni e gli accenti posti dal porporato, soprattutto in merito alle condizioni servili dell’uomo, P. Vincent McNabb ha precisato l’importanza dei diritti dei genitori (da dedicarne persino il titolo di un capitolo) quali diritti naturali e non costituzionali, ossia dipendenti dalla volontà dell’uomo, ma dipendenti appunto dalla sua natura o nascita. Di conseguenza McNabb può desumere che: “Quando nasce un bambino i genitori si trovano in possesso di dati diritti che, sebbene causati dagli atti del matrimonio e della procreazione da loro compiuti, non sono determinati dalla loro volontà, né da quella dello Stato o dell’uomo, ma dalla volontà di Dio”. Questa raccolta di saggi testimonia l’amore per la verità ed il sano realismo tomista del padre domenicano ed il costante richiamo all’autentica voce della coscienza, che non è relativismo opinabile, ma accettazione di una realtà più grande, di un disegno di Dio che supera le miserie umane: “Comincerai ad esaminare la tua coscienza non sull’erroneità di ciò che è palesemente sbagliato, ma sulla possibile erroneità di ciò che è apparentemente giusto”. Rivolto ad un latifondista che ha così escluso la proprietà limitata, P. McNabb non ha usato mezzi termini nel rimproverargli l’ambiguità dei suoi successi commerciali: “Il salario del peccato è la morte. Il peccato rende. Ma il suo frutto è la morte. Aggiungere “casa a casa e campo a campo” rende. Ma chiedi al profeta che ha coniato questa espressione micidiale, qual è il salario di questo meschino affare ottenuto. Poi maledici lui; non me”. A conclusione del suo Credo, P. Vincent McNabb sintetizza il vero spirito di servizio, anche economico: “Credo che servire Dio servendo l’uomo non vuol dire essere schiavi, ma re. Servire Deo regnare est. Il servizio di Dio è dignità regale”. Nella commossa difesa delle “botteghe” degli artigiani davanti ad una vetrina con un amico d’infanzia, P.McNabb tristemente non poteva che attestare già allora: “Erano rimaste poche botteghe. Nobili arti e commerci stavano rapidamente sparendo di fronte ad anonimi esercizi commerciali o supermercati …Ho visto l’Inghilterra di una volta, e il mio cuore ha sussultato al pensiero dell’Inghilterra che sarà”. Non si tratta chiaramente di nostalgismo ma il rendersi esatto conto (come anche noi ora ci stiamo accorgendo) del fallimento umano di chi ha costruito come se Dio non esistesse, secondo le misure di Babilonia. L’appello rivolto da McNabb non è esclusivo dell’epoca né ancorato ad un ordine tradizionale che non può ritornare, anche se il suo peregrinare terreno attestava la riserva spirituale e l’ardore del frate domenicano: “Un giorno ho camminato da solo per una quarantina di chilometri in campagna. Eppure non ero solo! Neanche per un attimo sono stato privato dell’allegro battaglione di martiri e confessori che erano divenuti pellegrini al mio fianco”. Alla luce di quanto stiamo vedendo, le affermazioni talvolta sconcertanti e tremendamente attuali di P.Vincent McNabb potrebbero ancora adesso scuotere le coscienze, affinché cogliessimo le prospettive illusorie della “saggezza mondana” e della “supremazia industriale” che, secondo le testuali parole del frate domenicano: “Dopo aver mosso una guerra (la Grande Guerra) che ci ha mandato in fallimento, hanno continuato scatenando una pace che ci ha ridotti dei mendicanti”. Ora come allora è un momento adatto per la realtà e la verità. Approfittiamo della lungimiranza di questa preziosa raccolta di saggi per far propri gli intenti di questo coraggioso padre domenicano che invitava non solo a denunciare il peccato ma ad impegnarsi per cambiare le condizioni che rendono eroica virtù fuggire il peccato.

FABIO TREVISAN

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L'11 ottobre ore 19, Roma - piazza della Rotonda, Pantheon... SI SCENDE IN PIAZZA con la #ManifPourTousItalia youtube.com/watch?v=P75ePs…

Ancora su Lo spirito del Natale...

Riceviamo e volentieri estraiamo dalla massa dei "commenti ai post che altrimenti non si vedono" questo brevissimo commento di Maurizio Brunetti, curatore de Lo spirito del Natale di imminente uscita nelle librerie:

"Cari amici chestertoniani, in verità l'idea del volume è venuta ad Antonio D'Ettoris. I lettori dovranno prendersela solo con me, invece, per la selezione dei testi e per le note; con Cristina Caimi per aver condiviso con me l'onere e l'onore della traduzione dei testi in prosa; con Rodolfo Caroselli per la musicalità dei versi; infine con Costanza Albè, che è intervenuta in fase di revisione delle bozze".

Un aforisma al giorno (molto attuale, molto politicamente scorretto, molto bello, molto vero...)

"La Chiesa non può muoversi coi tempi. Semplicemente perché i tempi non si muovono. La Chiesa può solo infangarsi coi tempi e corrompersi e puzzare coi tempi. Nel mondo economico e sociale, come tale, non c'è attività, eccettuata quella specie di attività automatica che è chiamata decadenza: l'appassire dei fiori della libertà e la loro decomposizione nel suolo originario della schiavitù. In questo, il mondo si trova allo stesso piano dell'inizio dell'oscuro Medioevo. E la Chiesa ha lo stesso compito di allora: salvare tutta la luce e tutta la libertà che può essere salvata, resistere a quella forza del mondo che attrae in basso, e attendere giorni migliori. Una Chiesa vera vorrebbe certo fare tutto questo, ma una Chiesa vera può fare di più. Può fare di questi tempi di oscurantismo qualcosa di più di un tempo di semina; può farli il vero opposto dell'oscurità. Può presentare i suoi ideali in tale e attraente e improvviso contrasto con l'inumano declivio del tempo da ispirare d'un tratto agli uomini qualcuna delle rivoluzioni morali della storia, così che gli uomini oggi viventi non siano toccati dalla morte finché non abbiano visto il ritorno della giustizia. Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che lo muova da molte cose verso le quali muove oggi, per esempio lo stato servile. E' da questo che la storia giudicherà realmente di qualsiasi chiesa, se è o non è la Chiesa autentica".

Gilbert Keith Chesterton, da The New Witness